Il rosso e il grigio
Dal diario di Andrea Damiano, pubblicato nel 1947 a Milano e nel 1995 a Catania, col titolo "Il rosso e il grigio".
Dal diario di Andrea Damiano, pubblicato nel 1947 a Milano e nel 1995 a Catania, col titolo "Il rosso e il grigio".
Il diario va dal 15 novembre 1942 all’ottobre del 1945.
Comincia nella fase più buia della guerra, dopo la quale subito si incomincia a intravedre un possibile cambiamento. Nella primavera del 1943 gli scioperi nel Nord Italia, nel luglio del 1943 lo sbarco degli alleati in Sicilia. Attraversa quindi il lento sgretolarsi del fascismo nel corso di una guerra destinata a durare ancora due anni, fino primavera del 1945, riuscendo anche a riflettere sui primi mesi del dopoguerra, sulla difficile ricostruzione, dalle macerie fisiche e morali.
Dell’autore non si sa molto.
Nella seconda di copertina dell’edizione De Martinis del 1995 sta scritto: "Andrea Damiano (1905-1945), rassegnato costruttore di ’sentimenti frananti’, scomparso nel nulla all’indomani della guerra.
6 giugno 1943
Si direbbe che il regime faccia la guerra soprattutto al popolo italiano
7 giugno 1943
Quando l’ultima nostra bandiera sarà ammainata il nemico troverà un popolo in preda a un’atonia profonda. [...] Il tiranno ancora ammorba e corrompe [...] e dovunque si snodano come grovigli di serpe le ambizioni in ritardo, le velleità di coloro, e sono moltissimi, i quali, compromessi in passato dal regime, oggi lavorano per crearsi un alibi, un merito qualsiasi che valga per il domani. [...]
21 giugno 1943
Quando il cadavere che si chiama fascismo sarà rimosso, allora, diciamo e pensiamo, cominceremo a vivere. Ma come, precisamente, sarà allora la vita? Mentirei se tacessi questa inquietudine, quasi un fastidio, nel quale ravviso il frutto più acerbo di vent’anni di servitù. Un freddo serpe è nel nostro cuore se, come avviene, noi che vogliamo la fine della tirannide non riusciamo a scacciare questo malessere al pensiero della vita quale sarà dopo che la tirannide sarà spenta. La schiavitù corrompe, ma questo letargo al quale piega e abitua gli spiriti, è funesto. Perché negarlo? [...]Compressa, la vita dello spirito si è sovente fatta deforme, col gusto della deformità. Nelle serre del fascismo è cresciuta una giungla anemica e maligna[...] Io non so chi possa dirsi veramente immune; quanti, avendo vissuto in Italia durante questi venti anni, possano affermare con sicurezza: nel mio giardino non hanno allignato esemplari di tale flora.[...]La nostra intelligenza può essersi affinata, certo si è fatta più umbratile, più critica: ma l’abitudine di lavorare a vuoto in un mondo pietrificato, ma il gusto di una vita sempre più appartata, e l’aver covato così a lungo i nostri smorti ribrezzi, le nostre umiliazioni, ha logorato più fibre di quanto non si creda, se nelle ore più buie ci assale, fiato di uno stagno putrido, questa inquietudine di non saper più vivere in un mondo libero".
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