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In Iraq si muore senza sparare un colpo

Le accuse contenute nel Libro Bianco dell’Unac presentato in occasione del 191 anniversario dalla fondazione dell’Arma dei carabinieri - numerosi i casi di tumore ascrivibili alle attività effettuate nei Balcani e in Iraq

di Vincenzo Raimondo Greco - mercoledì 8 giugno 2005 - 4208 letture

Come d’incanto scompaiono i fogli matricolari dei militari impegnati in missioni rischiose e che si ammalano di tumore. E’ l’agghiacciante denuncia che i carabinieri dell’Unac hanno raccolto in un voluminoso “Libro bianco” consegnato, nei giorni scorsi, ai rappresentanti parlamentari. Tutto ciò, suggeriscono all’Unac, per non correlare la missione con l’insorgenza della malattia, e dover così riconoscere la causa di servizio per malattia, ammettendo la pericolosità dell’uranio impoverito. Ma anche “per ritardare - secondo il deputato Mauro Bulgarelli - il sorgere di una consapevolezza collettiva sulla pericolosità dei proiettili di questo tipo, che andrebbero banditi, ma che ormai sono entrati nella dotazione ordinaria degli eserciti”.

Un j’accuse accompagnato da documentazioni inoppugnabili che “trasudano dolore” e rabbia per il “muro di gomma” che neanche il rullo compressore dell’Unac riesce a sfondare.

I casi

C’è il caso del caporal maggiore Valery Melis, morto nel 2004, all’età di 27 anni, per un linfoma di Hodgkin. Nel 1999, Melis, prestava servizio a Katlanovo, al confine tra Kosovo e Macedonia, in zona di guerra, ma dal suo foglio matricolare risulta solo la presenza in Macedonia, e inoltre "manca ogni riferimento alle esercitazioni che ha svolto, nell’anno 1998, presso il poligono di Teulada", si legge nel documento Unac.

O ancora il caso del trentottenne, Domenico Lofaro, marinaio capo, deceduto nel 2004 per un “linfoma” al midollo spinale contratto durante le missioni nella ex Jugoslavia. Nel suo foglio matricolare non c’è traccia del servizio prestato nei Balcani per il quale ha ricevuto una medaglia. E che dire di Crispino Adragna? Marinaio imbarcato sulla nave militare Perseo che monta “armi missilistiche”. Ma non risulta dal foglio matricolare la sua missione nella ex Jugoslavia ai tempi del conflitto.

Insomma, "disinformazione voluta per i militari inviati in missioni estere- si legge ancora- sia sul loro effettivo impiego in zona di guerra, dove pochi sanno che molti militari si danno ammalati nei periodi caldi per sottrarsi al pericolo di attentati, e disinformazione sui pericoli dalle contaminazioni da polveri pesanti" che derivano dalla combustione dei proiettili all’uranio depleto. Sono inoltre "tanti i casi tenuti nascosti dagli ospedali militari che spesso liquidano gli ammalati di cancro adducendo diverse patologie- continua l’Unac- in un caso si parlava di problemi gastroenterologi e si trattava invece di Linfoma di Hoddgkin".

E’ quanto accaduto al carabiniere Ciro Nastri,del Battaglione Mobile CC Laives, mandato in missione in Iraq "da dove è tornato con il cancro”. Nastri, però, secondo il Libro Bianco, è stato “indotto al silenzio per non essere riformato dal servizio senza diritto a nessun emolumento". Nell’ospedale militare "gli hanno diagnosticato una gastroenterite- spiega Savino- in quello civile un tumore".

L’assenza dello Stato

Il segretario dell’Unac parla di centralini intasati, di militari che raccontano storie, drammaticamente, identiche. Racconti di vita vissuta che, a volte, neanche i mass media raccolgono ma, sui quali, colpevolmente tace il governo. Non ha dubbi, invece, Gigi Malabarba capogruppo Prc al Senato e segretario della Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, per il quale “i 33 morti accertati, gli almeno 300 contaminati, dopo aver partecipato a missioni all’estero, e le nascite di bambini deformi vicino ai poligoni militari” sono causati dall’uranio impoverito. Ed e’ "micidiale", aggiunge Malabarba, l’atteggiamento del ministero della Difesa e delle gerarchie militari che, oltre a negare il nesso causa effetto tra tumori e uranio, affermano che non viene utilizzato dalle nostre truppe. Diversa la posizione tra gli stessi alleati.

E mentre l’Italia tergiversa, sin dall’agosto 1993 il capo della Sanità militare dell’esercito USA affermava: “quando i soldati inalano e ingeriscono polveri di uranio impoverito essi incorrono in un potenziale incremento del rischio di cancro”.

Posizioni diverse rispetto ad un problema che diventa sempre di più globale i cui effetti sono difficili da nascondere. Meglio, quindi, correre ai ripari; anche se in ritardo. E’ la posizione delle Nazioni Unite che ha organizzato, nei giorni scorsi, ad Amman, in Giordania, un incontro per informare i membri del nuovo esercito iracheno sui rischi e sulle tecniche di bonifica dei siti contaminato dai proiettili all’uranio impoverito. Ma "al seminario Onu di Amman, che aveva come scopo quello di spiegare agli iracheni come bonificare i siti contaminati dall’uranio impoverito- spiega la senatrice Tana De Zulueta- il nostro governo non era presente".

Si capisce il perché leggendo il dossier, recentemente diffuso dal Ministero della Difesa, dal titolo: “Elementi di documentazione sull’interazione tra uranio impoverito e salute umana nelle operazioni militari”. A pagina dodici è scritto, a chiare lettere, che l’impatto sulla popolazione “non è al momento qualificabile”.

Allora cosa fare? “ Credo - afferma Bulgarelli - che il Ministro Martino dovrà rendere conto ai parenti delle vittime, ai malati, ai parlamentari e a tutti i cittadini, della miopia, lentezza e scarsa prudenza con cui ha affrontato questa questione”. Bisogna bloccare i “rallentamenti sospetti che denunciamo da tempo- ha aggiunto Malabarba- e azioni depistanti, come quelle della commissione Mandelli (che è giunta alla conclusione che:"per le neoplasie maligne (ematologiche e non), considerate globalmente, è emerso un numero di casi inferiore a quello atteso", N.d.r.),che ha tentato di distribuire su territori più ampi le malattie, per dimostrare che colpivano tutta la popolazione di una certa classe d’età e non solo i militari".

Girodivite.it/Oltrenews.it


Girodivite ha dedicato ai militari morti per uranio impoverito il dossier Uranio impoverito: morire radioattivi


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