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Escribir el hueco

Escribir el hueco. Scrivere la forma. Il progetto poetico di Miguel Angel Cuevas

di Maria Gabriella Canfarelli - martedì 20 novembre 2012 - 5652 letture

Escribir el hueco. Scrivere la forma. Il progetto poetico di Miguel Angel Cuevas

Ciò che nei 47 frammenti (I Quaderni di Altavoz, Caltagirone, 2005) era discorso avviato da una luminosa stesura che dominava l’ombra con la precisa elencazione della parola-luce, in cui l’azzardo luminoso della presenza era conclamata e iterata visione interna – la memoria che vede - seppure nel “ continuo differimento tra parola e silenzio che una testalità pietrosa e nitida ricompone” ( così Maria Attanasio, in postfazione), nel transito e approdo al corpo amato in cerca di risposta, di un corrispondersi per orme, frammmenti, tracce di strenui passaggi attraverso la mutevole forma dell’acqua, in Escribir el hueco.

Scrivere l’incàvo (Il Girasole Edizioni, 2011), adesso è tattile calco materico, cavità del nome. Miguel Angel Cuevas ne osserva i contorni netti, vi si addentra, esplora la concavità in cui la forma è o era contenuta, ciò che resta ‘in assenza’ se estratta, tagliata, ritagliata, rimossa la forma, staccata dallo stampo, rimane lo spazio che soltanto l’aria può colmare, e la pietà dell’uomo, e del poeta la necessità di parola.

Scritto in lingua spagnola con versione italiana dell’A. a fronte, il volumetto reca in sottotitolo “Studio per Jorge Oteiza”, scultore, architetto e poeta basco in omaggio del quale Cuevas, insieme all’artista Massimo Casagrande, promuove da tempo il progetto espositivo In(Càvo). Un progetto estetico che è anche progetto poetico: eco dell’opera scultorea sono, infatti, i versi di Cuevas, emersi da luoghi spogli, spiazzanti per la loro icastica densità/fragilità materica in forma di frammenti, lacerti lessicali che esprimono la necessità di chiamare, ri-chiamare, evocare, convocare la pura materia minerale, il legno rigato, l’anfratto, la fessura, l’ interstizio, la fossa da cui Esumare,/ umanare i/ morti perché non affondi versata nel suo buco (…)/la parola/non iscritta non/ pronunciata.

Dunque, riempire lo spazio; circoscrivere il silenzio e il vuoto, nominare, continuamente sradicare e innestare, a squarcio, a taglio rimodellare e anche se Imbavagliato/ spossessare/ quel silenzio con la parola autentica, la sola utile a snidare dalla latebra/del senso, dal nascondiglio, la profondità in cui l’esperienza vitale è dormiente ovvero tace; e infine inoltrarsi molto più in là dalla soglia, oltre il bordo del calco, andare oltre, rischiare pur di giungere all’essenza: più addentro/fino alla confusione/o la cecità.// (Luce che si disgiunge/dalla pietra.)


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