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Faq Italia

Il primo libro di Francesco Merlo, editorialista de “La Repubblica” a Parigi si intitola “Faq Italia”, appartiene alla collana Bompiani che tratta monograficamente un tema, un luogo, un personaggio secondo uno schema-intervista sintetico ma esauriente.

di Lorena Leonardi - giovedì 16 luglio 2009 - 6017 letture

Italiani popolo di santi, poeti e naviganti? Nemmeno per sogno: è una critica arguta, lucida, precisa e approfondita quella condotta da Francesco Merlo nel suo primo contatto ravvicinato con la stampa non prettamente “quotidiana”.

Tra una citazione di Dante, Sciascia e Flaiano, l’Italia, tutta, trova posto nel variegato panorama nazional-popolare: Bossi, l’arcitaliano Sordi e l’antitaliano Gassman, Mele e le sue escort, Grillini e l’Arcigay che fanno “di tutto per mostrificare se stessi”, la “mignottocrazia” di Berlusconi, al quale viene riconosciuto il merito di avere confezionato, oltre ad una serie di imbarazzanti gaffes e spiritosaggini, un’idea vincente: “che c’è un rimedio a tutto, al corpo troppo vissuto, alla pancia a pera, alla statura scarsa, alla calvizie… ed è un sapiente cattivo gusto sempre vincente, perché il narcisismo secolarizzato ha preso il posto dell’estremismo politico e religioso, perché sono appunto queste le nuove ossessioni degli italiani: il benessere fisico, la cura di sé, la palestra, i peletti, la pancetta, la cosmetica che, parafrasando Karl Kraus, è il cosmo della pubblica opinione”.

Non si lamenti Padoa-Schioppa, chè persino Manzoni era un gran bamboccione: “mamma Giulia gli organizzò la vita politica, gli scelse le mogli, si convertì con lui e si ammalava persino delle sue stesse malattie. Non è di vitto e alloggio gratis che è fatto il mammone, ma di quella Ragion di Mamma che nel nostro Paese è più forte della Ragion di Stato”.

E a propostito di impiegati, “le piaghe del lavoro italiano non sono i fannulloni, ma i fantuttoni. Non quelli che fanno nulla ma quelli che fanno tutto e meglio di tutti. I fantuttoni sono fannulloni indaffarati”. Dal punto di vista di Merlo non solo la televisione esprime una decenza intellettuale ridotta ai minimi termini, e un rapporto tra intellettuali-televisione-politica talmente morboso da diventare imbarazzante, ma i pensieri di Celentano sono “spelacchiati”, e se i marziani giungessero sul suolo terrestre nel bel mezzo di Sanremo la nostra reputazione ne risulterebbe compromessa in eterno.

Passando per i luoghi comuni degli arcitaliani (“leggono solo in bagno o nei meriggi estivi, biasimano i telefonini, specie le suonerie, erano arcitaliani, sono i cretini cognitivi”), proverbi, personaggi (Manzoni? “pregava il suo medico di fiducia di non toccare il suo corpo se non quando già si manifestassero i segni della putrefazione. E non ci fu bisogno di dargli dell’originale ora che era morto, visto che lo diceva di sé quando era vivo”. Garibaldi? “archetipo nazionale dell’uomo d’azione italiano, l’idea italiana del qui ci vuole un uomo, non importa se mezzo vero e mezzo finto”), citazioni, viene delineandosi, senza toni salottieri né snob, un ritratto sempre più dettagliato del “mood” italiano eternamente ossimorico.

Impietosi, i nostri difetti ci rimbalzano addosso, senza mai scalfirci troppo, proprio perché siamo italiani. Perché gli italiani di cui parla Merlo siamo tutti noi.

In aggiunta, un pungente cruciverba “intelligente” è consigliato a fine lettura, per ridere un po’ sulle disgrazie sciorinate. Esiste forse una reazione più arcitaliana di questa?

Un esempio di definizione da inserire nelle caselle del cruciverba? La lingua onomatopeica del TG1: slurp.

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