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Pace e nutella

«Se la cioccolata svizzera è di destra, la Nutella è ancora di sinistra» (Giorgio Gaber)

di Sergej - mercoledì 24 aprile 2024 - 351 letture

Con la nutella non si può non avere un rapporto di dipendenza. Nutella è la maggiore droga che conosca. Più della pasta al forno, più della caponata, più della pizza bianca romana o della rosetta. Dicono sia nata il 20 aprile 1964, quando fu messo in commercio il primo barattolo. Non lo so, a me pare eterna come il Colosseo o le piramidi d’Egitto: entrambe, come si sa, opera di Alieni venuti dallo spazio per donare prodotti di una civiltà superiore a cavernicoli che altrimenti continuavano ad allevare pecore tra Scilla e Cariddi (“Mentre voi allevavate pecore, noi pugnalavamo Giulio Cesare” ricorda agli inglesi Corrado Guzzanti). Troppo buona e perfetta per essere semplice opera d’umani. La dolcezza portata all’estremo, della nutella, oro nero degli dèi.

Io e la nutella abbiamo avuto fasi diverse. Una iniziale. Quand’ero bambino. A Roma, a casa di mio nonno. Primi anni Sessanta. Flashback: il nano Sergej si avvicina all’enorme frigorifero, che si apriva a leva come una cassaforte e, di nascosto, avvicinando una sedia, riusciva a mettere i ditini sul barattolo, sollevare il coperchio e… essere subito sgamato dalla nonna che interveniva prontamente: “Se ti scopre il Nonno!” diceva. Perché mangiare la nutella così, senza controllo, era proibito. Un lusso. La crema nutella andava centellinata: si tagliava l’orrida fetta di pane nero toscano senza sale che era l’unico pane esistente all’epoca a casa di mio nonno, e poi con estrema parsimonia, con il coletello, se ne spalmava un film trasparente. Non una stilla rimaneva appiccicata al coltello. Non una anticchia veniva persa. Si mangiava pane “e” l’ombra della nutella. Il barattolo durava settimane, mesi.

Più avanti, pochi anni. Svezzato a stelline e formaggino Mio. E nutella spalmata (sempre in maniera parsimoniosa) nella mafalda. Il barattolo già allora era il bicchiere di vetro che, una volta svuotato, entrava a far parte della dotazione di bicchieri d’uso quotidiano della famiglia. Anche qui, nulla si sprecava. I bicchieri della nutella: decorati a colori. I miei compagnetti alle elementari compravano nella putia porzioni di nutella in confezioni monouso di plastica e carta stagnola. Li invidiavo moltissimo.

Al liceo, con qualche amico di allora, inneggiavamo:

La vita ti scervella? Pane e nutella!
La sorte ti smantella? Una fetta di pane e nutella!
Ti viene la pisciarella? Prova pane e nutella!
Il lavoro ti sbarella? Mangia pane e nutella!
Ti fa male la mascella? Usa come unguento la nutella!
Per restare sempre in sella, spalma la fetta di nutella!
Per essere più bella, spàlmati di nutella!
La tua miglior stampella, pane e nutella!
Ma quale mozzarella, ma quale mortadella! Solo e sempre pane e nutella!
Da grande vuoi far la modella? Inizia con pane e nutella!
È un segreto di pulcinella la bontà della nutella.
Va bene alla zitella come alla fotomodella il barattolo della nutella.
Con il cielo a pecorella, un cucchiaio di nutella.
La vita ti manganella? lecca un cucchiaino di nutella!
Ti manca la pagnottella? Vai dritto con il dito di nutella!
E fattela una scappatella, màngiati la nutella!

Poi la crisi economica. Oggi pochi se la ricordano. Quella festa che fu la scomparsa delle automobili dalle strade, ma anche la penuria di molti alimenti nei supermercati. Ne uscimmo come Paese con una ristrutturazione da lacrime e sangue (abbiamo attraversato anche il terrorismo…). Da quel periodo molte aziende non riemersero più. La nutella ce la fece. Il mondo uscito dal 1975, dalla morte di Pasolini e poi da quella di Moro, era un mondo diverso. Anche il sapore della nutella era diverso. Ma ora, più grande, mangiavo la nutella spalmando a doppio strato, sul “pane a esse” da forno a legna di Lentini, uno dei pani più buoni del mondo. Attingendo dal barattolo “canonico” della Nutella, quello grande - sempre più grande -. Prima manco sapevo che esistesse, se non per qualche pubblicità televisiva. E poi, persino, usando il cucchiaio - e niente pane! e dentro di me la voce di mia nonna: “Se ti scopre il Nonno…!”. E ogni volta che mangio la nutella è il volto di mia nonna e di mio nonno, di quelli che non ci sono più… il privilegio di noi anziani.

(L’immagine di Nanni Moretti e del suo barattolo di nutella per me è cosa postuma - almeno rispetto ai miei ricordi relativi alla nutella).

Oggi la nutella segna un Paese che ha conosciuto uno dei periodi più lunghi di pace della sua storia. Una strana pace. Non innocente, non limpida. E tuttavia pace. La nutella è riuscita a entrare persino negli Stati Uniti - e sappiamo bene quanto dura è stata per i prodotti italiani entrare in quel mercato superprotetto -. Mentre i nostri cugini europei sono pronti ora a far scattare le interdizioni europee sul “mangiare sano” (il loro) e sulle produzioni agricole diversamente controllate - e i venti di guerra si avvicinano. Perché anche questa storia, della nutella e di un Paese legato alla nutella, sappiamo che è destinata a cambiare. Ma lo stesso non possiamo non ricordare, con nostalgia, anni altri - in cui la pace era ancora possibile. E persino per un bambino sorridere felice, con il muso sporco di nutella.


Sono stati scritti moltissimi articoli per i sessanta anni della nutella. Rimandiamo a: Il Post, Fulvio Abbate su L’Unità, RaiNews video, RaiNews, Roberto Fiori su La Stampa per abbonati (estratti su Dagospia), ecc_



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