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La rivoluzione

L’altra rivoluzione : Rappresentazioni e rifrazioni della Guerra d’Indipendenza nella letteratura americana della Early Republic / Nicola Paladin. - Padova : Linea Edizioni, 2022. - 258 p. : br. - (Linea saggistica). - ISBN 978-88-3149-980-4.

di Alessandra Calanchi - domenica 11 giugno 2023 - 684 letture

“Rivoluzione” è un termine che appartiene a molti settori: astronomia, geometria, sociologia, economia, storia, scienze politiche…. Qualche anno fa fu creato in una città del centro Italia l’assessorato alla Rivoluzione e c’era il progetto di organizzare una serie di film sul tema – furono chiamati alcuni registi e studiosi, fra cui un mio amico, che espose le sue idee e alla fine si sentì dire: sì, ma deve anche far ridere.

Non so come andò a finire la storia ma so che la rivoluzione non fa ridere. È una cosa seria: in ambito storico-politico, la rivoluzione si basa sull’idea(le) che si possa sovvertire un ordine sociale preesistente (ritenuto tirannico, lesivo della libertà e dei diritti) e sostituirlo con un ordine migliore basato su un diverso progetto di società.

Secondo Paolo Prodi, è proprio la spinta rivoluzionaria ad aver “caratterizzato l’Europa e l’Occidente negli ultimi secoli, ed è il venir meno di questa capacità rivoluzionaria che origina il declino del Vecchio Continente” (cit. da Giampiero Magnani in Politica.eu 2019 ). Restano le crisi, le guerre, le invasioni, ma la rivoluzione sembra aver perso la sua carica politica e rimane nelle espressioni che raccontano la nostra storia: rivoluzione gregoriana, copernicana, sessuale, tecnologica, ecc.

Il libro di cui voglio parlare, scritto dal giovane studioso Nicola Paladin, si intitola L’altra rivoluzione e propone una lettura in chiave innovativa della rivoluzione americana, una rivoluzione che porta anche il nome di “guerra” d’indipendenza. I fatti sono noti: tutto parte con la Dichiarazione d’Indipendenza, il cui incipit oggi suonerebbe vagamente marxista, se non fosse che (ovviamente: siamo nel 1776) non include donne, neri, nativi e comunità LGBTQ+. La Dichiarazione considera comunque legittimo ribellarsi al tiranno e instaurare una nuova forma sociale, ma non solo: è il primo documento “moderno” che ha a cuore l’aspetto mediatico, rappresentativo, della faccenda. I padri fondatori si rivolgono a una readership globale, non limitata al gruppetto di colonie in questione: “un opportuno rispetto delle opinioni dell’umanità richiede che quel popolo dichiari le cause che lo costringono alla separazione”. Rispetto delle opinioni altrui e necessità di spiegare sono elementi fondamentali, ancor prima dell’elenco delle ragioni e degli obiettivi.

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Copertina de L’altra rivoluzione, di Nicola Paladin

Ma come oggi sappiamo bene, c’è un profondo divario tra i fatti e il racconto dei fatti. Le narrazioni diventano spesso qualcosa di autonomo e questo secondo Paladin è successo anche con la rivoluzione americana. Nel suo libro, uno studio molto approfondito, rivelatore di uno sguardo ampio e sostenuto da una consistente bibliografia, l’autore non si limita a esporre fatti e manipolazioni, ma problematizza il solco fra l’immagine creata dalla retorica unitaria del nation building e le molte storie, meno note ma molto intriganti, che compongono un quadro più contradditorio e frammentato.

Nel far ciò, Paladin cita i grandi testi politici, come Common Sense di Thomas Paine, e letterari, come Rip van Winkle di Washington Irving o The Spy di Fenimore Cooper, finalmente esaminati insieme, sotto la lente di uno studioso che non lascia nulla da parte, e che anzi porta il discorso avanti nel tempo fino all’assalto a Capitol Hill. Come scrive Paladin nelle pagine conclusive, “definire la Rivoluzione americana come ‘fiction’ non significa classificarla in quanto torsione della realtà storica, bensì riconoscere che il significato da essa acquisito deriva tanto dall’esperienza fattuale quanto dalle sue numerose raffigurazioni e riformulazioni testuali” (235). In altre parole, come disse una volta durante un convegno il compianto Paolo Fabbri, “la realtà non esiste se non viene raccontata”.

Questo si applica anche alle Rivoluzioni. L’ “altra” rivoluzione è qui quella che viene raccontata, rappresentata, tramandata fuori dal modello prevalente della narrazione ufficiale. Cioè, una narrazione che diventa plurale, dinamica, creativa. Non confondiamola col revisionismo, con la censura con la sanificazione retroattiva. Al contrario, Paladin dà forza ai racconti, alle storie, alle rappresentazioni come valido strumento d’indagine, con buona pace di chi crede ancora nei “muri” dei confini disciplinari.


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