Le ginestre di Luce Fabbri
Luce Fabbri nasce a Roma il 25 luglio 1908, figlia di Bianca Sbriccoli e di Luigi Fabbri, muore nel 2000 a Montevideo. Ebbe filiale rapporto con Rodolfo Mondolfo. Fu collaboratrice di Enrico Malatesta. Scrisse saggi e poesie sulla libertà e il totalitarismo.
Luce Fabbri [1] figlia di Luigi Fabbri seguì il padre nel suo esilio sudamericano. L’anarchico Luigi Fabbri fu coerente nell’arco della sua vita con gli ideali del comunismo libertario. La coerenza trova espressione nelle scelte politiche e nella “gestione paideutica” delle relazioni famigliari. Educò i figli nel rigore della libera espressione di sé. Luce Fabbri ebbe modo nel clima di “umana libertà in cui visse” di pensare il mondo e di ascoltarne le tragedie che lo attraversavano.
La contemporaneità è apocalittica nella dismisura delle sue violenze, ciò malgrado l’umanità resiste e pensa al futuro. Le parole e i concetti sgretolano la fosca cappa delle contingenze e aprono alla dimensione della progettualità. Senza la parola che crea non vi è prassi, ma solo piatta acquiescenza adattiva alla “malvagità del sistema”.
Ella fu saggista e poetessa; il suo nome è poco conosciuto, su di lei è scesa la scure del silenzio poiché libertaria e figlia di anarchico.
In questo periodo della nostra storia, in cui la minaccia dell’apocalisse atomica è vissuta con somma passività e fatalismo le sue parole ci parlano della resistenza al male che può non ha l’ultima parola. Gli esseri umani nel momento estremo possono creare parole e gesti con cui emanciparsi dai processi adattivi e dal “pessimismo opportunistico”. Le sue poesie sono raccolte nel testo “Propinqua libertas”. In esse la forza della vita appare sincronica alla morte. Riconoscere la morte e guardarla senza sfuggire ai suoi neri occhi annichilenti non porta a ritrarsi dalla vita, ma a radicarsi in essa, poiché la morte è il niente che minaccia l’Amore senza il quale non c’è la vita. L’Amore per la vita nasce dunque dal nero tumulto della morte:
Thanatos
Uscì a sinistra, dritta, dai cespugli
Thánatos. Disse: “Non mi riconosci?
Son la sorella – bella – dell’Amore”.
Era nata dal nero.
Fra noi non la ferì la troppa luce.
Le chiedemmo affannosi:
“Questa tua mano, dove ci conduce?”
“Dove finisce, dove tace Amore”.
L’indifferenza verso la vita, a cui assistiamo ha la sua radice prima nella rimozione della morte. Lo società dello spettacolo la teme, perché essa svela la menzogna della hybris capitalistica. La vita senza la morte diventa inconsistente e irreale.
Senza la forza dell’Amore con la sua energia creativa l’esistenza decade a pura presenza insensata. In questa cornice le Apocalissi si materializzano, esse sono il sintomo della malattia in corso che potrebbe divorare ogni respiro. Il bisonte d’Altamira è il simbolo dell’umanità ontologicamente predisposta alla vita creante e non al nulla. Nella grotta omonima il bisonte d’Altamira, risalente a circa 20000 anni fa, è la traccia di ciò che l’umanità è e potrebbe ancora essere. Non vi è umanità senza oggettivazione della realtà, questa grandezza potrebbe essere cancellata in un nonnulla:
Apocalissi
Viene il giorno dell’ira.
Viene l’inferno, ingoia gl’innocenti.
L’apprendista stregone,
dopo aver scatenati tutti i venti,
preme ridendo l’ultimo bottone.
Le montagne di scoria
si sciolgono in fusione.
È finita la storia.
Gli oceani puzzolenti
affogano il bisonte d’Altamira.
Perché il bisonte d’Altamira possa continuare a vivere in noi e con noi dobbiamo essere abili costruttori di siepi. La siepe leopardiana nella poesia “La siepe” è florida delle ginestre della solidarietà. Ogni essere umano è “ginestra di speranza” che vive caparbiamente la speranza solidale e la testimonia con le buone parole della politica. Nessuna minaccia può cancellare o intimorire la plastica forza creante dell’umanità:
La siepe
Ci porta volontà come un destino,
non verso il sonno della fiera in lustra,
ma all’insonne caverna di Leonardo.
Sol si conosce ben quel che si crea.
Crea la ginestra il fiore ed il profumo.
Resisteranno al flusso della lava?
Stiam facendo una casa per la gente
all’incrocio di tutte le autostrade.
Nessun di noi voleva far la siepe.
Ma l’abbiam fatta tutta di ginestre
contro l’ondata nera e puzzolente
che ci porta il riflusso d’Hiroshima.
Le ginestre sono parole, ma esse devono essere protette dal buio della notte che avanza e reca con sé il panico del niente, ciò malgrado le parole restano e perpetuano la fragile speranza umana:
Le parole
Vorrei giocar col vento a dir parole
ed a buttarle fuori
come palle, perché me le rimandi
ed io riscopra in loro il mio messaggio.
Vorrei sporger la mano che lavora,
dalla finestra di questa mia cella,
a stringer mani, a accarezzar capelli,
a chiedere e ad offrire un po’ d’amore.
Ma il buio mangia tutte le parole
ch’escon di casa prima dell’aurora.
Giacomo Leopardi è con lei negli anni dell’esilio. Luce Fabbri non dimentica della sua identità, continua a parlargli nei suoi silenzi adamantini:
Rilettura leopardiana
La terra, l’alto cielo, il nulla in mezzo.
Dove sta l’uomo?
Il pastore cammina, ma non sa
che han violato la luna
ed han riempito il nulla di satelliti.
L’Apocalisse minaccia la vita, il deserto avanza, ma anche nella disperazione del nudo deserto giunge il profumo delle ginestre. Bisogna disporsi verso le parole; è necessario imparare ad ascoltarle e a trattenerle dentro di sé, perché il profumo possa come una aureola illuminare i giorni verso nuovi orizzonti. Chi vive il deserto, ma ascolta il profumo delle parole è già salvo, perché è un uomo:
Dove sta l’uomo?
Il pastore cammina, ma il suo gregge
vaga disperso
e le fontane sono avvelenate;
l’erba si secca.
Ma profuma il deserto una ginestra
che raccoglie la sfida del futuro.
La Patagonia con la sua terra brulla e sterminata è l’archetipo del viaggio dell’essere umano. Un viaggio che dura quanto la vita ed è intriso di binari di scambio, ma fin quando giungerà il profumo delle ginestre dalla profondità indicibile delle parole, tutto sarà ancora possibile e i lupi saranno scacciati
Patagonia
para Andrea
In quel deserto in fondo al mio esilio,
alla fine degli anni,
e dopo molto mare,
conservo il tesoro.
Non so se lì finisce il mio cammino.
So che ho dato il mio frutto più remoto
dove la voce mia non giunge e il radar
è cieco, ove una volta
qualcuno aprì le braccia
e sola, sola, sola
sulla riva rimasi a guardare.
Lo so, è un frutto gravido di semi.
Ne rispetto il mistero,
la silenziosa energia, la semplice
sicurezza dell’esistenza seria,
l’immaturezza ove il futuro sta
saldo come un passato.
So che resisterà,
la sua presenza scaccerà i lupi:
in questo amore, per tutto e tutti,
disperato, questo è ciò che spero.
La storia è un lungo viaggio, in cui la possibilità di scontrarsi con il male è realtà, ciò malgrado la vita è più forte dei mostri che si celano dietro la grandezza scientifica. Il male giunge nella storia con l’abbaglio della tecnica scissa da ogni ideale onto-assiologico:
Democrito a Chernobyl
Ti immergesti nelle cose ed arrivasti
a una porta invalicabile.
Secoli inerti ti caddero addosso
e riempirono di tempo gli alveoli
che creano i microscopi. Tu restasti
guardiano all’erta nella profondità.
Nessuno di noi ti amava,
né ti odiava. Le lettere del tuo nome,
uno scheletro fossile nelle vie
della memoria,
un arabesco futile e elegante
nei libri di storia,
risuonavano con eco sicura.
Vecchio, tu non sapevi, nessuno sapeva:
dietro la porta invisibile stanno i mostri,
o peggio: la Morte,
in un abisso che non ha un fondo.
Tu non scendi nell’abisso: sei morto.
Ieri ti hanno assassinato quando Adamo
ha polverizzato il tuo atomo nella sua fame
di mele e ora rimpiange
quella tua antica ellenica eleganza
quella fossilizzata onestà.
Nostro compito è creare, ma affinché ciò possa essere dobbiamo ridare la voce ai dimenticati e ai traditi dalla storia, in modo che il profumo delle ginestre segnali che “l’uomo c’è”.
[1] Luce Fabbri nasce a Roma il 25 luglio 1908, figlia di Bianca Sbriccoli e di Luigi Fabbri, muore nel 2000 a Montevideo. Ebbe filiale rapporto con Rodolfo Mondolfo. Fu collaboratrice di Enrico Malatesta. Scrisse saggi e poesie sulla libertà e il totalitarismo.
- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -