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Poesia è politica (12): La poesia sta lì e attende qualcuno

Primitivo americano / di Mary Oliver ; trad. Paola Loreto. - Torino : Einaudi, 2023. - XXVI, 190 p. - (Collezione di poesia). - ISBN 978-88-06-25904-4

di Alessandra Calanchi - sabato 18 maggio 2024 - 536 letture

Era tempo che Mary Oliver fosse conosciuta al pubblico italiano, e non poteva essere che una traduttrice come Paola Loreto, studiosa di ecocritica dotata della medesima sensibilità e qualità di scrittura, a trasportarla nella lingua italiana. Questo volume esce negli Struzzi, una collana storica, ed è corredato di una accurata Introduzione (“La sposa della meraviglia: il postumanesimo di Mary Oliver”) e di una Nota sulla traduzione. Raramente un testo è così perfetto sotto tutti i punti di vista.

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Copertina di Primitivo americano, di Mary Oliver, traduzione di Paola Loreto

Dice Oliver in un’intervista: “La poesia sta lì e attende qualcuno per il quale o la quale può essere importante. Ha bisogno della persona giusta per il suo insieme di parole, per quello che sta dicendo. E può cambiare una vita” (p. xvi).

La poesia di Oliver è non solo un fenomeno letterario negli USA: nelle parole di Loreto, il suo contenuto è innovativo “nel ripensare radicalmente, in senso ecologico e postumano, la nostra posizione nel mondo e il nostro rapporto con esso” (p. xviii). Pare una contraddizione questo accostamento fra “primitivo” e “postumano”, ma in realtà sono due facce della stessa medaglia, una medaglia che ha interpretato troppo a lungo un paradigma egemone antropocentrico. Qui i personaggi sono uomini e animali, donne, insetti, corpi capaci di meraviglia e metamorfosi. La poesia “Il gattino” (p. 9) mostra non solo quanto la vita sia “infinitamente inventiva”, ma anche quanto la morte possa entrare nel ciclo stesso della vita e permettere a un nuovo ciclo di ricominciare, così come la poesia n. 7 di Fantasmi (p. 57) svela l’intimità di una nascita animale fatta di amore e tenerezza, tale da farci desiderare un’appartenenza: “in sogno mi sono inginocchiata e gli ho chiesto / di farmi un po’ di spazio”.

L’aspetto onirico occupa uno spazio importante nella poesia di Oliver, e ho scelto la strofa finale di “Megattere” (pp. 117-21) proprio perché parla anche dei sogni:

Senti, qualsiasi cosa stai cercando
di fare della tua vita, niente ti abbaglierà
quanto i sogni del corpo,

il suo spirito che vuole volare mentre le ossa pesanti

scuotono la criniera scura e corrono
indietro nei campi di fuoco splendente
mentre tutto,
perfino la grande balena,
pulsa di canto.

I sogni del corpo, che diventano nel verso dopo quelli dello spirito, che vuole volare, ricordano molto da vicino una poesia di Delmore Schwartz, un altro poeta americano ma di qualche generazione precedente (1913-1966), la cui celebre poesia “L’ingombrante orso che cammina con me” è stata inclusa in America! America! (trad. e cura di Angelo Guida, Ventura 2022), la prima raccolta del poeta apparsa in Italia.

Lì l’orso – goffo, sgraziato, enorme, pesante, affamato – rappresenta la withness of the body, quel corpo che è facile all’ira, urla nel sonno, è fatto di “ventre e ossa”, ma non ce ne possiamo separare. Qui, invece, è come se facessimo un passo avanti: il corpo non ha più bisogno di una metafora animale per definirsi, la negatività non è vista come animalità (e viceversa), ma esiste solo un unico insieme, corpo-spirito, che deve imparare a volare e a cantare, come fanno le balene, nonostante la loro massa maestosa.

Ogni verso di questa poeta è politico. La priorità dell’ambiente, il rapporto fra le nozioni di umano e di naturale, l’appartenenza condivisa nella vita multiforme che abita il pianeta, e anche l’inclusività (vedasi “Il gattino nero”, “White Flowers”) formano un progetto che si può sintetizzare in queste parole: “Io non parlo del vento, della quercia, e della foglia sulla quercia, ma in loro nome” (p. ix).


Mary Jane Oliver (1935-2019) è una degli ecopoeti più importanti degli Stati Uniti, e far i contemporanei la più venduta. Nata in Ohio, inizia a scrivere poesie durante l’adolescenza. Frequenta due università senza laurearsi e finisce per insegnare creative writing. Questa è la sua prima raccolta a uscire in Italia, ma è la sua quinta e quella che le è valso il premio Pulitzer. I suoi volumi riguardano la natura (wildness e wilderness), pur distaccandosi dalla tradizione della poesia pastorale o da quella romantica: nei suoi versi non celebra la sintonia fra umanità e natura, ma vuole riprodurre la freschezza della percezione e riformulare la nostra nozione di superiorità.

Paola Loreto è docente di Letteratura angloamericana all’Università degli Studi di Milano. Come studiosa, è autrice di tre monografie sulla poesia di Emily Dickinson, Robert Frost e Derek Walcott, e di numerosi articoli sulle letterature del Nord-America e dei Caraibi.



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