Lettera a mia figlia
Se potessi prenderei l’aereo tutte le sere per raggiungerti a casa, per cenare con te e raccontarci le nostre giornate come abbiamo sempre fatto mentre mangiamo le nostre pietanze preferite.
Se potessi mi siederei sul divano mentre tu suoni il piano.
Se potessi ti telefonerei tutte le sere per scherzare insieme.
Se potessi tornerei tutti i fine settimana per accompagnarti, quando vuoi andare al cinema con le amiche.
Se potessi uscirei con te per comprare un paio di “campus blu” o prenderci un panino nel nostro bar preferito.
Pensavo che ti avrei salutata a 18 anni quando saresti andata a studiare fuori.
Pensavo che la vita non mi avrebbe chiesto una prova così dura quando ho scelto di separarmi, perché ero stanca di essere maltrattata, umiliata e ferita, perché veniva negata la mia identità, le mie competenze, solo perché con il mio lavoro ho impedito alla mia azienda di fallire, ma non ho percepito un reddito nell’attesa di un bando che mi avrebbe consentito di risanare il mio giardino.
Ma per una figlia di quattordici anni le sicurezze economiche sono, giustamente, importanti e spiegare le mie ragioni affettive, le mie rivendicazioni esistenziali, la mie esigenze legittime di essere una donna che aspira ad un’indipendenza economica, e rivendica il proprio diritto a lavorare e a svolgere il lavoro che ha scelto nonostante le difficoltà che presenta, non è semplice e si corre il rischio di essere malintesi.
Una donna che si ribella alle regole del patriarcato è considerata malata, folle.
Ho deciso di rivendicare il mio diritto a lavorare nel silenzio.
Quindi ti mando solo un abbraccio e un bacio, nella speranza che un giorno capirai e ritorneremo a vivere insieme e ritrovarci con la complicità che sempre ha caratterizzato la nostra speciale relazione d’amore.
con amore, om
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