segnali dalle città invisibili
  Giro90 Movimento
M e g a C h i p : Democrazia nella Comunicazione

di Giulietto Chiesa e tant* altr*

"Che mille gocce diventino un fiume"

Lo stato dell'informazione-comunicazione, in Italia e nel mondo, è altamente
preoccupante. Il pluralismo dell'informazione è più apparente che
sostanziale. E la tendenza è al peggioramento. Ciò che milioni e milioni di
persone ascoltano, leggono -e soprattutto vedono- ogni giorno è definito da
gruppi ristretti, che decidono ciò che il grande pubblico deve sapere e ciò
che non deve sapere. Il cosiddetto "quarto potere" è in gran parte ormai
così strettamente intrecciato al potere politico, e dipendente da forti
interessi privati, detentori e controllori dei media, da aver rinunciato
quasi del tutto a funzioni di controllo e di critica. Mai il nostro paese
era stato così dominato da testate che agiscono come giornali "di partito"
(anche se dichiaratamente e pomposamente autoqualificatisi come
"indipendenti"). La situazione italiana -di totale monopolio televisivo e
di quasi totale monopolio mediatico, ulteriormente entrambi inquinati da un
gigantesco conflitto d'interessi- è un caso limite. Altrove le cose sono
solo leggermente meno gravi. La soverchiante maggioranza dei flussi di
comunicazione (l'informazione in senso stretto è un sottoinsieme della
comunicazione, e non è il principale) è ormai prodotta da un pugno di
colossi mondiali, tra cui spiccano conglomerati impressionanti per
dimensione e potenza come America on line - Time Warner, Vivendi
International, Sky News, Bertellsman ecc.
La società globale, la cosiddetta "società della conoscenza", è
letteralmente nelle mani dei produttori di una gigantesca "fabbrica dei
sogni", che lavora all'istupidimento collettivo e serve -essendone al tempo
stesso figlia e sorella- gl'interessi della globalizzazione americana. Se
c'è un luogo dove questa globalizzazione ha già espresso tutta la sua forza
e virulenza, questo è il campo della comunicazione. È proprio in questo
campo che si istituzionalizzano e si riproducono false conoscenze,
pregiudizi, luoghi comuni e si rafforza la costruzione sociale della realtà
dominante. Costruzione cui non sfuggono gli stessi operatori della
comunicazione che funzionano da ripetitori. Il criterio dominante, anzi
esclusivo, di questi conglomerati è quello del mercato, in cui tutto
(informazione, intrattenimento, ovviamente pubblicità) è parte integrante,
sinergica, del processo di creazione dei bisogni, per una produzione
forzosa, artificiale, di merci. Anche l'informazione, i processi culturali
di massa, l'intrattenimento, sono essenzialmente merci. Come tali sono usati
dai loro proprietari e creatori in funzione delle esigenze del mercato, e
soprattutto dell'organizzazione del dominio. Il sistema mediatico finisce
con l'imporre una definizione della realtà selezionando ciò che è rilevante
o di pubblico interesse, producendo automatismi, indebolendo ogni forma di
riflessività. Attraverso questo processo di definizione e di selezione della
realtà si produce un modo di pensare e di conoscere acritico che si
cristallizza come un vero e proprio sfondo cognitivo. Ma proprio questo modo
di conoscere, "ciò che tutti pensano", è usato poi dai media come fonte di
legittimazione per la produzione e la selezione delle notizie.
L'informazione diviene così tautologica, riproducendo la realtà sociale che
ha contribuito a creare. Basti pensare all'informazione sulle guerre in atto
che, attraverso la costruzione delle notizie, l'assunzione - sacralizzazione
di stereotipi, riproduce il senso comune sulla inevitabilità e "naturalità"
della guerra. Ne consegue che, per essi, è del tutto indifferente, comunque
secondario, che vi sia un rapporto tra ciò che producono e la realtà. Se
serve -e serve sempre ai proprietari della "fabbrica di sogni"- la realtà
può essere sostanzialmente modificata nel passaggio verso la sua
raffigurazione virtuale, abbellita o incupita non importa, comunque
manipolata, in funzione delle esigenze del mercato e, soprattutto,
dell'organizzazione del dominio.
Estreme e miserabili propaggini italiane di queste logiche sono le
applicazioni operative dell'Infotainment (informazione più intrattenimento)
e delle soft news (notizie leggere): cavalli di Troia introdotti negli spazi
informativi residui con lo scopo di ridurre ulteriormente il loro contenuto,
fino ad annullarlo del tutto. Giornali e televisioni diventano sempre più
auto-referenziali, parlano di sé, tra di loro e con il potere, si riempiono
di pettegolezzi, amplificano le inezie e le pongono al centro dello schermo
(o delle prime pagine), "dimenticando" i problemi della gente, le
contraddizioni della società e del mondo, la cultura, i valori civili. La
disgregazione e la svalutazione della sfera pubblica, ad esempio, viene
rafforzata dai media che tendono a spettacolarizzare sempre più il privato a
scapito del discorso pubblico. Le apparentemente innocue e leggere rubriche
d'intrattenimento rendono sempre più confusi a livello esperenziale e
cognitivo i confini tra pubblico e privato. Responsabilità collettive e
individuali, diritti e doveri vengono annegati in un mare di lacrime e di
false emozioni. Si sostiene che questo è ciò che il pubblico desidera, ed è
in parte vero. Ma si dimentica di dire perché lo vuole e come e da cosa
venga nutrito questo desiderio; si dimentica di dire che il pubblico
desidera e pensa ciò ce è socialmente disponibile; si dimentica di dire che
quello stesso pubblico viene deprivato quotidianamente dai media e
dall'organizzazione sociale di risorse che possano indurlo ad una qualche
riflessività, ad andare oltre il proprio impoverito piccolo io.
Ma consegue da tutto ciò che milioni di persone sono sottoposte
incessantemente a un "rumore di fondo" che viene deciso e creato in luoghi
senza alcuna legittimazione democratica e che influenzano tuttavia la loro
vita in modo radicale . Il grande pubblico non sembra accorgersi che la
comunicazione è sempre più decisiva per determinare non solo il livello
d'informazione di una società, la sua cultura collettiva, ma soprattutto il
suo livello emozionale e perfino il suo livello etico. Pochi capiscono che
la scuola e la famiglia (ma anche l'oratorio e la parrocchia) sono già state
travolte dalla pervasività e dalla potenza dei messaggi comunicativi cui
sono sottoposte le giovani generazioni. La discesa del tasso d'intelligenza
e dei valori morali e civili è scandita dagli editti quotidiani dei vari
"Auditel", divenuti inappellabili giudici del nostro vivere comune, del
nostro modo di consumare, perfino di divertirci. Inappellabili,
insindacabili, perché determinanti nel definire le correnti di milioni di
euro d'investimenti pubblicitari.
Nuoce alla democrazia? Peggio per la democrazia, perché non rientra nei
calcoli aziendali. Nuoce all'educazione civica? Peggio per l'educazione
civica. Nuoce all'equilibrio psichico dei telespettatori? Peggio per loro.
Quasi nessuno si prende cura del fatto che l'homo videns è una variante
antropologica che modifica i termini di tutte le più importanti componenti
della vita sociale, e che non occuparsene è cosa di gran lunga più
irresponsabile di quanto sarebbe il decidere l'abolizione di qualunque
sistema d'istruzione pubblica. La contro-informazione è sempre stata -ed
è- uno strumento importante per aiutare il formarsi e l'estendersi dello
spirito critico, per fornire contenuti diversi da quelli ammanniti dal
sistema mediatico, per incoraggiare la partecipazione democratica alla
formazione dell'opinione pubblica. La contro-informazione è troppo spesso
anche un ghetto, nel quale ci si rinchiude dimenticando che la stragrande
maggioranza dei fruitori di informazione resta tagliata fuori. Una sola
serata di Bruno Vespa annichilisce lo sforzo compiuto da migliaia di
attivisti per emancipare un pubblico necessariamente succube di meccanismi
che non può conoscere (perché nessuno glieli ha mai spiegati). Et pour
cause.
Ed è perfettamente inutile spegnere il televisore, perché questa scelta
individuale contro la stupidità non risolve il problema dell'istupidimento
collettivo, della lobotomizzazione di massa. E' una constatazione: milioni
di persone questa sera, e domani, e sempre, non spegneranno i loro
televisori. Se dunque, come diceva Marshall Mc Luhan, non possiamo
difenderci come un "polipo che lotta contro l'Empire State Building",
diviene indispensabile passare alla carica e -sempre citando Mc Luhan-
"prenderli a calci negli elettrodi". Affrontando il problema in termini
politici, promuovendo un progetto capace di investire il sistema mediatico
nel suo complesso, coinvolgendo l'intero processo della
comunicazione -addetti, strumenti, linguaggi- avviando una "critica pratica"
sistematica, multilaterale, distribuita sul territorio, continua.
Una intenzione diffusa, che nei fatti già esiste, ma, allo stato attuale
disgiunta in 100, mille gocce, ciascuna isolata dalle altre. Gruppi,
circoli, associazioni, soggetti individuali, istituti, sono variamente
impegnati in un prezioso lavoro d'informazione e contro-informazione, ma che
non può -così com'è- sfidare con risultati apprezzabili, l'intero sistema
mediatico. Lo stesso risveglio della sensibilità collettiva, ravvisabile in
quel potente e complesso arco d'esperienze che prende le mosse da Seattle
1999 per dispiegarsi fino ai più recenti fermenti movimentisti della società
civile, è certamente una condizione necessaria ma non sufficiente ad aprire
un varco adeguato nella blindatura dell'informazione. Ci si trova dunque di
fronte ad una singolare congiuntura, nella quale al rinnovato desiderio di
partecipazione ed alla straordinaria convergenza sui contenuti, si
contrappone una decisa restrizione degli spazi democratici
dell'informazione. Su questo terreno, diviene essenziale ampliare la
capacità propositiva, tesaurizzare le molteplici esperienze, garantirne la
visibilità, fino a raggiungere, sensibilizzare, coinvolgere attivamente
coloro i quali del sistema mediatico sono sempre stati considerati semplici,
e passivi fruitori.
A fronte di questo complesso d'esigenze e con l'obiettivo di garantire
risposte efficaci nasce oggi MegaChip. Una proposta aperta all'intero
circuito della comunicazione e dell'informazione. Realizzata, attraverso
l'apporto essenziale di molteplici esperienze operative e progettuali,
ciascuna con propri referenti e competenze, ma con la finalità di rivolgersi
congiuntamente all'essenziale battaglia per la democrazia nel sistema
mediatico. Le competenze e gli obiettivi di MegaChip sono dunque:
Avviare un osservatorio democratico sul sistema mediatico. Attraverso la
collaborazione con i più rigorosi e competenti esperti del settore,
effettueremo una verifica analitica dell'intero sistema; strumenti e segni,
contenuti e mistificazioni, prodotti ed effetti. Un'indagine condotta a
partire dall'immenso patrimonio già presente su Internet -coll'obiettivo di
realizzare una banca dati dedicata-, fino a giungere ad una ricerca
scientifica sull'"homo videns", evidenziando la complessa varietà d'effetti
indotti dai messaggi televisivi sul pubblico. La stessa verifica, puntuale e
sistematica, sarà estesa al mondo della produzione giornalistica,
pubblicitaria, cinematografica, radiofonica. Garantendo al contempo
strumenti operativi e visibilità alle realtà coinvolte nell'iniziativa. In
estrema sintesi dunque una lettura critica complessiva e permanente sullo
"stato dell'arte", componente essenziale ai fini della battaglia per la
democrazia nella comunicazione e per l'elaborazione di un'efficace
piattaforma progettuale.
Offrire una competente organizzazione di servizio agli operatori della
comunicazione. MegaChip si prefigge di divenire un punto di riferimento
essenziale per l'intero movimento della comunicazione democratica. Un libero
spazio informativo, puntualmente mirato e qualitativamente garantito, a
disposizione degli operatori del settore. Dall'aggiornamento su tutto quanto
prodotto in rete riferibile all'ambito mediatico, fino alla ricerca delle
intelligenze più vigili e sensibili. Essenziale sarà dunque l'ambito
operativo per la formazione delle competenze sull'informazione -
comunicazione. Laddove vi è un vuoto completo d'attenzione, nel quale
attualmente passano le più scandalose, e moralmente degradanti, forme di
stravolgimento della professione giornalistica. Saranno inoltre coinvolte in
maniera decisiva le organizzazioni dei consumatori; considerando la
comunicazione alla stregua di un consumo primario, reputiamo essenziale
garantire una tutela di primo piano.
Garantire un univoco riferimento politico-sociale. E' crescente, ed oramai
diffusa, la consapevolezza di essere minacciati non da un fantomatico nemico
esterno all'Occidente, ma da forze potenti che nascono dall'interno
dell'Occidente. Tuttavia, sul terreno dell'etica, della correttezza, della
qualità della comunicazione, costruttori di notizie e disinformatori sono
più deboli di quanto sembrano, perché sono servi di tutti i padroni. La loro
apparente invulnerabilità deriva dal fatto che non sono mai stati realmente
sfidati.
MegaChip vuole dunque dare battaglia, con obiettivi mirati e dichiarati.
Un'azione politica e culturale contro il sistema mediatico così come
funziona e opera, per incalzarlo dovunque sia possibile e imporgli
correttezza informativa e comunicativa. Una prassi di sensibilizzazione e
pressione nei confronti della rappresentanza politica. Una capacità
propositiva costante per assicurare qualità, attendibilità e visibilità
all'intero progetto, fino a divenire, laddove non sia garantita sufficiente
permeabilità ai contenuti, riferimento democratico esso stesso.
MegaChip è dunque un progetto articolato, che fa della sua complessità un
punto di forza. Vogliamo unire le mille gocce in un'esperienza comune,
capace in prospettiva, di agire in forme coordinate e simultanee, divenendo
in questo modo, "notizia". Valorizzeremo le molteplici specificità in una
proposta comune, salvaguardando l'identità di ciascuno. Questo ci proponiamo
di fare. Su questo apriamo una discussione con tutti coloro che avvertono
l'esigenza strategica di affrontare questo inedito versante di lotta. Lo
riteniamo un passo decisivo per l'irrinunciabile tutela della democrazia,
dei diritti sociali e civili, e della pace. Roma, 25 aprile 2002

Prime firme: Giulietto Chiesa, Arturo Di Corinto, Pino Di Maula, Massimo
Loche, Vincenzo Maddaloni, Paola Manduca, Federica Morrone, Valentina
Pascarelli, Rocco Rossitto, Francesco Ruggiero, Davide Sacco, Marco Sisi,
Gabriella Turnaturi, Luca Valeri Curti, Roberto Vignoli, Manuela Waldis,
ZabrinskyPoint.org

 

Il Progetto
[Up] Inizio pagina | [Send] Invia questa pagina a un amico | [Print] Stampa | [Email] Mandaci una email | [Indietro]