101 cose da fare prima di mettersi a dieta

"più siamo ossessionate dal mangiare “sano”, più grasse (e più infelici) diventiamo".
Sembra proprio da leggere il libro di Mimi Spencer, 101 cose da fare prima di mettersi a dieta, traduzione di Laura Noulian, Feltrinelli.
Dall’introduzione
Mettersi a dieta? Non è così che si dimagrisce
Non ci vuole un genio per capire il paradosso che è al centro del nostro rapporto con il cibo: più siamo ossessionate dal mangiare “sano”, più grasse (e più infelici) diventiamo. Per ogni nuovo libro sulle diete che arriva sui nostri scaffali, prendiamo mezzo chilo; per ogni nuovo programma televisivo che pretende di insegnarci a dimagrire, allentiamo la cinta di una nuova, liberatoria tacca. Chiaramente, niente di tutto questo funziona, non funziona la privazione, non funziona la maniacalità, o almeno, non a lungo termine. Vale la pena di notare che le diete iniziate con l’inizio dell’anno nuovo vengono abbandonate in media dopo settantotto giorni – giusto in tempo per Pasqua, secondo un crudele scherzo del destino. Tutte sappiamo per esperienza che seguire una dieta significa perdere il piacere di mangiare e cadere in preda a un senso di smarrimento. Del resto, gli specialisti al lavoro nei laboratori dell’alimentazione dietetica fanno il possibile perché la situazione non cambi. Prova solo a immaginare cosa succederebbe se per caso si imbattessero davvero nel prodotto dietetico ideale, quello che ci fa diventare magre davvero, e ci fa restare tali. Perderebbero il lavoro prima ancora di avere il tempo di dire: “Aspartame”. In realtà, si calcola che gli schemi dietetici convenzionali abbiano una percentuale di successo di un misero cinque per cento. Ed è tale la ricchezza delle prove a conferma di questo risultato così poco incoraggiante, che una squadra di psicologi dell’UCLA ha condotto un’approfondita analisi su trentun tipi di diete a lungo termine per arrivare a scoprire un’indiscutibile verità. “Numerosi studi indicano che sottoporsi a una dieta sia in realtà il preannuncio di un futuro aumento di peso” dice il rapporto dell’UCLA, pubblicato sul numero dell’aprile 2007 di “American Psychologist”. “Abbiamo cercato di trovare le prove del fatto che mettersi a dieta offra risultati concreti a lungo termine, e abbiamo scoperto che in realtà accade l’esatto contrario.” La ricerca ha dimostrato infatti che, benché le persone che si sottopongono a una dieta dimagrante possano perdere diversi chili nei primi mesi, la maggioranza di esse, nel giro di cinque anni ritorna al peso originario, mentre almeno un terzo finisce per pesare più di quanto pesasse prima di mettersi a dieta. Che enorme sforzo di volontà. Che drammatica autopunizione. E tutto per niente. Il rapporto concludeva sostenendo che è molto meglio non intraprendere alcuna dieta: “Non saremo messi peggio, e risparmieremo all’organismo i danni legati all’effetto yo-yo”. Se ancora non ti basta, sappi che uno studio del 2003 ha scoperto che quanto più da bambini e da adolescenti si è stati sottoposti a una dieta, tanto più è probabile che si diventi obesi da adulti. Adesso, alcuni esperti ritengono che l’obesità sia nella maggior parte dei casi un disturbo provocato dal trattamento intrapreso per curarlo. Pare che i genitori che impongono ai figli diete molto rigide, o che si sottopongono a diete maniacali, trasmettano ai figli il messaggio che il cibo è un pericolo. Qualcosa di cui avere paura. Di conseguenza, molte di noi diffidano sempre di più degli alimenti e sono atterrite dalle E seguite da diversi numeretti, dalla Estherichia-coli, dai pesticidi e dalla provenienza dei prodotti, dalla quantità di sale e di zucchero, dai grassi e dal colesterolo, e da tutti gli altri maledetti antinutrienti che aspettano solo di corrompere le nostre innocenti forchette. In questo clima di terrore, non sorprende se precipitiamo nel caos. Per molte di noi questo è un mondo terrificante in cui il cibo non è più fonte di nutrimento e conforto, bensì l’opera di Belzebù. Questo secolo ha visto anche l’ascesa delle Diete Estreme – regimi duri, restrittivi, prescrittivi e (di frequente) decisamente pericolosi, che ci impongono, per perdere una taglia, di eliminare un’intera categoria di cibi o di annusare un baccello di vaniglia per sopire i morsi della fame. Così molte di noi viaggiano sulle montagne russe, passando dalla paura del grasso alla smania della magrezza, sempre bramose di qualche Nuova Grande Idea (meglio se avallata da una o più celebrità) che prometta di cancellare la “pancia a grembiulino”, i “rotolini alle braccia”, il “busto a forma di muffin”, la “tetta tripla”, e qualsiasi altra bruttura fisica che i settimanali abbiano pensato bene di evidenziare e mettere alla berlina.
La rivolta contro le diete. "Belle senza rinunce" di Vera Schiavazzi, tratto da “la Repubblica”, 6 maggio 2009
La rivolta contro la dieta arriva da Gran Bretagna e Stati Uniti, proprio nella stagione in cui migliaia di donne occidentali si introducono in incognito nella cabine prova di boutique e grandi magazzini e ne escono affrante, decise a perdere peso. Ma una piccola deviazione in libreria potrebbe salvarle. Come tutte le ondate di protesta, anche questa ha i suoi leader: Mimi Spencer, fashion editor inglese, ex donna a dieta e attenta analista dei costumi delle sue coetanee in carriera al di qua e al di là dell’Atlantico, ha raccolto in un tosto volume di 320 pagine (101 cose da fare prima di mettersi a dieta) tutti, ma proprio tutti, i possibili rimedi per riconciliarsi col proprio corpo - e dunque col proprio bikini, marito, fidanzato, immagine pubblica… - diversi da quello di fare i conti con le calorie. Dalle ricette improvvisate alle cenette romantiche, dalla biancheria push-up al tacco che dona di più, in dieci capitoli che includono anche "la non dieta in dodici punti". In Inghilterra il manuale è stato un best seller, la spinta che serviva a liberarsi di un incubo. “Un numero sempre crescente di donne era ed è insoddisfatto del proprio corpo - spiega lei - ai limiti della depressione perché la differenza tra la propria immagine e quella di pubblicità, cinema e televisione continua a crescere. Questo distacco ha già portato conseguenze drammatiche in Inghilterra e negli Stati Uniti, dall’anoressia fino a un generale senso di disagio che non consente di vivere bene, mangiare con piacere, avere una sessualità soddisfacente e perfino un bell’aspetto e una buona postura”. Si parte dai dati: chi comincia a mettersi a dieta tra i venti e i trent’anni sembra avere più possibilità di continuare a crescere di peso nel resto della sua vita (da 3 o 4 volte di più rispetto al fisiologico aumento che accompagna le normali fasi della vita di una donna, dalla gravidanza alla menopausa e oltre), come del resto è successo alla stessa Spencer che ha ritrovato l’equilibrio sulla bilancia e nell’esistenza dopo la scelta netta di non occuparsi mai più delle calorie che si trovavano nel suo piatto. E come conferma anche l’Università di Leeds nel suo ultimo studio: a dieta a 16 anni, obesi a 30, in misura tre volte superiore alla media. E in Italia? Giorgio Calabrese, celebre dietologo, è sostanzialmente d’accordo con l’appello alla rivolta lanciato da Mimi: “Le diete di maggior successo, cioè tutte quelle iperproteiche che arrivano perlopiù dagli Stati Uniti, dalla Zona alla Scarsdale e alla Atkins, sono un ottimo sistema per dimagrire subito e recuperare tutto poco dopo, con gli interessi. Per questo stiamo lavorando con un gruppo di colleghi americani per lanciare un vasto programma di ‘rieducazione’ che introduca più farinacei, pochi ma buoni, nella dieta americana”. Altra alternativa bocciata dai medici: i farmaci dimagranti, raramente del tutto privi di anfetamine, ormoni, diuretici o altri principi attivi normalmente usati per la cura del diabete. “Esasperati dalle troppe proteine, i pazienti finiscono inevitabilmente col far ricorso alle pastiglie, e ingrassano non appena le sospendono”, conclude Calabrese. Mimi Spencer, del resto, non è l’unica neo-guru della ribellione contro le diete insensate. Carol Lay, celebre cartoonist americana, dopo trent’anni di lotta, di proteine e di abbuffate, ha finalmente trovato un sano equilibrio, liberandosi tra l’altro di quindici chili in eccesso. Come? Disegnando fumetti che spopolano a New York e dintorni, ora raccolti in un libro - "The big skinny", l’enorme magrezza, un gioco di parole che già invoglia al sorriso - che ha tra i suoi protagonisti un deduttivo George Clooney che suona alla porta offrendo pollo fritto e patatine.
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