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Intervista sulle biblioteche in rete. Il progetto di Google e quello di Babelteka

Intervista a Rattus Norvegicus, promotore in Italia del progetto Babelteka, Distributed Library Project (D.L.P.), un sistema di scambio librario realizzato in software libero che intende trasformare ogni cittadino-lettore in un bibliotecario

di Rattus Norvegicus - mercoledì 16 febbraio 2005 - 6636 letture

Da circa un anno e’ stato lanciato su web il Distributed Library Project (D.L.P.), un sistema di scambio librario realizzato in software libero che intende trasformare ogni cittadino-lettore in un bibliotecario della porta accanto. Il progetto, già operativo in diverse città del mondo, mira infatti a rendere pubbliche le biblioteche domestiche distribuite a milioni sul pianeta. Collegandosi al sito, chiunque può mettere a disposizione liberamente qualche opera della propria libreria. In questo modo, secondo i promotori del progetto, si potrà realizzare rapidamente una biblioteca pubblica di dimensioni babeliche. Il sogno che inseguono gli sviluppatori di D.L.P. è, insomma, quello di realizzare una grande rete libraria comunitaria, che renderà disponibili alle richieste di prestito i miliardi di libri che giacciono, spesso inutilizzati, negli scaffali delle abitazioni private. Il tutto, naturalmente, grazie alla capacità connettiva di Internet.

L’idea è significaticamente diversa da quella lanciata recentemente dalla società "Google", l’azienda miliardaria promotrice del noto motore di ricerca, ma non meno seducente. Quelli di Google intendono trasformare in formato digitale tutte le pubblicazioni presenti sul pianeta per poi renderle accessibili dai computer connessi in rete. Si tratta, in altri termini, di una "biblioteca digitale".

D.L.P. vuole invece catalogare e rendere disponibili i miliardi di libri cartacei che si trovano nelle abitazioni private degli utenti della rete. Una biblioteca pubblica distribuita sul territorio ma gestita attraverso siti internet e composta esclusivamente di libri di carta.

Due progetti, quello di D.L.P. e quello di Google, con forti analogie ma anche significative differenze. Ne abbiamo parlato con Rattus Norvegicus uno dei promotori della prima D.L.P. italiana, nota al pubblico con il nome di Babelteka (http://www.babelteka.org) e attiva sul web dai primi giorni del Settembre 2004.

D. In questi giorni è stato ampiamente pubblicizzato il progetto di biblioteca universale digitale lanciato da Google. Quali sono le principali differenze tra il vostro progetto e quello di Google ?

R. «Le differenze rispetto al progetto Google,» afferma con convinzione Rattus, «sono sostanziali».

D. Qualche esempio ?

R. La prima differenza è quella di cui hai parlato tu: il progetto di Google è un progetto sicuramente affascinante anche se ha almeno tanti anni anni quanti ne ha la rete Internet. Digitalizzare i libri e renderli accessibili dai computer collegati in rete è un sogno antico quanto il progetto Xanadu di Ted Nelson. La storia ha dimostrato che non si tratta di un progetto semplice come potrebbe sembrare a un primo sguardo. Google, tuttavia, ha sicuramente tutte le carte in regola per realizzarlo. Il funzionamento di D.L.P, invece, è basato sulla circolazione dei libri cartacei. Questo potrebbe sembrare un ritardo, un segno di obsolescenza rispetto alla biblioteca fatta di bit. Ma ci sono buone ragioni per sostenere che in realtà le cose stanno in modo sostanziamente diverso, se non proprio al contrario.

D. Puoi spiegarti ?

R. Sei ti porti sulle pagine di Google dedicate al nuovo progetto della biblioteca, trovi su ogni pagina alcune righe cruciali in cui si dice che Google non pubblicherà i libri che sono tutelati dalle leggi sul copyright. La cosa è del tutto comprensibile: non possono certo rischiare di essere portati in tribunale dagli editori. Ma questo finisce con il ridimensionare notevolmente il loro progetto. Per quelle che sono le leggi attuali, potranno digitalizzare soltanto libri che risalgono al periodo precedente la grande depressione del ’29. Solo questi ultimi entrano di diritto a far parte del pubblico dominio e sono quindi pubblicabili in rete. Un limite del progetto che crea almeno un paio di inciampi alle loro velleita’ e ai loro proclami. Basti pensare che l’evoluzione delle tecnologie di stampa e la crescita dei tassi di scolarizzazione hanno determinato una crescita esponenziale dei libri pubblicati a partire dal secondo dopoguerra. Questo significa che la pretesa "universalità" della biblioteca digitale di Google è una chimera. La maggior parte di tutti i libri esistenti, molto più del cinquanta per cento, è stata pubblicata nella seconda metà Novecento. E questa significativa componente del patrimonio librario non verrà digitalizzata da Google. Si limiteranno a pubblicarne un breve abstract. E questo si tira dietro il secondo inciampo.

D Sarebbe ?

R. Quello che questo enorme giacimento di libri sommersi dal copyright è anche il più interessante, quello che ci riguarda più da vicino. Ben pochi lettori, anche tra gli specialisti, saranno interessati a opere scientifiche, o ad opere di storia e di critica letteraria dei primi del Novecento o precedenti. Facendo doverosa eccezione per i capolavori della letteratura, si tratta in gran parte di roba che interessa soltanto bibliofili, studiosi e collezionisti di rarità.

D. E invece D.L.P permette di far circolare anche i libri contemporanei, giusto ?

R. Giusto. Ed è un fatto che si tira dietro alcune importanti questioni. Le leggi attuali sul copyright non si limitano a congelare opere che sono ancora di qualche interesse commerciale, la maggior parte dei libri "congelati" non viene pubblicata da decenni. La domanda che dobbiamo porci è allora questa: perchè ci si ostina a tenere sotto chiave, attraverso le leggi sul copyright, milioni di libri che non vengono pubblicati da decenni e che quindi non costituiscono più motivo di interesse economico per nessuno ?

In questi ultimi anni, nell’ambito della riflessione sul lavoro immateriale, si è molto parlato di "attention economy". Con questo termine ci si riferisce, in termini generali, al fenomeno per cui, in un’ economia basata sull’intrattenimento, l’attenzione diviene un territorio di conquista per i mercati. Diviene importante conquistare il lavoro mentale "passivo" di lettori, telespettatori, ascoltatori di musica. La loro attenzione costituisce, a tutti gli effetti, una risorsa. Questa è una delle ragioni per le quali il copyright viene continuamente esteso nella sua durata: se il giacimento librario sepolto dalle leggi del copyright dovesse emergere e divenire liberamente fruibile in rete, ci sarebbe una sensibile riduzione del bacino di attenzione disponibile, e quindi del mercato. A questo si deve aggiungere che è preciso interesse politico che alla "mensa" dell’attenzione pubblica si eviti di servire qualsiasi piatto che non sia quello "del giorno". Accanto all’interesse economico per l’attenzione c’è dunque un interesse politico per la rimozione del passato prossimo. Ostacolare l’accesso ai libri del passato prossimo significa impedire l’accesso alla storia più recente. Significa dimenticare, per fare un esempio, che l’Iraq di Saddam, prima dell’attacco al Kwait, veniva descritto dai nostri principali quotidiani come il regno della libertà nel medioriente. La comunicazione commerciale si basa sempre di più sull’istantaneità. Quale mezzo migliore per promuovere "il nuovo che avanza" se non quello di cancellare la memoria collettiva del periodo storico che ci riguarda più direttamente ?

D. Siete sicuri di agire nella legalità. Non rischiate di violare i diritti degli autori ?

R. Di questi tempi, purtroppo, ci si può aspettare qualsiasi cosa. Ma se qualcuno intende fare l’iperliberista poi dovrebbe avere la dignità di farlo fino in fondo. D.L.P. fa una cosa semplicissima: automatizza il prestito tra privati cittadini. Quando acquisti un libro ti consideri libero di regalarlo, prestarlo o farci quello che vuoi. Giustamente ! Si tratta di uno dei fondamenti del libero scambio tra privati. All’atto dell’acquisto io pago un prodotto perché da quel momento sia integralmente mio. Questa concezione della proprietà, almeno nello spirito liberista, costituisce un principio assoluto e inviiolabile. In altri termini, sia che tu con un libro regolarmente acquistato arrotoli sigarette, sia che lo metti a disposizione per il prestito in D.L.P. , sotto il profilo del diritto è la stessa cosa. Sono emeriti casi tuoi. Intaccare un simile principio, cioe’ vietare il prestito, significherebbe dichiarare apertamente una dittatura basata sugli interessi dell’economia. Non peggiore, sotto il profilo delle libertà individuali, del socialismo reale. Per questo credo che Babelteka non sia facile da abbattere a colpi di diritto privato. Per quello che riguarda gli autori, per fare un esempio, nel 1930 sono stati pubblicati negli U.S.A. 10.047 libri. Di questi solo 174 sono ancora in stampa. Gli altri sono reperibili, nella migliore delle ipotesi, con faticosi pellegrinaggi nelle biblioteche pubbliche. Dal punto di vista di uno studioso o di un autore, questo è uno scempio inutile che nell’epoca della digitalizzazione crea ostacoli enormi al lavoro di ricerca.

D. Altre differenze rispetto al progetto della biblioteca digitale di Google ?

R. Intanto permettimi una frecciatina rivolta al progetto Google: c’è da rilevare che ancora non hanno realizzato ciò che promettono. D.L.P. è al contrario un progetto già operativo e perfettamente funzionante in diverse città del pianeta. Occorre poi dire che Google realizzerà un software proprietario, vincolato dalle leggi del copyright, e quindi a codice chiuso, mentre D.L.P. è un progetto di pubblico dominio, completamente realizzato in software libero e quindi utilizzzabile (e migliorabile) da chiunque.

D. Il che significa che non esiste un centro. Ognuno è libero di aprire una biblioteca D.L.P. Questo non ti sembra un limite ?

R. E’ un limite soltanto sotto alcuni aspetti e non si tratta di un limite insormontabile. Sotto molti altri profili si tratta invece di un vantaggio.

D. Spiegati meglio.

R. D.L.P. si basa sul prestito. Tradizionalmente, globalizzazione o meno, il prestito è un fatto locale, territoriale. Questo è un altro elemento di sostanziale differenza rispetto a Google. D.L.P. non è soltanto un software per la gestione online di una grande biblioteca, è anche un software che favorisce la socializzazione tra le persone. Perchè ci si scambi dei libri è necessario incontrarsi. Questo mi sembra un fatto cruciale. Socializzazione e condivisione sono ingredienti indispensabili per la trasmissione della conoscenza. Non ti nascondo che provo un senso di gelo quando penso a tutte quelle monadi isolate che si collegheranno alla biblioteca digitale di Google. Trovo che l’andamento caldo, itinerante, dei prestiti tra privati cittadini realizzati con D.L.P. sia un fatto socialmente e culturalmente importante. Del resto D.L.P. contiene al suo interno numerose funzioni dedicate esclusivamente alla socializzazione tra gli utenti.

D. D’accordo. Ma come pensate risolvere il problema della frammentazione in centinaio di biblioteche distribuite locali ?

R. Ci stavo arrivando. D.L.P. si definisce ancora un progetto proprio per il fatto che prevede delle evoluzioni. Mike Benham, il programmatore californiano che ha scritto la maggior parte del codice, ha elaborato un concetto di biblioteca distribuita di grande potenza: la biblioteca è distribuita sul territorio, perché gli utenti fanno convergere le loro risorse materiali, cioè i loro libri. Dal punto di vista tecnico c’è da vedere se si possono creare analoghe convergenze ad un livello tecnologico, al livello delle macchine. Mi spiego: se le macchine server che ospitano le varie D.L.P. territoriali comunicassero tra loro, se riuscissero a condividere i loro cataloghi, si avrebbe un metacatalogo distribuito di livello planetario. Questo, dal punto di vista tecnico, è del tutto possibile.

D. Possibile o fattibile ?

R. Possibile e fattibile. Ma la sua fattibilità concreta dipende da quanto gli sviluppatori di software libero prenderanno sul serio l’impegno. Non trovi singolare che ci sono centinaio di studenti di informatica, in Italia, che sarebbero disposti a lavorare gratis per Google, e non se ne trovano di disposti a lavorare su D.L.P. ? Fatti i dovuti rapporti credo si tratti principalmente un problema di pubblicità. Si parla talmente poco di D.L.P. che molti sviluppatori ne ignorano l’esistenza. E ben pochi, anche tra gli utenti che conoscono e usano il sistema, riescono a comprenderne le possibilità di sviluppo. In effetti molto del futuro del progetto è nelle mani di quanti avranno il coraggio di prenderlo in mano in prima persona, di perfezionarlo, di promuoverlo, nello spirito del software libero. Attualmente tutto funziona perfettamente, ma c’è ancora molto lavoro da fare.

D. Credi che D.L.P. sia stata sottostimata dai sistemi di informazione ?

R. Non che mi aspettassi molto di più. Ma in Italia la cosa presenta aspetti scoraggianti. Per farti un’idea pensa all’ormai celebre Bookcrossing. Beh, per questo interessante fenomeno di condivisione si sono mobilitati per mesi interi giornali, settimali, testate radiotelevisive. Per Babelteka abbiamo ricevuto un paio di articoli scritti sui quotidiani da giornalisti noti per il loro impegno sui diritti digitali, e nulla più. Ma la cosa, come ti dicevo, non mi stupisce. Il Bookcrossing, esattamente come il progetto di Google, non minaccia il sistema dell’editoria dominante, non contiene spunti di natura critica nei confronti della politica del controllo di mercato sulla conoscenza, ed è realizzato con software proprietario. Come dicevi anche il progetto di biblioteca digitale lanciato da Google ha ricevuto un’accoglienza straordinariamente calorosa dai giornali locali. Vittorio Zucconi gli ha dedicato un’intera pagina sul quotidiano la Repubblica.

D. Perche’ l’avete chiamata Babelteka ?

R. Teka in greco vuol dire protezione, schermo. Il nome si ispira direttamente ad un’idea di pace: uno schermo, una teca per Babele. E’ un riferimento chiaro alla guerra in Iraq. Allude ad un modo un po’ diverso, nella forma e nella sostanza, di "esportare la democrazia". Vale ricordare che oltre agli orribili massacri, quella guerra sta distruggendo beni culturali di inestimabile valore: musei, biblioteche, monumenti di valore storico. Naturalmente, in questo nome puoi trovare anche altro. Per esempio un allusione al fatto che il servizio contiene una pluralità di linguaggi. Babelteka non riguarda solo libri, ma anche musiche e film: una Babele di linguaggi. Il riferimento al celebre racconto di Borges (La biblioteca di Babele) è invece quasi del tutto casuale.

D. Non ti pare che questa ostentazione di aspetti politici possano pregiudicare la partecipazione degli utenti ?

R. Se ti riferisci alle questioni sul copyright, si tratta di un fatto inevitabile. D.L.P. è scritto in software libero. La filosofia del software libero, del libero scambio della conoscenza, costituisce il suo codice genetico. Fermo restando il fatto che nessuno di noi pensa che un autore non debba vivere con i proventi del proprio lavoro. Se invece ti riferisci alla guerra è una questione di scelte.

D. Qual è il titolo che circola di più su Babelteka ?

R. "1984" di Orwell, naturalmente.


L’intervista è stata diffusa anche su www.rekombinant.org


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