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Barcone che vieni, perché arriverai?

Una riflessione sull’informazione e sulla disinformazione di oggi. Perché prima di farsi un’opinione è necessario porsi delle domande.

di Serena Maiorana - martedì 29 agosto 2006 - 4459 letture

L’altra sera mia nonna mi ha posto una domanda. Eravamo a cena e guardavamo il tg che parlava dei continui sbarchi di clandestini a Lampedusa, ed ecco che lei mi fa: “ma questi qua che ci vengono a fare? Perché non restano a casa loro? Cos’è che cercano? Cosa vogliono?”.

La mia prima reazione è stata di incredulità: come possono non risultare evidenti le motivazioni? Poi all’incredulità si è aggiunta la rabbia: la domanda mi era parsa ostile, e di essere ostile nei confronti di uomini disperati non mi sembra proprio il caso.

In entrambi i casi però mi sbagliavo. La ragione di quella domanda non era l’ostilità di mia nonna, né tanto meno la sua disinformazione. La vera ragione era molto più semplice e, probabilmente, anche più angosciante.

Semplicemente nessuno aveva mai spiegato a mia nonna le ragioni dell’attuale migrazione clandestina dal sud al nord del mondo. Ora: non so quali siano le condizioni delle vostre nonne, ma per la mia questo non era affatto normale. Mia nonna è una che legge, si informa e guarda moltissima tv, compresi i tg e i programmi di approfondimento. Eppure quell’informazione a mia nonna mancava per il semplice fatto che nessuno gliela aveva data...

Per giorni e giorni tutti siamo stati assillati e sommersi da immagini di barconi carichi di disperati. Abbiamo potuto seguire quasi in diretta molti degli sbarchi, e abbiamo sofferto seguendo sui media le ricerche delle molte vittime dei naufragi.

La questione degli sbarchi di clandestini è stata la notizia del momento, e l’interessamento da parte dei media è stato martellante, strabordante, a tratti totale.

Eppure nessuno ce ne ha voluto spiegare il perché. Ed ecco che si pone un’altra domanda: a cosa giova parlare tanto di qualcosa senza chiarirne le cause? Probabilmente a nulla.

O forse serve ad aizzare gli animi contro questo e quello, a creare nella massa sentimenti ed opinioni infondate, a dar l’impressione di informare tanto quando invece non si informa affatto. Così che quegli stessi disperati possano essere chiusi in improbabili “centri di accoglienza” o rimpatriati all’istante nell’inferno da cui provengono senza che nessuno abbia il tempo di chiarirsi le idee.

Così quest’ossessione del modello reality, la voglia, quasi la foga, di essere dentro il fatto, ha distrutto l’informazione in senso stretto. Perché c’eravamo tutti a new Orleans nella furia dell’uragano Katrina, c’eravamo con Erica e Omar nel villino De Nardo ed eravamo anche insieme ai mille e mille disperati che solcano il Mediterraneo in cerca di una vita che sia decente.

Eccola l’informazione che deforma, perché offre un posto in prima fila ma non una prospettiva, uccidendo l’approfondimento e il ragionamento. Così tutti possono farsi un’opinione su tutto anche se in pochi intanto hanno chiaro in testa di cosa stanno parlando. Perché ciò che conta alla fine è continuare sempre a porsi delle domande. Ecco perché aveva ragione mia nonna.


- Ci sono 4 contributi al forum. - Policy sui Forum -
la nonna ha ragione
1 settembre 2006

Parliamoci francamente: il 90 per cento dei clandestini che arrivano in Italia non fuggono dall’inferno, vivono in una dignitosa povertà in mezzo alla loro gente. Molto spesso quando arrivano in Italia passano dalla loro iniziale condizione di povertà dignitosa alla miseria ed all’emarginazione piu totale. Sua nonna ha ragione: perchè questa gente viene qui, cosa vogliono, cosa cercano??? La domanda, a parer mio, è molto più profonda e la risposta non sta nei mezzi di informazione.
perché si respira?
4 settembre 2006, di : Ornella Guidi

Risposta: per vivere

Perché si affronta il pericolo reale di morire per venire in Europa? (l’Italia è il paese geograficamente più abbordabile)

Risposta: per migliorare la propria condizione di poveri, poveri di una povertà assoluta.. dignitosa..accettabile..non accettabile...non siamo noi che dobbiamo definire i termini di quella povertà ma chi la vive.

La domanda di sua nonna mi sembra solo dettata da una reazione emotiva, dal momento che è una persona attiva mentalmente è sicuramente consapevole della risposta. Una reazione emotiva dunque "camuffata" attraverso un’apparente "ignoranza" per difendersi dalla sensazione di angoscia che si prova a vedere queste stragi di barconi.

In sostanza una reazione di difesa, perché devo stare male a vedere voi che morite o i vostri bambini morti o vivi buttati in mare, a vedere voi che nemmeno conosco.

La nonna è una persona sensibile che sente il peso dell’angoscia davanti a certe situazioni e immagini, la nipote "rifiuta" di vedere la nonna sofferente, angosciata e preferisce dare la colpa ai mezzi dell’informazione...perché la sofferenza degli altri, fortunatamente, ci fa ancora soffrire.

    io credo
    4 settembre 2006

    io credo che sia una migrazione irrazionale. Personalmente non ho mai visto un magrebino arricchirsi in Italia, in compenso ho visto molti magrebini dormire per strada e cercare il cibo nell’immondizia, oppure spacciare, delinquere, in prigione etc... L’Europa di oggi non è l’America, un immigrato magrebino (o simili) rimarrà sempre un magrebino , l’integrazione è un miraggio ormai neppure preso in seria considerazione, ogni concetto di multiculturalità è fallita (vedi l’Olanda), i problemi sociali e di intolleranza si moltiplicano. Davvero : cosa ci viene a fare questa gente in Italia? Ossia: siete sicuri che sia piu felice un magrabino che dorme sotto un ponte di Milano oppure il suo concittadino che ha deciso di continuare ad allevare dromedari in marocco ? L’Europa non è il paradiso, la loro migrazione è irrazionale e non tiene conto dell’impossibilità di una integrazione con noi europei, nè delle pietose condizioni di vita cui la stragrande maggioranza dei clandestini sostiene in quella che era la loro terra promessa. L’Europa di oggi è un miraggio, una follia collettiva, e va fermata.
Chi la fa, l’aspetti
5 settembre 2006, di : Ornella Guidi

Chi andava in America il più delle volte tagliava i ponti con il passato, questo non accade ad esempio nel caso dei senegalesi, in genere loro vorrebbero ritornare a casa .

Il problema nasce dal fatto che con due tre euro al giorno di guadagno, loro riescono a mantenere una famiglia di dieci persone, con circa tre milioni delle vecchie lire riescono a costruirsi una casa decente.

Non arrivano in Italia per rimanere ma per guadagnare, naturalmente parlo di quelli bene intenzionati, i delinquenti sono uguali a tutte le latitudini.

Ci sono stati progetti di reinserimento di senegalesi nel loro paese dopo l’aver appreso diverse competenze, sono stati aperti in Senegal dei laboratori di falegnameria etc. attraverso l’impegno di organi amministrativi provinciali italiani con grande soddisfazione di entrambi i partners, italiani e senegalesi, che hanno preso parte al progetto.

D’altra parte cerchiamo di essere onesti, gli occidentali hanno colonizzato l’Africa senza che nessuno li chiamasse, anche loro potevano dirci "state a casa vostra, perché venite qui?"

Gli abbiamo rubato tutto quello che potevamo senza aiutarli a sostenere uno sviluppo ragionevole ed ora che si sono stufati di patire a noi non ci va più bene.

Se gli occidentali avessero creato delle condizioni favorevoli, sociali ed economiche in quei paesi oggi non ci sarebbero questi flussi forse irrazionali ma logici per coloro che li muovono per necessità vitali, e talvolta per una vitale necessità di conoscere il mondo, di muoversi.

D’altra parte c’è un interesse enorme alla base di questi flussi, ogni imbarcato paga duemila euro e passa che verranno restituiti con enormi interessi alle organizzazioni mafiose che lucrano largamente nel "gestire" questi nuovi schiavi moderni.

Barcone che vieni, perché arriverai?
11 dicembre 2007, di : Antonio Carollo

Ohibò, di che si parla?, a noi interessano solo i problemi della comunicazione. Che c’entrano questi immigranti! Avete capito? o no. A.C.