Lettera ad un presidente trasformista
Caro Presidente;
Il titolo di questa mia lettera aperta sembrerebbe rivolta al trasformista mondiale Arturo Brachetti - quello si che ci sa fare con il suo lavoro - eppure non si tratta dell’artista internazionale, ma di Lei, che da due anni, da quella fatidica domenica di Aprile del 2008 tiene le redini politiche della nostra Sicilia. Si chiederà il perché dell’aggettivo trasformista ( e non me ne voglia per ciò) ma credo che Lei in questi due anni abbia mostrato l’abilità di un prestigiatore, neanche un Silvan autentico avrebbe potuto fare meglio e neanche l’illusionismo del vecchio Copperfield sarebbe arrivato a tanto. Quattro governi in due anni, per una regione come la Sicilia, che continua a sprofondare nella disoccupazione, caro Lombardo, sono inaccettabili, se poi si va vedere come sono stati composti questi quattro esecutivi. Perché sovvertire il voto popolare escludendo i partiti che hanno favorito la sua ascesa a Palazzo D’Orleans? Perché costituire dei presunti governi tecnici quando si sa benissimo che dietro un Centorrino o un Russo ci sta sempre un partito ( anche se in Italia ormai vi è un unico grande Partito fatto di speculatori, lobbisti e di alti gradi della finanza) pronto a sostenerlo? E le sue battaglie? Elenchiamole, almeno quelle di cui Lei ne ha fatto cavallo di battaglia. Il Mpa quando nacque nel 2005, si pose come obbiettivo primario non solo il (presunto) interesse della Sicilia e dei siciliani, ma anche quello della realizzazione del Ponte sullo Stretto. Ormai, di questa battaglia, sembra che se ne stia occupando solo Berlusconi e il suo governo (almeno fino a quando tireranno a campare) e Lei? Mi risponderà di certo che, con una crisi economica incalzante, pensa ai fondi Fas, al problema di deroga del consorzio autostradale siciliano e al caso di Tirrenia, ma sono stati necessari quattro governi e diversi ribaltoni per cercare di risolvere questi problemi? I Fas sono bloccati da luglio 2009 e credo, signor Presidente, che con la sua scelta di escludere il Pdl lealista in Sicilia e favorire l’ingresso del Pd, questi fondi (i quali sono sempre serviti durante la sua gestione e quella del suo predecessore solo per usi correnti) ce li potremmo sognare, mai un Tremonti firmerà un documento del genere, per non parlare del Cas o di Tirrenia, argomenti abbandonati a loro stessi, come i poveri operai della Fiat di Termini lasciati sui tetti della fabbrica. La cosa che più mi preoccupa, caro Presidente, e la sua battaglia autonomista e sullo statuto rimasta solo sulla carta e mai applicata. Esiste un articolo dello statuto siciliano (se non erro il 21) che è di straordinaria importanza ed efficacia qualora fosse applicato: la presenza del presidente della Regione, in sede di Consiglio dei Ministri, in cui si parla di Sicilia e delle questioni dei siciliani, col rango di ministro. In due anni, Berlusconi, ha effettuato diversi “strappi” alla nostra isola: il taglio dell’Ici con l’utilizzo dei nostri Fas (quelli che ancora aspettiamo e che grazie alle sue strategie politiche non arriveranno mai) e l’utilizzo dei primi per infrastrutture settentrionali e non meridionali. Dove era Lei quando si è operato un furto del genere? Perché non ha impugnato in quel frangente l’articolo del tanto millantato statuto siciliano? Però il 15 maggio si fa festa sull’isola, le scuole sono chiuse e ci si riempie la bocca con i “padri” del separatismo siciliano, da Canepa a Finocchiaro Aprile passando per Gallo. Belle parole signor presidente. Nel frattempo dovremmo anche sorbirci il suo ex fido scudiero Miccichè e le sue sparate autonomiste (Partito del popolo siciliano) mentre la Sicilia si inabissa insieme ai siciliani. E questo quater quanto durerà? Altri sette mesi? E poi? Un quinto, sesto e settimo governo solo per fare firmare i Fas a Tremonti (se sempre sarà ancora al suo posto)? No, signor presidente. Noi siciliani siamo stufi e non abbiamo più intenzione di vederci presi in giro e dati in pasto a dilettanti della politica. La Sicilia ha bisogno di crescere e prosperare e non tornare indietro di centocinquant’ anni, come ai tempi dei Borboni.
Cordialmente
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