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Uno sparo in caserma. Il caso Lombardo

A Palermo due carabinieri chiacchierano nel cortile della caserma Bonsignore, qualcun altro passeggia. All’improvviso un colpo di pistola rompe il silenzio.

di Libreria Gramigna - giovedì 1 febbraio 2007 - 10999 letture

Daniela Pellicanò, Uno sparo in caserma. Il caso Lombardo, Città del sole edizioni

A Palermo due carabinieri chiacchierano nel cortile della caserma Bonsignore, qualcun altro passeggia. All’improvviso un colpo di pistola rompe il silenzio. Un brigadiere corre verso una macchina, riverso sul sedile c’è il maresciallo Antonino Lombardo. Si è suicidato. È il 4 marzo 1995. Questi sono i fatti. E questo è il sospetto: si è suicidato o è stato suicidato? Sono passati undici anni. Il caso è aperto”.

In questa premessa l’epilogo di una storia strana ed inquietante. Il protagonista è il maresciallo dei carabinieri Antonino Lombardo. 31 anni di carriera alle spalle interamente dedicati alla lotta alla mafia e sempre in prima linea. Per 14 anni comandante della Stazione dei carabinieri di Terrasini, piccolo paesino alle porte di Palermo. Sin da allora collabora con la Dia e il Ros, il nucleo speciale dell’Arma. È grazie a lui infatti che nel 1993 si arriva all’arresto di Totò Riina. Nel 1994 lascia il comando della Stazione ed entra a far parte ufficialmente del Reparto Operativo Speciale. Il motivo è semplice: per i suoi superiori è “la memoria storica del fenomeno mafioso”. Prima di morire è sulle tracce di Provenzano e di Giovanni Brusca. Una casualità?


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Il "veneficio" del maresciallo Lombardo
22 agosto 2007, di : Luigi Putrino (giornalista-pubblicista), Bronte (CT)

Mentre illustri personaggi del panorama siciliano e nazionale forse lo credevano deposto nel dimenticatoio, a quasi dodici anni di distanza riesplode il caso del maresciallo dei carabinieri Antonino Lombardo, morto a Palermo il 4 marzo 1995. A "tuonare" dagli scaffali delle librerie è l’inatteso libro-inchiesta «Uno sparo in caserma - Il caso Lombardo» della giornalista Daniela Pellicanò (Città del sole edizioni, Reggio Calabria, € 12,00). La Pellicanò inizia dal giorno in cui Lombardo viene trovato morto e rispolvera, tra l’altro, pentiti double-face, condotte d’appartenenti ad entourage istituzionali e indagini che il Maresciallo segue prima di prendere servizio al Ros di Palermo (28 giugno 1994); ricorda, infatti, che dal 16 agosto 1980 al 27 giugno 1994 comanda la Stazione carabinieri di Terrasini (PA), da dove contribuisce a fare arrestare Totò Riina (15 gennaio 1993). E dalla permanenza terrasinese lascia emergere, altresì, l’origine dell’importante aggancio investigativo del maresciallo Lombardo con il boss Tano Badalamenti, mentre il mafioso si trova detenuto in America. Don Tano, infatti, che potrebbe smontare il "teorema" Buscetta al processo Andreotti, dopo essersi incontrato due volte con il Maresciallo negli Usa è pronto a venire in Italia per testimoniare (non per collaborare, che è cosa ben diversa!); ma pone una condizione che ricorda il figlio del Maresciallo, Fabio: «Marescià, io vengo solo se mi viene a prendere lei. E mio padre - dice Fabio Lombardo - gli ha risposto: don Tano, io ho famiglia in Italia. O ci ammazzano sull’aereo o appena arriviamo». Insomma, Badalamenti è d’accordo a venire in Italia, ma deve andare a prenderlo il Maresciallo; e Lombardo, da profondo conoscitore del fenomeno mafioso - in tal senso il libro riporta diverse dichiarazioni di ufficiali dell’Arma -, mette subito in conto l’ipotesi d’una terza strage (nel 1992 s’erano consumate quelle di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino). Per il 26 febbraio 1995, tuttavia, il maresciallo Lombardo è pronto a partire per l’America, andrà a prendere Badalamenti. Tre giorni prima della partenza (giovedì 23 febbraio), però, nella trasmissione Tempo Reale condotta da Michele Santoro, in onda alle 20:30 su Raitre, Leoluca Orlando Cascio, sindaco di Palermo, e Manlio Mele, sindaco di Terrasini, vanno in collegamento da quest’ultimo Comune, e in sintesi Orlando dice: «Pezzi dello Stato a Terrasini stanno dalla parte della mafia»; e sempre lui aggiunge: «Io sto formalmente chiedendo all’autorità giudiziaria di indagare sul comportamento del precedente responsabile della Stazione dei carabinieri di Terrasini». Quel precedente responsabile è il maresciallo Lombardo, il comandante generale dell’Arma dei carabinieri dell’epoca, generale di corpo d’armata Luigi Federici, telefona alla Rai perché vuole intervenire in trasmissione a sua difesa, ma Santoro non glielo consente. Ma quella «formale richiesta d’indagine» (mai aperta dalla magistratura!) andava avanzata in Tv o in Procura? Intanto si palesano gli effetti: il Maresciallo non viene fatto partire per gli Usa, don Tano Badalamenti non è più disposto a venire in Italia, il "teorema" Buscetta permane. Sabato 25 febbraio, due giorni dopo Tempo Reale, un confidente del Maresciallo viene incaprettato e ucciso. Attorno alla sua famiglia ed a se stesso Lombardo registra strani movimenti, quindi ricostruisce il puzzle criminoso e vi legge il verdetto emesso nei suoi confronti. Il 4 marzo 1995, Lombardo si spara dentro la caserma Bonsignore dell’Arma (sede del Comando Regione Carabinieri Sicilia), lasciando un’enigmatica lettera-testamento dove scrive: «Mi sono ucciso per non dare la soddisfazione a chi di competenza di farmi ammazzare e farmi passare per venduto e principalmente per non mettere in pericolo la vita di mia moglie e i miei figli che sono tutta la mia vita»; ma vi traccia pure una pista su cui indagare: «la chiave della mia delegittimazione sta nei viaggi americani», afferma lucidamente Lombardo. Lo scorso 14 dicembre «Uno sparo in caserma» è stato presentato a Palermo, nell’antica sala conferenze della biblioteca comunale di piazza Casa Professa, dall’Autrice e dall’editore Franco Arcidiaco, alla presenza di esponenti politici, di appartenenti all’Arma e di oltre duecento persone. In prima fila con la vedova Fina Lombardo, oltre ai figli Fabio, Giuseppe e Rossella, c’era il fratello Carmelo Canale, tenente dei carabinieri. Il tenente Canale, considerato da Borsellino «mio fratello», nel 1995 viene indagato e dal 1996 è sottoposto a un processo penale (che l’ha visto assolto in primo grado) a suo dire legato all’«assassinio» - così lo definisce lui - del cognato Antonino Lombardo. «Uno sparo in caserma» scava in freddi atti giudiziari e ripropone la controversa vicenda, con un’impostazione che a volte non ne facilita la lettura; peraltro, l’opinione di Canale ne avrebbe chiarito cruciali passaggi. A Daniela Pellicanò, comunque, va il merito di avere riaperto il caso. Luigi Putrino

«A quanti pensano che mio cognato Antonio sia morto suicida, rispondo: Sbagliate. Questo è un assassinio calcolato da tempo, da quelle raffinatissime menti che poco hanno in comune con quanti, in silenzio, combattono la “piovra mafiosa”». Palermo, 6 marzo 1995 Carmelo Canale

«Nei confronti di Lombardo, magari involontariamente ed in buona fede, si sono consumate delle azioni che ne hanno compromessa l’ottima reputazione, con conseguente alterazione di delicati equilibri investigativi, prima, e connessa eliminazione fisica, dopo. Dal modus operandi, che ha caratterizzato l’evento, potremmo parlare di "avvelenamento" per via mediatica». Palermo, 14 dicembre 2006 Luigi Putrino

Antonino Lombardo: nato a Mistretta (ME) il 29 marzo 1946, si arruola nel 1964 per diventare carabiniere. Presta servizio a Salerno, Corleone (PA) e al Comando Legione Carabinieri di Palermo; in questo periodo conosce Fina Canale, che sposerà nel 1973 e dalla quale avrà tre figli: Giuseppe, Fabio e Rossella. Dal 1969 frequenta il corso per sottufficiali e nel 1971 riceve il grado di vice brigadiere. Poi viene destinato a Oppido Mamertina (RC), Sant’Agata di Militello (ME), Castel di Lucio (ME) e Partinico (PA); nel 1980, da maresciallo, assume il comando della Stazione carabinieri di Terrasini (PA), che lascia nel 1995 per passare alla Sezione anticrimine di Palermo (meglio nota come Ros). A ricordare questi momenti salienti sono Fabio Lombardo e Carmelo Canale. Luigi Putrino