La lotta alla pandemia

La lotta alla pandemia, in Italia - come in altre parti del mondo – non è stata esente da errori. Il ritardo nella capacità di intervento è stato lo sbaglio, costato più caro.

di Massimo Stefano Russo - domenica 31 gennaio 2021 - 1732 letture

La lotta alla pandemia, in Italia - come in altre parti del mondo – non è stata esente da errori. Il ritardo nella capacità di intervento è stato (ed è) lo sbaglio, costato più caro. Il potere, che ha il comando, guidati dal pensiero logico-razionale e scientifico, deve saper essere responsabile lungimirante e previdente, per evitare danni ulteriori. Capaci di raccogliere e analizzare i dati, la potenza del calcolo matematico sviluppa, modella e simula i risultati, con reali margini di certezza, rispetto all’evoluzione del fenomeno.

Bisogna intervenire in tempo, perché se si tarda i costi saranno cari per tutti e ricadranno sul domani con scelte più drastiche e inevitabili. Il ragionamento solo in termini di costi-benefici e privilegiare il versante e l’interesse economico comporta il rischio della catastrofe. Nella prima ondata, prima di decidere e varare misure efficaci, il governo ha tergiversato a lungo.

Il ritardo, costato decine di migliaia di morti, ha portato alla seconda ondata. Un destino ineluttabile, frutto di fatalismo, se non ingenuità. In quale contesto sono maturate le scelte e la strategia per contrastare il virus?

La realtà va studiata e conosciuta per far accettare le scelte e approntare misure emergenziali. Nel caso italiano poco e niente era stato predisposto nei settori cruciali, dai dispositivi di protezione individuale, al distanziamento sui mezzi pubblici e nei luoghi pubblici o aperti al pubblico. Soltanto nella tarda primavera (maggio/giugno), l’Oms e le autorità sanitarie si espressero sull’utilità necessaria di tamponi e mascherine. Il DPCM dell’8 marzo impose una prima stretta, ma solo il 22 marzo il vero primo lockdown nazionale, scattato il 9 marzo, diventava totale, (a un mese dall’esplosione della pandemia) proibendo gli spostamenti fra comuni. I provvedimenti si sono ispirati alle indicazioni dell’Imperial College di Londra: con lockdown alternati a fasi di allentamento (lockdown stop and go). Prima la riapertura del 4 maggio, ma per concedere solo il 3 giugno di uscire dalla propria regione.

Altre alternative, come ricercare i casi e tracciarli avvalendosi delle nuove tecnologie si sono ignorate. (Australia e Nuova Zelanda hanno ricorso a un lockdown particolarmente severo, con compensi generosi e misure di assistenza domiciliare.) Aver scoraggiato inizialmente l’uso delle mascherine, senza effettuare tamponi sugli asintomatici, ha inciso sulla diffusione del virus. Evitare e gestire il contagio è difficile. Le scelte avvengono sempre in contesti molto ampi, ma perché lasciare le frontiere aperte e la libera circolazione? Come convincere la gente a stare a casa?

pandemia

È difficile leggere i dati dell’epidemia e ancor di più far accettare misure impopolari se la gente non ne vede la necessità, ma la mobilità internazionale e insensata è incompatibile con la pandemia. In più di un salotto (v. Vespa) si è continuato a stigmatizzare le paure del pubblico. Qual è il senso di attestarsi sulla rassicurazione e l’attesa? Il passaggio dal terrore alla rassicurazione ha allentato le misure, in particolare d’estate, lasciando alle discoteche la facoltà di riaprire. Così per favorire il turismo inizialmente si è contenuto il numero dei tamponi, tardivamente poi concesso alle Regioni. I giovani adulti di ritorno dalle vacanze, spesso positivi asintomatici, hanno raddoppiato il rischio di contagio. Il consumo, il divertimento, la socialità sono diritti assoluti e inalienabili, ma la minaccia pandemica necessita di controlli severi sugli assembramenti, la movida e i viaggi. Il governo nazionale e le autorità locali hanno fatto rispettare le regole sulla movida, gli assembramenti e i mezzi di trasporto? Una serie di annunci ha portato a “zonizzare” l’Italia e al secondo lockdown. L’Italia nelle due settimane prima di Natale ritornava quasi tutta “gialla” e tra l’indifferenza ai bollettini sanitari e l’insofferenza ai richiami delle autorità sanitarie abbiamo visto invadere le strade, i negozi, i supermercati e i ristoranti. Refrattari alle regole, convinti di non correre rischio alcuno e non farne correre.

Quando i meteorologi segnalano e annunciano il possibile futuro rischio di valanghe c’è sempre un numero significativo di gente che si precipita a sciare, data l’impossibilità di farlo dopo, inconsapevoli che proprio l’alto numero di sciatori sarà una causa della valanga annunciata. Minacciati dal pericolo futuro preferiamo agire immediatamente, in modo smodato, eccessivo, parossistico. Accentuiamo quello che amiamo fare e dimentichiamo ogni senso della misura. La sorte è sfidata per rivalsa e disperazione e si accumula in dispensa quello che si suppone ci mancherà.

Adottare le misure giuste è cruciale e spetta al governo farle rispettare, con controlli severi. È la solerzia più della severità delle sanzioni pecuniarie che porta a rispettare la legge, e obbedire alle norme. Le cose vanno male con i lockdown tardivi, un numero di tamponi inadeguato e ancor più se manca il tracciamento, con indicazioni errate sulle mascherine e i divieti sono annunciati, ma rapidamente dimenticati. Le difese vanno rafforzate a partire dal distanziamento sui mezzi di trasporto. Le mascherine e il tracciamento elettronico dei casi sono fondamentali e indispensabili per difendere e tutelare sia la salute che l’economia. La classe dirigente è sempre per il consenso a breve termine, nascondendo le cose che vanno male e gli errori per giustificare le proprie scelte.

Il virus, assente il contrasto e la sanzione degli assembramenti, si diffonde. Per rendere il rischio percepibile Angela Merkel in Europa ha invitato alla prudenza e sottolineato il risultato precario raggiunto.

Perché per il governo, se la curva epidemica non conforta e il virus circola intensamente con i trasporti affollati, sembra possibile riaprire quasi tutto, tranne la scuola?

In attesa della vaccinazione - quanto più ampia possibile - cinque problemi strutturali e fondamentali vanno risolti: i tamponi, il tracciamento, le terapie intensive, la medicina territoriale e i trasporti. L’immobilismo ferma l’economia, ma i lockdown si evitano con il rispetto rigoroso di regole e restrizioni, ed è necessario in primo luogo tutelare la vita umana, semplice e nuda.


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