La Sicilia nel basso medioevo

Appunti da: Vincenzo d’Alessandro, Spazio geografico e morfologie sociali nella Sicilia del basso Medioevo, In Europa mediterranea. Quaderni 3. Commercio, finanza, funzione pubblica. Stranieri in Sicilia e Sardegna nei secoli XIII-XV, a cura di Marco Tangheroni, Gisem Liguori Napoli 1989 [pp. 1-32]

di Pina La Villa - venerdì 1 dicembre 2006 - 4357 letture

Vincenzo d’Alessandro, Spazio geografico e morfologie sociali nella Sicilia del basso Medioevo, In Europa mediterranea. Quaderni 3. Commercio, finanza, funzione pubblica. Stranieri in Sicilia e Sardegna nei secoli XIII-XV, a cura di Marco Tangheroni, Gisem Liguori Napoli 1989 [pp. 1-32]

Il saggio segue l’evolversi della popolazione nell’isola – sulla falsariga del luogo comune storiografico di una terra sottomessa da tutti - a partire dalla dominazione araba.

Nell’epoca che qui ci interessa risultano quindi presenti: eredi di arabi, normanni, francesi, ebrei, e poi lombardi (Lombardia, Piemonte, Liguria). Arrivano poi in questo periodo, o nel corso del ’400: albanesi, greci, catalani, castigliani, liguri, toscani (questi ultimi due come mercanti , sostituiti a un certo punto dai catalani, ma mantenendo comunque le loro posizioni).

Il dato costante è la rarefazione della popolazione e l’inurbamento, stimolato dalle guerre e dagli scontri di fazione.

In questo contesto anche la consuetudine dello affidare “con cui i signori potevano garantire l’immunità anche ai rei che andassero ad abitare nelle terre privilegiate”.

Tuttavia, guerre, carestie, peste, manterranno sempre la popolazione entro limiti ristretti. Nel 1283 si possono calcolare per l’isola 400.000 unità, mentre un secolo dopo, nel 1374-76, il numero si riduce a 264.000.

Interessanti anche le considerazioni sul paesaggio e sulla produzione.

* “L’elezione di Federico III (1296-1337) si pone pure come data d’inizio di una nuova epoca della storia isolana, dalla quale scompariva l’influenza degli uomini che avevano promosso il Vespro e che passavano la mano ad una nuova classe politica ben più carica di ambizioni” (p. 7)

(a proposito dei Ventimiglia e dei Chiaramonte): “ ’Catalani’ erano detti allora quanti provenivano dal regno iberico (Aragona, Catalogna, Valenza, Baleari) per il peso politico ed economico tenuto sin dall’inizio da quelli che venivano dalla città o dalla contea di Barcellona. E ciò accadeva nonostante il fatto che la formazione dei nuovi governanti fosse segnata da molte differenze interne, sociali e culturali, a cominciare da quella fra gli Aragonesi, originari della feudale e militare Aragona, ostili verso gli uomini della mercantile e ’borghese’ Catalogna. Durante quel secolo XIV la serie dei benefici regi esauriva il patrimonio delle terre demaniali, trasferendolo quasi interamente in mano ai privati, ai nobili che ne richiedevano e ottenevano l’investitura o la ratifica delle usurpazioni” (p. 7)


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