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Poesia è politica (3): Il tratto di penna che tracciasti

Le stanze interiori / Tiziana Antonilli. - Roma : Edizioni Progetto Cultura, 2019. - 104 p. - (Il dado e la clessidra). - ISBN 978-88-3356-094-6.

di Alessandra Calanchi - mercoledì 13 marzo 2024 - 384 letture

Nella sua Prefazione a questo libro pieno di sorprese, Giorgio Linguaglossa nota la mancanza di una “visione d’insieme”, di un progetto comune nella poesia italiana, per poi lodare la scelta innovativa di Tiziana Antonilli, riguardante sia la forma sia i contenuti, che la porta a scrivere una poesia di “‘resistenza’ che ha il suo baricentro nella posizione etica più che in quella estetica.” Le stanze di Antonilli sono i frammenti che ci sono stati lasciati in eredità dal Passato, dalla Storia, nella nostra epoca.

Le immagini sono talmente potenti da suonare come piccoli tesori anche quando estratti dalle singole poesie: “un bar in blackout / è l’inutile fatto luogo”; “la Paura brandisce lame / simili a fari”; “tutto in una noce il suo dire”; “Nel mondo sconquassato / le direzioni bivaccano / nella notte del senso”. E così via. Un universo che si spalanca a ogni pagina.

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Copertina di Le stanze interiori, di Tiziana Antonilli

La prima poesia (senza titolo) che ho scelto è questa:

Briciole ha ricevuto
ma intera si era data.
Dall’armatura programmata
per succhiare il massimo
a beneficio proprio
a lei toccò il poco travestito da dono.
Sapeva senza dirlo
raccoglieva e sorrideva
già certa che non bastano lustri
per smaltire il peso
dei frammenti sfuggiti all’avarizia.

Ammetto di averla scelta soprattutto per la sua risonanza con due poesie di Emily Dickinson.

Questa è la prima (254):

La “Speranza” è quella creatura piumata –
che viene a posarsi sull’anima –
Canta melodie senza parole –
e non smette – mai –

E la senti – dolcissima – nel vento –
E dura deve essere la tempesta –
capace di intimidire il piccolo uccello
che ha dato calore a tanti –

Io l’ho sentito nel paese più gelido –
e sui mari più stranieri –
Eppure mai, nemmeno allo stremo,
ho chiesto una briciola – di me.

Questa è la seconda (323):

Come se chiedessi una comune elemosina,
e nella mia mano stupita
uno sconosciuto mettesse un regno,
e io rimanessi senza parole –
come se chiedessi all’Oriente
se abbia un mattino per me –
e lui sollevasse le sue dighe purpuree,
e mi ubriacasse di Aurora!

Si comprende bene da questo confronto che Tiziana Antonilli è in piena sintonia con la sensibilità della più grande poeta americana dell’800 (ritroviamo tanti elementi: il dono, le briciole, la stessa intensità dei versi). Eppure, tutto è cambiato come in un prisma o in un caleidoscopio. Il mondo come lo conosciamo si è ribaltato, i frammenti sono travestiti da interezza, l’avarizia entra di soppiatto nella poesia come un personaggio disturbante eppure reale.

Sapere senza dire. Una lezione di modestia, un nuovo ribaltamento che comprendiamo solo se capovolgiamo la frase: sapere senza dire diventa dire senza sapere – ed ecco che siamo rigettati nel nostro mondo reale, quello dove tanti parlano senza esprimere contenuti, quello dove sono le apparenze che contano, la “simil-vita” che troviamo in un’altra poesia.

La seconda poesia che propongo è dedicata a un vecchio insegnante (“A Fedele T.”):

La pioggia a raffica lo piega
schiaffeggia il vento
nessuno legge il tuo nome
sul manifesto che annuncia
la tua mutazione in pensiero.
Entrano noncuranti i ragazzi a scuola
le ragazze ridono con le ciocche bagnate
vengono da un altro pianeta
non sei stati tu a nutrirli.

Neanche il tempo per raccontarti.

Non sanno che il tratto di penna che tracciasti
per noi si è fatto strada.
Dritta.

Questa poesia parla di un TU e di un NOI: TU è il Maestro, un Professore, una Guida. La sua penna ha tracciato la strada di una generazione, di più generazioni (NOI). Si sente tutta la gratitudine per questa persona che è trapassata da una condizione all’altra, dalla vita alla morte, o meglio – “la sua mutazione in pensiero”. Che bella questa immagine della vita che invece di sparire si tramuta in pensiero! Perché in effetti non solo si continua a vivere nel pensiero di chi ci ha amati, ma il nostro pensiero può continuare a “nutrire” l’immaginazione dei viventi.

Non c’è il tempo del racconto, la pioggia e il vento scardinano il manifesto funebre e i giovani descritti come alieni (come venissero da un altro pianeta) ignorano perfino il suo nome.

Un atto d’amore, di riconoscenza, ma anche una dichiarazione politica:

Non sanno che il tratto di penna che tracciasti
per noi si è fatto strada.


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