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Italia cattolica o indifferente?

Le ragioni del non-voto e la debolezza della nostra democrazia

di Pina La Villa - mercoledì 15 giugno 2005 - 3044 letture

14 giugno 2005

Dice giustamente Riccardo Barenghi sulla Stampa che il voto - anzi il non-voto sui referendum del 12 e 13 giugno -parla non di un’Italia cattolica, ma di un’Italia indifferente. Molti non hanno votato perché non hanno voluto “partecipare a una contesa di cui evidentemente sono sfuggitigli enormi aspetti simbolici mentre hanno prevalso quelli specifici. Troppo specifici, complicati, difficili da decodificare.”

Si, questo è un elemento da considerare, e sicuramente, come dice Barenghi, se domani si dovesse votare per abrogare l’uso del preservativo, i rapporti sessuali prima del matrimonio, ecc. si scoprirebbe che l’italiano non è clerico-papista come sembra apparire oggi.

Si, è vero, gli italiani non sono clericali, forse, ma poco attenti alle vicende politiche e alla considerazione del loro diritto a partecipare alla vita politica del paese, questo si. Ed è grave.

E’ un brutto segnale, quello del voto di ieri e l’altro ieri, se ci fosse ancora bisogno di segnali.

Non è solo il discorso tecnico-politico sulla necessità di determinare meglio il quorum e il numero di firme necessarie a chiedere un referendum, anche se ovviamente questo problema ha avuto la sua importanza.

Ma, una volta partita la campagna per il referendum, altri limiti della nostra democrazia sono venuti allo scoperto.

Primo: ad eccezione della Chiesa, nessun partito è più in grado di affrontare una battaglia sui valori, una battaglia che non sia quella per eleggere questo o quel candidato, insomma nessun partito - malgrado l’encomiabile prova di Fassino - è in grado di spiegare e indirizzare e mobilitare le coscienze, di promuovere idee;

Secondo: rimane la legge 40. Insieme ad altre leggi votate negli ultimi anni,(Riforma Moratti, Televisione ecc.) contribuirà a peggiorare la qualità della vita e dei rapporti umani, a cui ci siamo ormai rassegnati, o peggio, insensibilizzati.

Terzo: dal referendum per scegliere fra monarchia e repubblica in poi, il Sud continua a mandare segnali - inascoltati - di arretratezza, di disintegrazione del tessuto sociale, di “indifferenza”.

Alcuni dati sull’affluenza alle urne, in ordine crescente:

Calabria: 12,7% Puglia: 15,3% Campania: 15,6% Sicilia: 15,8% Basilicata: 16,0% Alto Adige: 16,6% Molise: 18,0% Le altre regioni, compresa la Sardegna (dato interessante), hanno votato con percentuali superiori, fino al 41,6% dell’Emilia Romagna.


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