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L’aborto in Costituzione

La Francia di Macron ha inserito in Costituzione il diritto all’aborto. Si ripete un modello di conquista e manipolazione dell’opinione pubblica che si ripete sempre eguale, e quasi sempre con successo...

di Salvatore A. Bravo - martedì 5 marzo 2024 - 491 letture

Decrescita democratica

La Francia di Macron ha inserito in Costituzione il diritto all’aborto. Si ripete un modello di conquista e manipolazione dell’opinione pubblica che si ripete sempre eguale, e quasi sempre con successo, in tutti i paesi a capitalismo integrale. L’abitudine al ragionamento astratto ed esemplificato a cui il popolo è addestrato da decenni di sudditanza alla cultura neoliberista non permette a molti di leggere il dato nel contesto per renderlo concreto e decodificarlo nel suo significato politico. Il capitalismo depoliticizza e derealizza amputando i contesti, alla fine non restano che parole senza significato, è la propaganda a significare i dati; il popolo è solo la cassa di risonanza del laicismo “politicamente scorretto” delle oligarchie.

La politica di Macron è alla ricerca di consenso, il suo governo è in caduta libera nei sondaggi: innalzamento dell’età pensionabile, tassazione e tagli sociali hanno condotto alle rivolte di piazza. Ora ha proposto l’invio di truppe nel conflitto ucraino, evidentemente “persa l’area africana” il nazionalismo-imperialismo francese vuol proporsi come paese leader nella guerra e partecipare alla futura spartizione dell’Ucraina. La Francia è potenza nucleare, questo dato non è secondario. La soluzione all’impopolarità è risolta con la ricetta neoliberale, o meglio neoliberista, si concedono diritti individuali per compensare i diritto sociali sempre più blandi. Naturalmente la “mossa di Macron” segue la scia del “politicamente corretto” e approda nel “porto sicuro” del largo consenso che il mondo femminista liberista non può che concedergli. Spera, in tal modo, di riconquistare una parte dell’elettorato e di far dimenticare la politica antisociale e filo-oligarchica lungamente praticata e rispetto alla quale non arretra.

In un’epoca di dogmatismo laicista e individualista inquieta il silenzio generale e il consenso generale. Il diritto all’aborto in Costituzione è parte della logica dei diritti individuali che vertono intorno alla scelta tra la vita e la morte, di cui i soggetti sono titolari, ma che cela ben altro. Il liberismo sceglie sempre la morte, specie dei più deboli, mascherandola con la logica dei diritti. L’individuo può scegliere la propria morte, eutanasia, o nel caso delle donne, se abortire o non abortire. Si evita ogni pubblica discussione sugli investimenti sociali per impedire scelte di “non vita”. Lo Stato non interviene per sostenere massicce politiche che possano limitare tali scelte con la cultura della comunità e della vita che necessitano una notevole mole di investimenti. Si sceglie la via semplice della decisione solitaria e possiamo immaginare, spesso, in condizioni di precarietà e solitudine che conducono alla scelta del diritto all’aborto. Nessuna discussione di ordine politico, culturale e scientifico su cosa sia l’essere umano e quando la persona è tale.

Chi osa porre tali problemi, anche alla luce delle scoperte scientifiche e non solo, è tacciato di oscurantismo. Tale dibattito, invece, riguarda gli esseri umani tutti, in quanto la vita di ogni essere umano ci riguarda, se conserviamo la lucidità consapevolezza razionale della comune natura umana che ci lega tutti. Il dibattito libero e scevro da accuse, che dovrebbe animare la “democrazia dal basso” naturalmente toccherebbe in particolar modo le donne per motivi ovvi, ma riguarda anche gli uomini, giacché la fecondazione si espleta in coppia.

La cultura di una civiltà non è semplice registrazione di un dato, ma pensiero dialogico che risemantizza lo stesso, come Socrate d’altronde ci ha insegnato. Il silenzio con cui talune scelte sono svolte e il silenzioso consenso, forse, sono il segno di un’epoca in cui il dogmatismo regna e coloro che osano problematizzare dati e verità sclerotizzate sono trattati con inquietudine.

La democrazia è forte per la sua capacità di ascolto polifonica, dove vige una “sola voce” vi è solo il gioco del politicamente corretto. Dibattere dialetticamente nel rispetto delle opinioni per giungere, in seguito, a decisioni parlamentari dovrebbe essere la prassi della democrazia sociale. Nel dibattito le parti possono cambiare idea e perfezionarla, dalla pratica dialogica e dialettica non si esce eguali, specie su temi caldi, ma si impara a pensare, a condividere e a trasformare le idee.

Ci vuole tempo e pazienza, la vita assume qualità solo nella parola capace di farsi concetto nella temporalità ascoltata. Dove impera la velocità e la propaganda vi è solo la decrescita della democrazia e anche le grandi conquiste individuali concesse dall’alto, non sono che povertà dello spirito e della ragione e ciò è la “banalità del male” dei nostri giorni. Ridurre scelte tanto complesse ad esultanza significa ancora una volta eliminare la complessità dei diritti individuali della sua componente sociale e culturale. Il “Messaggio universale” che la Francia lancia al mondo non è in linea con la sua storia rivoluzionaria e comunitaria, ma sembra piuttosto molto conservatore.


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