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È il tempo di Trasimaco: il più forte determina la legge

Nei nostri quartieri, nelle comunità e nelle istituzioni dobbiamo opporre alla menzogna conosciuta la verità della parola che si fa pane condiviso; dobbiamo sottrarci alla logica dell’inutile contrapposizione per testimoniare un nuovo modo di vivere.

di Salvatore A. Bravo - sabato 3 agosto 2024 - 404 letture

Rovesciamento dialettico

L’Occidente capitalistico è orbo, non ha vista e sguardo che per se stesso, mentre si consumano in mondo-visione le olimpiadi (volutamente con la o minuscola) dei diritti, ma nel contempo tutto brucia nella guerra. Israele continua la sua politica di potenza, non possiamo che supporre con l’ausilio di Stati Uniti e Inghilterra, si attacca ancora una volta un paese sovrano a dispregio di ogni legalità internazionale. L’occidente (o volutamente minuscola) che in mondo-visione lancia l’inclusione dell’amore è in guerra continua in cui ogni legge internazionale è calpestata, e si pretende che gli altri Stati debbono obbedire alla legalità.

È il tempo di Trasimaco: il più forte determina la legge, solo che chi usa la forza perde il polso della realtà e non ha consapevolezza che la medesima legge pone le condizioni per il suo superamento.

La società inclusiva ha ai suoi confini delle trincee, i fili spinati con il loro aculei dividono e producono tensioni che favoriscono solo l’industria delle armi. Il pungolo nella carne non è più accettato dai popoli che fino a poco tempo fa erano sotto il giogo neocolonialista. Per finanziare le guerre e le aggressioni in nome dei “nostri valori” si finanziano le spese militari e nel contempo si tagliano diritti da cui dipende la qualità di vita dei cittadini: scuola, sanità e pensioni. Assistiamo impotenti a un declino che brucia di carne umana, mentre si discute del sesso degli angeli e si continua a coprire il rumore assordante delle guerre e dei missili con il velo dei diritti individuali.

In nome dell’amore inclusivo si ostentano “i diversi” come si fosse in un circo umano tutto pur di tacitare il cannoneggiamento continuo nel quale affonda l’oligopolio capitalistico. I diversi ostentati non sono inclusi, sono solo un mezzo e, come tutti i mezzi e strumenti, al momento opportuno saranno lasciati al loro destino.

Le contraddizioni grondanti di sangue e menzogne ormai ci soverchiano. Le menzogne che il sistema racconta sono conosciute alla maggioranza della popolazione che nella tagliola di una realtà senza prospettiva e abituata dall’ortopedia liberal ormai pratica il “cinismo senza prospettiva”.

Non ci sono alternative; la politica trasversalmente è schierata con “i giochi di guerra del capitale”, per cui non resta che il presente fatto di “vacanze” e di “carpe diem”. Il mondo ci guarda e non possiamo che dedurre con “orrore e preoccupazione”. Una società incapace di costruire prospettive e mollemente adagiata sulla distruzione della memoria e sulla guerra non è particolarmente attrattiva.

Siamo dinanzi ad un rovesciamento dialettico provocato dall’incuria politica e sociale di una politica autoreferenziale che affonda nella cinica distruzione e che, non comprende, che il conflitto, mentre dichiara “pace e inclusione”. In tale condizione i popoli sono estromessi da ogni decisione e coloro che ci guardano non possono che riaffermare la loro identità culturale e il loro disallineamento dalla nostra decadenza.

La nostra politica di negazione delle altrui culture si ribalta nella loro affermazione e determinazione a costruire una nuova realtà geopolitica nella quale saremo marginali, in quanto Stati che puntano sull’economia di guerra non sono che comitati d’affari senza prospettiva, non possono che essere oggetto di facile critica anche per la stessa propaganda interna.

In questa prospettiva solo il sussulto etico e politico dei popoli chiusi nella caverna dell’inclusione può essere l’inizio di un tempo nuovo, nel quale la cancellazione della memoria si ribalta in difesa di identità culturali e politiche con le quali emanciparsi dalla grandeur delle oligarchie per iniziare dialoghi-ponti di pace e di ricostruzione varchi di cooperazione con il mondo multipolare che si delinea. I dialoghi sono ponti tra identità, per cui se i popoli d’occidente non si congederanno dalle logiche in atto, nulla di questo sarà possibile.

La salvezza, se ci sarà, verrà dal basso, ovvero dalle classi medie minacciate da quasi quarant’anni di saccheggio liberal. Il primo passo è ridare dignità alle parole e uscire dal circuito cinico e ambiguo della “menzogna conosciuta”. La coscienza politica diventa prassi trasformativa solo con la parola che si fa concetto per rappresentare senza veli e orpelli la tragica realtà in cui rischiamo di affondare.

Nei nostri quartieri, nelle comunità e nelle istituzioni dobbiamo opporre alla menzogna conosciuta la verità della parola che si fa pane condiviso; dobbiamo sottrarci alla logica dell’inutile contrapposizione per testimoniare un nuovo modo di vivere. Può sembrare tutto ciò “astratto”, ma non lo è, in quanto il sistema occidente non è popolare nello stesso cinico occidente; esso richiede l’impossibile ad una popolazione con sempre meno mezzi e che sente vicina l’onda della miseria spirituale e materiale. L’inquietudine è il segno di salubrità, essa scorre carsica, ma necessita di coraggio, in quanto si deve affrontare il dileggio e l’incomprensione, ma non bisogna cadere in trappole emotive e politiche.

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Mafalda e la democrazia - di Quino


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