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In soffitta il reato di concussione

Viste le ultime notizie in merito all’argomento, è utile ripassare la normativa modificata di recente, che regola i vari casi e le relative pene previste. Tanto per calcolarsi i termini che garantiscono l’applicazione dell’indulto.

di Redazione - giovedì 17 gennaio 2008 - 10876 letture

Fonte: http://avvocato.vincenzopapa.com

Importanti novità per i delitti commessi contro la pubblica amministrazione nel ddl. del Governo che ratifica la convenzione europea.

Il reato di concussione viene ormai messo da parte, ma per i pubblici ufficiali che impongono con violenza, minacce o abuso di potere ai privati che hanno rapporti con la pubblica amministrazione e che sono obblogati a pagare per ottenere favori con atti contrari a quello che è un dovere d’ufficio,le cose si mettono veramente male e per loro non ci sarà alcuno sconto.

Infatti saranno direttamente processati per estorsione e rischieranno fino a 20 anni di reclusione oltre una multa da 1.032 a 3.098 euro.

Anche per il concusso diventa difficile, poichè non potrà più contare sulle scappatoie offerte dall’art. 317 del codice penale.Infatti questa norma è stata molto usata durante i fatti di Tangentopoli per convincere gli imprenditori a confessare dietro garanzia dell’impunibilità a chi era stato costretto da un pubblico amministratore a elargire danaro, sarà abrogata.

Questa è una delle principali novità del ddl di ratifica della convenzione penale sulla convenzione di Strasburgo approvato venerdì 12 ottobre 2007 dal governo ed il provvedimento vuole essere un adeguamento interno alle disposizioni europee che impongono agli stati aderenti di adottare linee di condotta uguali in argomento di delitti della pubblica amministrazione.

Tutte le disposizioni che sanzionano attualmente i comportamenti di tipo corruttivo saranno infatti ricondotte ad un’unico comportamento che assorbirà la concussione per induzione e la corruzione propia ed impropria “cancellando definitivamente con questo specifico fine gli articoli 317-318-319bis-320-321-322bis del codice penale”.

Tutte le diverse tipologie di reato saranno accorpate nel nuovo articolo 319 sulla corruzione che non consentirà di fare più distinzioni tra chi ha corrotto un pubblico ufficiale e chi invece ha scelto la via dell’illegalità perchè sottoposto a indebite pressioni da parte del titolare dell’ufficio.

Il ddl. in buona sostanza diviene più severo verso gli amministratori pubblici coinvolti in comportamenti illeciti e ne raddoppia la pena della reclusione da 5 a 10 anni, mentre la pena prevista per il privato passa da cinque a sei anni. Il giudice avrà facoltà di dimezzare la condanna soltanto se il soggetto è stato indotto a dare o promettere denaro per .

Misure più severe saranno previste per i pubblici ufficiali che assumeranno atteggiamenti coercitivi nei confronti dei cittadini per procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto.

Polso duro anche contro per la corruzione in atti giudiziari che si dovesse verificare indipendentemente dalla volontà del giudice di aver voluto favorire o danneggiare una parte in processi penali, civili ed amministrativi.

In questi casi il massimo della pena passerà da 8 a 12 anni di reclusione a presindere dal fatto che la sentenza abbia prodotto una ingiusta condanna alla reclusione, mentre sarà prevista come ulteriore conseguenza del reato, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Entra come novità nel codice penale la nuova fattispecie di traffico di influenze illecite che va a sostituire ed ampliare la portata del reato di millantato credito.

In buona sostanza diventerà più difficile, per chi lavora a stretto contatto con il funzionari pubblici chiedere mance o procurarsi altro tipo di vantaggi in cambio della mediazione offerta al cittadino per “far camminare” una pratica o più semplicemente fornire informazioni e documenti depositati presso archivi, saltando il normale iter burocratico.

Offrire in modo interessato oltre un’attività legalmente riconosciuta, servizi destinati ad andare a segno grazie alle buone conoscenze ed ai contatti vantati all’interno dell’amministrazione, comporterà la reclusione da tre a sette anni, con ulteriori aggravanti nell’ipotesi in cui a millantare credito sia proprio il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio come un avvocato.

Questa pena , anche se in misura ridotta si applicherà anche a chi si esporrà dicendo di avere persone influenti per la realizzazione di una certa pratica.

Attualmente a fare i conti con la giustiza è chiamato in causa solo chi ha vantato credito per trarne profitto.

Avv. Vincenzo Papa pa.

Patrocinante in forma autonoma,iscritto all’Ordine degli avvocati di Napoli con bolletta n°804 del 03/02/2005 e ratificata con delibera prot.n°26392 del 15/02/2005, acclarata da “Ordinanza n°9424/06 - Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale si S.Maria C.V. (CE) e con convalida in data 15/02/2007″ Responsabile dell’Ufficio Legale Associazione TRIBUNALE PER IL DIRITTO DEL CITTADINO


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In soffitta il reato di concussione
17 gennaio 2008, di : emanuele gentile

Riporto un articolo del Corriere della Sera in riferimento all’oggetto del presente contributo redazionale:

Tangenti, abusi d’ufficio, estorsione Ora è l’Europa a stabilire i reati

23-10-2007

Delle due, l’una. O nessuno più corrompe nessuno, e ogni appalto è mondo d’ogni tentazione, immacolato nelle procedure e perfetto nella concorrenza; oppure nei 15 anni post-Mani pulite le leggi succedutesi in materia hanno perso il polso del fenomeno. Non c’è via di mezzo a scorrere i dati appena illustrati dalla relazione (primo semestre 2007) dell’Alto Commissariato per la lotta alla corruzione: dal 1996 a oggi, le condanne definitive per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio sono crollate dalle mille all’anno (registratesi sino al 2000) alle appena 130 del 2006; quelle per abuso d’ufficio sono addirittura scemate da 1305 a 45. E se già colpisce questo «passato», è il «presente» a preoccupare ancor di più: soltanto per restare agli ultimi due anni, le denunce per corruzione (il privato che paga il pubblico ufficiale) si sono dimezzate tra il 2004 e il 2006, quelle per concussione (il pubblico ufficiale che costringe o induce il privato a pagarlo) si sono ridotte di un terzo, quelle per abuso d’ufficio sono scese del 40%. E’ il fisiologico esaurirsi statistico della stagione di Mani pulite e il segno che si è entrati in una nuova età dell’oro della correttezza dei rapporti di imprese e cittadini con la pubblica amministrazione? O è anche l’onda lunga e patologica di riforme legislative inefficaci o improvvide, che vengono da lontano? A provare a dare evidenza empirica a questa tesi è ad esempio il libro su «La corruzione in Italia » del giudice di Cassazione (ed ex pm di Mani pulite) Piercamillo Davigo e della professoressa Grazia Mannozzi, secondo i quali «nessuna legislazione d’emergenza» è stata adottata «per fronteggiare l’emergenza corruzione»; mentre al contrario «i dati statistici documentano, come un referto medico- legale», la progressiva anestesia legislativa a cui sarebbe stata sottoposta «una giustizia penale» di cui «nessun intervento normativo ha agevolato il ruolo di contrappeso nei confronti di una illegalità politico-affaristica imperante»: dallo svuotamento dell’abuso d’ufficio alla modifica del falso in bilancio (contestazione che aveva fatto da «apriscatole» di tante inchieste di corruzione), dal «decreto Biondi» del 1994 alla riforma del «giusto processo» con l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in istruttoria se non ripetute al dibattimento. Adesso che il contrasto «indigeno» alla corruzione sembra languire, gli «spinaci» per il Braccio di Ferro che aspiri ad appalti onesti arrivano ancora una volta dall’Europa. Dopo 15 anni consumati a discutere se la tangente su un appalto fosse corruzione o concussione, e a discettare di corruzione antecedente o susseguente, commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, per atto d’ufficio o per atto contrario ai doveri d’ufficio, ora la peculiarità tutta italiana della distinzione tra corruzione e concussione sta per essere spazzata via dal vento europeo di adeguamento al Trattato anticorruzione firmato il 21 novembre 1997. Con il testo che il Ministero della Giustizia si prepara a sottoporre fra pochi giorni al Consiglio dei ministri, infatti, scomparirà la concussione, cioè il reato che oggi non punisce il privato pagatore, mentre sanziona solo il pubblico ufficiale che induce o costringe il privato a dargli o promettergli un’utilità: una fattispecie che l’Ocse aveva sempre chiesto fosse eliminata, teorizzando che chi paga una tangente debba comunque essere sempre punito. Così l’attuale «concussione per costrizione» rientrerà nel reato di estorsione, mentre la vecchia «concussione per induzione » sarà assorbita nell’unica fattispecie della corruzione, di cui dunque risponderà anche il privato (seppure con pene mitigate qualora abbia pagato la tangente per evitare un danno ingiusto). Una scelta che pare dunque dettata dalla volontà di spostare il baricentro legislativo dai singoli atti- appalti-licenze-concessioni alla tutela dell’amministrazione pubblica in sé. Non solo. Sempre dal recepimento di direttive europee, sotto forma di legge comunitaria 2007 approvata in prima lettura al Senato, sta per sbarcare nell’ordinamento italiano la «corruzione privata », cioè il reato di chi nell’esercizio della propria attività professionale accetta tangenti per compiere atti dai quali derivi una distorsione della concorrenza (ad esempio il capo ufficio-acquisti di una azienda che incassi denaro da un fornitore per privilegiarlo). La nuova figura minaccia da 1 a 5 anni non solo per il corruttore, ma anche per il corrotto privato. E, soprattutto, verrà inserita tra i reati per i quali può scattare anche la temuta (dalle imprese) responsabilità amministrativa della persona giuridica (cioè della società) per reati commessi dai propri dirigenti nell’interesse aziendale. Una responsabilità introdotta da una legge, la 231/2001, che costituisce forse l’unica positiva eccezione nel panorama legislativo di questi anni, con il suo arsenale (persino «troppo» potente secondo alcuni studiosi) di sanzioni che vanno da pesanti multe fino agli ancora più temuti divieti di contrattare con la pubblica amministrazione.