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Adriano Olivetti “Ai Lavoratori” (Edizioni di Comunità)

In un periodo contraddistinto da un capitalismo feroce ed inumano la rilettura de “Ai Lavoratori” di Adriano Olivetti rappresenta una preziosa indicazione su cosa dovrebbe essere il capitalismo sociale.

di Emanuele G. - lunedì 5 agosto 2013 - 3949 letture

Una breve recensione su Famiglia Cristiana ha rinnovato il mio interesse nei confronti di Adriano Olivetti (1901 – 1960) e della sua straordinaria vicenda umana. Una vicenda umana che meriterebbe di essere divulgata in maniera massiccia come esempio di un capitalismo conscio delle ricadute sociali che esso produce. Un argomento viepiù attuale poiché viviamo tempi contraddistinti – al contrario – da un capitalismo feroce e che attenta ogni giorno ai principi e ai valori dell’uomo. Da un lato, quindi, Adriano Olivetti e la sua idea di comunità. Dall’altro, un capitalismo che porta alle estreme conseguenze la ricerca del profitto.

La casa editrice Edizioni di Comunità è stata fondata dallo stesso Adriano Olivetti proprio perché in lui l’interesse alla cultura non era un qualcosa di estemporaneo o “a la page”. Bensì era una condizione imprescindibile del suo essere imprenditore. Questa casa editrice porta avanti un progetto inteso a far conoscere la straordinaria vicenda di un uomo che ha marcato profondamente la storia italiana del primo Novecento. Fra i titoli che più hanno attirato la mia attenzione è un libretto di appena cinquantacinque pagine intitolato “Ai Lavoratori”.

Esso contiene due celeberrimi discorsi tenuti da Adriano Olivetti negli anni cinquanta. Il primo nel 1955 in occasione dell’inaugurazione dello stabilimento di Pozzuoli. L’altro è di un anno prima e fu tenuto ad Ivrea. In entrambi i discorsi egli presenta gli obiettivi raggiunti in Italia e all’estero. Appunta l’attenzione degli uditori su un fatto senza dubbio singolare nelle dinamiche economiche ed industriali italiane. Cioè il fatto che per ogni cento operai vi erano almeno 30 addetti al reparto commerciale. Questo spiega lo straordinario successo che ebbe l’Olivetti proprio in quel decennio facendone uno dei marchi simbolo del c.d. “made in Italy”. Rimarca altresì l’importanza decisiva dell’innovazione.

Tuttavia, il successo di un marchio non dipende esclusivamente da un’oculata politica industriale, ma c’è qualcosa d’altro. Questo qualcos’altro afferisce ai valori umani che devono stare alla base di ogni attività economica. La fabbrica è un insieme di uomini e donne con i loro bisogni, necessità, aspirazioni, sogni. E la fabbrica deve aiutare le persone a migliorarsi e a sviluppare quel senso di comunità che è essenziale in ogni campo. Ecco la parola esatta è “sociale”. Nessuna attività economica può considerarsi libera dall’ambito “sociale” ovverossia dalle sue ricadute sulla vita di tutti noi.

Un libretto davvero prezioso e che costituisce un forte ammonimento alla responsabilità di ognuno di noi poiché noi viviamo assieme agli altri. In comunità per l’appunto.


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