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Amore liquido

Per “Campi magnetici” la mostra fotografica di Vincenzo Drago - "Amore liquido" - con i versi di Alessandro Di Prima.

di Maria Gabriella Canfarelli - mercoledì 22 giugno 2005 - 6511 letture

Per “Campi magnetici” la mostra di Vincenzo Drago con i versi di Alessandro Di Prima.

Prosegue a Sant’Agata Li Battiati, promosso dall’Amministrazione comunale, il Progetto “Campi Magnetici” che per la sezione “Visioni” ha ospitato presso la Biblioteca, dal 7 al 9 giugno, la mostra fotografica “Amore liquido”, personale dell’artista catanese Vincenzo Drago che vive e lavora a Roma, espone in Italia e all’estero e ha fondato, in collaborazione con altri fotografi italiani, francesi e inglesi il movimento artistico Massa Grigia.

Con “Amore liquido” l’artista concettualizza in scatti, inquadrature talvolta nette, altre sfocate, labili e tremanti di paesaggi, cose e uomini (di questi ultimi, i gesti come raggelati o sospesi, lo sguardo fuori campo che si indovina sulla tazzina di caffé, isolata, perfetta forma d’oggetto usuale al rito della pausa che scandisce il quotidiano) la mutevolezza delle relazioni umane, frammenti espressi per fotogrammi isolati come grafìe del transito; infatti i tipi umani da cui parte lo sguardo, che diviene occhio fotografico, sono il turista, il perdigiorno, il viaggiatore, l’apolide: ma tutto ciò che la vista errante coglie, un’azione, un gesto, un andare sotto la pioggia o sotto il sole, è eternato al di là dell’attimo che ne ha generato l’attenzione, la curiosità passeggera.

Se l’incertezza può diventare l’habitat comune e indifferenziato dei cittadini “globali”, i sentimenti - l’amore, l’amicizia - non sfuggono al rischio di liquefarsi, sciogliersi da che, sottolinea il poeta Alessandro Di Prima, “l’acqua è la strada, lo scatto / del mondo che accompagna”. La poesia, in questo caso, compagna alle opere esposte, punto di luce e parola con cui sottolineare - oltre una bolla di cristallo che scherma e deforma contorni - afferra il senso d’una spaesata esistenza che pure cerca il punto, inizio d’estensione e differenziazione: “rientro nel cerchio / mi gioco le ore / e il tempo e la vita girando, preparo / la mia prossima uscita”.

Geometrie di bianco e nero, alternanza e delimitazione tra vuoto e pieno, finestre, architetture, squarci, inquadrature, la donna semisvestita che stringe se stessa con le sue proprie braccia, chiare colonne marmoree, il punto talvolta nascosto - a cui tutto converge e da cui tutto si irradia - e quando a volte palese: nella cima d’un traliccio visto dall’interno, dalla base da cui si dipartono rette intersecate, incrociate; nella spalancata e fissa orbita oculare dei pesci affastellati su sfondo nero, la pupilla vitrea, che pure “al campo restituisce una sua luce / sospesa ovunque uguale”, o l’atto battesimale (o benedicente) del pescivendolo che spruzza l’acqua sui pesci quasi a volerli moltiplicare, farli fruttificare, fotografie, queste, tra le più simboliche della mostra.

E se il poeta scrive “ogni parola in sé annegata, / o forma d’acqua che riposa, / conserva una grammatica di ghiaccio”, gli attimi fotografici di Vincenzo Drago, “rispecchiano la vita di ciascuno, la società in cui viviamo: collezioniamo attimi, barlumi di istanti. Anche l’amore si frattura, si spezza facilmente, cambia forma. La mia arte”, dice Drago, “innesta ed è portatrice di questa inquietudine, ma pure è ricerca d’armonia negli accadimenti, negli eventi del mondo”.


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