La pace, la guerra e le vacanze estive

Col passare del tempo in tutti è cresciuta la confidenza con l’ambiente e ora c’è un gran confusione, per ammazzarlo - il tempo - tutti fumano e bevono, c’è un angolo cucina e qualcuno non fa altro che cucinare facendo piangere piene lacrime di condensa a pareti e vetri. Fuori continua a far freddo, la pioggia si alterna alla neve e non c’è altro.

di Antonio Cavallaro - mercoledì 3 novembre 2004 - 6309 letture

Il vento ci ha portato via da Leon, ha stretto la nostra mano, ha stretto le nostre gambe e poi ha cominciato a correre, ci ha tirato e sospinto con le sue folate sopra le terre del Paramo leonense. Ha reclamato il suo posto tra gli elementi della natura, come hanno fatto gli altri, la stessa forza, la stessa prepotenza. Abbiamo scorto le cime più alte dei Montes de Leon, e lì che il vento ha portato tutte le nuvole che erano in cielo, qualcosa nell’aria preannunciava la Galizia e il vento portava al naso l’odore di terra bagnata. Accadono cose strane da queste parti. Attraversando un piccolissimo paesino chiamato Villares de Orbigo, non c’era una sola persona per le strade e non pareva essercene neanche dentro le case, neanche un cane ad abbaiarci da dietro un muro, un silenzio irreale, c’erano solo due pesci rossi in una fuente. Ero con Alessandro, giunti in piazza una macchina ci è venuta contro velocemente, ha frenato all’ultimo istante, bruscamente. Dal finestrino è sbucata fuori una mano che ci ha porto due guide turistiche del paese, poi la macchina è ripartita sgommando. Se non ci fosse stato nessuno al volante avrebbe avuto più senso.

Via via che ci siamo avvicinati ai Montes de Leon, il vento ha rilasciato qualche nuvola e la pioggia si è sommata al vento cominciando a cadere. Copiosa, ha continuato a caderci addosso fitta, ad Astorga ho passato molto tempo ad osservarla cadere contro il palazzo di Gaudì. Avvolti nel grigio il palazzo Gaudì, le chiese, il palazzo del Comune, le case, i giardini sembrano aggiunti, messi lì ad uno a uno per ottenere effetto, a risaltare, come se facessero parte di un enorme parco giochi.

Oggi siamo giunti su quei monti, siamo a Rabanal del Camino. Fa freddo. E’ quasi sera, non so che ore siano d’altronde non so neanche che giorno sia. Sono seduto ad un tavolo, nella cucina di un albergue a Rabanal. Al tavolo con me ci sono persone di almeno otto nazionalità, capisco poco di tutto e niente di molto, indifferente scrivo i miei appunti, non lo faccio mai accanto ad altra gente, ma qui, nessuno potrebbe comprendere quello che scrivo. Siamo arrivati nel primissimo pomeriggio, a Rabanal ci sono diversi albergues, ma si dice che il luogo più bello dove dormire in paese sia il "Gaucelmo", rifugio gestito dalla confraternita inglese di San Giacomo. Qui è successa una cosa strana e ridicola. Il rifugio era ancora chiuso quando siamo arrivati, come altri abbiamo lasciato gli zaini davanti alla porta ed abbiamo atteso. Man Mano che il tempo passava sono arrivati altri pellegrini, che infischiandosene degli zaini si sono messi davanti alla porta. Per lo più erano tedeschi, britannici e qualche brasiliano. Ad un certo punto si è affacciato qualcuno della confraternita, ha dato un’occhiata a quella che era diventata una folla e ha detto: "ci sono solo 40 posti!", poi è rientrato. La folla ha cominciato a rumoreggiare, c’era gente che era arrivata almeno due ore prima degli altri e adesso si trovava dietro, separata dalla porta da almeno una cinquantina di persone. Nessuno, di quelli arrivati per ultimi faceva trasparire l’intenzione di spostarsi, nemmeno per finta. Il vociferare sottolineava un disappunto crescente, fino a quando un uomo anziano spagnolo, si è fatto largo fra tutta quella gente, ha preso il suo zaino e uscendo dalla folla si è voltato, e descrivendo nell’aria un semicerchio col suo indice levato, gli ha detto in una maniera comprensibile per tutti che erano un pugno di pezzenti e li ha mandati affanculo! Noi tre lo abbiamo seguito e dopo noi altri, ci siamo fatti largo nella folla spingendo, recuperando gli zaini, abbiamo fatto pesare il nostro gesto con un’espressione del volto grave, ma dentro eravamo divertiti per quello che era accaduto col vecchio e tutta quella gente che muta, manteneva ancora quell’irritante espressione di cane bastonato ma pronto a leccarti la mano - da allora quel "vecchietto" lo abbiamo incrociato altre volte, ci ha detto di avere 74 anni e di essere al Cammino per il suo medico e il suo cuore. Nessuno si è mai preso la briga di chiedergli come si chiamasse, forse perché a noi stava bene chiamarlo "l’eroe".

Abbiamo tentennato prima di decidere di fermarci, siamo arrivati troppo presto qui. A tormentarci c’era qualcosa che stava in mezzo fra il non voler perder tempo e la confortante idea di fare meno strada domani. Abbiamo anche cercato di telefonare all’albergue di Foncebadon, il successivo paese, per sapere se c’erano posti vuoti ma la distanza sposata a l’incertezza del gestore non ci ha aiutato. Poi si è anche messo a nevicare, ma questo non ha riguardato solo noi, ha depresso tutti quanti. Erano molti anni che non vedevo la neve cadere, ma non vuol dire niente, in tutta la mia vita avrò visto la neve cadere non più di sette/otto volte, una volta è successo anche a Catania, non credevo ai miei occhi quando vidi il primo fiocco di neve, correvo per casa e gridavo felice di essermene accorto per primo, una scoperta tutta mia. Poi tutto si è coperto un po’ di bianco. E’ nevicato ancora nel corso degli anni, ma non era neve, era cenere vulcanica e la città si copriva di nero.

Meglio fermarci! E’ tutto inutile. A fare il Cammino adesso sono gli elementi della natura, noi possiamo solo aspettare, e solo questo, niente che ormai abbia a che fare con la volontà. Aspettiamo che ci venga concesso qualcosa. Quassù con queste condizioni climatiche, la parola "possibilità", ha un solo significato, e spesso viene accompagnata da un ringraziamento. Tutti quelli che hanno scrutato il cielo prima che il sole tramontasse, hanno scosso la testa, tutti sono preoccupati e ogni discorso seppur in lingue diverse, contiene una stessa parola: speranza. Rimanendo a Rabanal, ci consolava anche l’idea di poter assistere al canto gregoriano dei monaci del monastero di San Salvador, di cui tutti parlano senza aver mai visto nulla e che tutte le guide descrivono come uno spettacolo senza pari. Ma non c’è stata neanche l’occasione di restarne delusi, quando abbiamo chiesto, la prima cosa che ci hanno detto gli abitanti del paese sorridendo e che ormai da anni, di monaci ne è rimasto uno solo. Con un barista ho voluto fare lo spiritoso, e quando mi ha ribadito che è rimasto solo un monaco, ho fatto una battuta e mi sono impegnato pure a spiegargliela e cioè: che in mono il gregoriano non deve essere sto gran spettacolo. Lui si è dimostrato più spiritoso di me dicendomi che in questo periodo, il monaco ha pure il mal di gola e alzando un dito verso l’alto ha detto: "la neve!" e ha riso solo lui.

Sono tutti spiritosi qui a Rabanal. Gli hospitaleri sono i più spiritosi di tutti, la donna in particolare. Appena le spiego dove si trova Catania posa la penna con cui mi ha appena registrato e di scatto mi indica col dito e fa: "Siciliano mafioso… sette euro!" E ride. "Italiani tutti bravi, tutti cattivi" e continua a ridere. Quando torno da lei per riprendermi i documenti le chiedo senza un motivo preciso, perché impagliate all’ingresso, ci sono appese al muro delle teste di capre, lei mi risponde che "ognuno ammazza quello che può" e ride ancora. Dopo che ho sistemato la mia roba, vado al bar a prendere qualcosa che possa scaldarmi, appena mi vede mi saluta con "ciao italiano mafioso", per fortuna non ride più. Pazientemente le spiego che non è così, sta facendo confusione ed è, attenzione:"italiani brava gente" e "siciliani mafiosi" "e se non hai capito", continuo io, "ti brucio il locale!" Le chiedo un liquore dolce, che più bevo più mi convinco che assomigli al Marsala, voglio vedere la bottiglia, lei me la porge e su l’etichetta c’è scritto Marsalas, accanto il nome di una località. Le spiego che questa è una imitazione, una imitazione di un liquore tipico che si fa in Sicilia, ma lei fa: "no, no, no.. Nostro!" E si riprende la bottiglia, aggiungendo: "4euro"! "4 euro!?!", sbotto io. "Ma è una estorsione, almeno mettiti il passamontagna, scusa non ero io il mafioso…" "No comprendo". "No comprendo…. è la battuta più bella che hai fatto e non ridi"! "No comprendo…".

E adesso mi ritrovo qui, a tavola, insieme a tutti gli altri ospiti dell’albergue siamo stipati in questa stanza, la scarsa disponibilità del "Gaucelmo" ha riempito questo rifugio per la sola gioia dei gestori, che sotto la neve tirano fuori dal ripostiglio una brandina dietro l’altra. La carta d’identità del pellegrino potrebbe essere scritta qui dentro: spagnoli, giapponesi, francesi, inglesi, italiani, tedeschi, venezuelani, peruviani, uomini, donne, anziani, adulti e ragazzi. Ho ritrovato molte vecchie conoscenze: Sophie, Polly, la signora olandese che non incontravo da Burgos, Jose e altri con cui non ci incrociamo senza mai dirci una parola. Col passare del tempo in tutti è cresciuta la confidenza con l’ambiente e ora c’è un gran confusione, per ammazzarlo - il tempo - tutti fumano e bevono, c’è un angolo cucina e qualcuno non fa altro che cucinare facendo piangere piene lacrime di condensa a pareti e vetri. Fuori continua a far freddo, la pioggia si alterna alla neve e non c’è altro. Io aspetto, da circa tre ore sono pronto per andare a dormire. La coppia olandese che mi siede di fronte, prima mi ha parlato della politica italiana, di quanto gli erano piaciuti Piazza Armerina e le catacombe di Palermo nonché del pietoso stato in cui versano, ma la signora ha tenuto ad aprire una parentesi chiedendomi cosa stessi bevendo, le ho fatto assaggiare il mio Marsalas confidandole che a parer mio è una sfacciata imitazione del Marsala, lei non ha potuto darmi ragione ma riassaggiandolo mi ha detto che ricordava di aver bevuto ottimi vini in Sicilia. Entrambi mi hanno detto che sono molto dispiaciuti di non aver potuto alloggiare al "El Gaucelmo", ma la signora ha chiosato con un "non è importante"! Il discorso si è poi spostato sull’ Iraq, Berlusconi Bush Saddam Hussein, la pace la guerra e le vacanze estive. Deve esserci stato qualcosa che non ho ben capito, che deve aver fatto venire sete alla signora, perché mi ha chiesto ancora il Marsalas. Ora da circa dieci minuti, si sono messi a parlare con una coppia di spagnoli alla loro destra, poco fa la signora ha chiesto a l’uomo cosa stesse bevendo. Da qualche parte qualcuno propone un brindisi, tutti leviamo i bicchieri al cielo, anche senza guardare.


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