Le dimenticanze della sinistra

Negli ultimi anni la sinistra ha perso quasi del tutto i contatti con il paese. Da qui si origina una sconfitta pesante e che non ammette giustificazioni. Breve analisi volutamente caustica di un rapporto oramai estinto
Sono tante le dimenticanze occorse negli ultimi decenni alla sinistra italiana. Dimenticanze come sinonimo di un progressivo distacco dal contesto sociale in cui essa operava. Ma perché tutto questo? Quale il percorso intrapreso dalla sinistra che lo ha portata da uno stato di forte presenza nella società italiana a una sua quasi marginalizzazione? Possiamo individuare alcuni dati obiettivi?
Il mio intendimento, lo premetto, non è redigere il solito articolo affetto da monumentale sociologia politica qualunquistica. Non ho affatto intenzione di regalare ai posteri un insieme più o meno condivisibile di verità apodittiche “tout court”. Con l’aggravante di causare conati di noia. Quello che interessa è operare una sintesi storica degli ultimi decenni per individuare alcune criticità “di snodo” che devono costituire necessariamente il terreno per un ritorno della sinistra all’interno della dialettica della società attuale.
Da qui un taglio semplice e diretto del mio intervento in quanto, oltre alla sociologia, il nemico da rimuovere è la nebbia metafisica in cui è caduta la sinistra negli ultimi quarant’anni. E ammetto, in tutta franchezza, che il mio redazionale è volutamente polemico in quanto la sinistra di oggi è un cadavere che non serve.
Il folclore sinistrorso
Con il passare del tempo la sinistra ha sviluppato atteggiamenti e comportamenti tesi ad una imitazione superficiale dei principi cardini del comunismo e del socialismo. In breve, si è sviluppato nel corso degli anni un folclore sinistrorso in cui i comportamenti non derivavano da una sentita adesione ai valori della sinistra, ma dalla riproposizione meccanica, e pertanto svuotata, della sequela. Ad esempio le riunioni di movimenti giovanilistici in seno alla sinistra non avevano nulla di realmente innovatore. Esse diventavano, dunque, semplici momenti di aggregazione atti a soddisfare i bisogni di rappresentatività politica di alcuni. Quando dei valori vengono vissuti sull’onda del folclore essi inevitabilmente sono destinati a rarefarsi e scomparire del tutto in seno alla società.
Il ’68
Come non essere d’accordo con Pasolini quando criticava aspramente le manifestazioni del ’68? Da una parte una marea di giovani annoiati che si mettevano a fare i rivoluzionari di cortile. Dall’altra, carabinieri e poliziotti espressione dei ceti popolari dell’Italia di allora. Chi erano, quindi, i veri proletari? Il ’68 ha “regalato” all’Italia una generazione di futuri padri e madri destinati al nulla. Infatti, questi sessantottini ora costituiscono la colonna portante del sistema di potere berlusconiano. Inoltre, non sarebbe meglio smettere di ricordare questo ’68? E’ servito a puntellare il potere di qualche capipopolo e a bloccare un vero rinnovamento degli “asset” della società italiana. Volevano combattere il conformismo “bacchettone” presente nel nostro paese con il risultato paradossale di istaurarne un altro.
Il dominio culturale della sinistra
Molti intellettuali di sinistra hanno giocato al fare i “preziosi” assurgendo di fatto a maestri censori dell’Italia. Essi, in realtà, non conoscevano nulla della società italiana. Ricevevano sporadici “input” dalla società grazie a elucubrazioni metafisiche che in apparenza dovevano permettere di capire meglio ciò che ci circondava. In realtà queste ricostruzioni rappresentavano lo spaventoso vuoto di capacità di essere dentro la società italiana della sinistra. Questa presunzione culturale ha costituito uno dei fattori principali della non innovazione complessiva del sistema Italia. Quanti di questi arroganti "uomini di cultura" appartenenti alla sinistra hanno costruito baronie all’interno delle università e delle istituzioni culturali italiane!
Il nemico globalizzazione
La sinistra ha assunto comportamenti antistorici nei confronti della globalizzazione. Essa, la globalizzazione, rappresentava e rappresenta un pericolo per il sistema teorico della sinistra italiana. Un sistema chiuso, oppressivo, poco dialogante e senza capacità di incidere sul reale. Se avessero considerato la globalizzazione come un valore positivo la sinistra avrebbe generato un “modus operandi” davvero moderno e in grado di essere utile al nostro paese. La globalizzazione ha in fin dei conti fatto saltare in aria un castello di verità apodittiche su cui la sinistra aveva esercitato il suo potere dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi. La capacità di un fronte politico deve essere quello di governare le dinamiche storiche e non di fare guerre di retrobottega.
Poca attenzione all’italiano medio
La sinistra si è interessata di più dei diritti dei gay, delle prostitute e degli extra-comunitari dimenticandosi dell’italiano medio. Ditemi che cosa ha fatto la sinistra per tutelare i diritti e gli interessi dell’italiano che ogni giorno si arrabatta per non cadere in povertà? Nulla oserei dire. Questo atteggiamento fin troppo “leggero” da parte della sinistra ha in realtà rotto il fortissimo legame con la società italiana del dopoguerra che il Pci era riuscito a costruire. Se la sinistra vuole ritornare a essere presente nella società italiana essa deve occuparsi prima di tutto degli italiani. Italiani vittime del sistema clientelare, delle mafie e della c.d. "finanza creativa".
La sinistra ha pensato al lavoro?
A forza di occuparsi di Luxuria e di altre amenità la sinistra ha perso di vista l’emergenza vera dell’Italia, ossia il lavoro. Qualcuno mi sa dire quali degli infiniti programmi che la sinistra ha presentato negli ultimi anni aveva il lavoro al centro del proprio ragionamento politico? Anzi è stato un ministro del centro-sinistra (Tiziano Treu) a istituzionalizzare le prime forme di lavoro precario in Italia. Inoltre, in questi anni si è assistito a un generale e diffuso abbassamento dei salari dei lavoratori italiani che si sono dovuti adeguare a quelli percepiti dai lavoratori extra-comunitari. Dove era la sinistra quando succedeva tutto questo? A difendere l’integrità della Val di Susa, ma non a difendere i lavoratori italiani. Un’annotazione, i sindacati su cento iscritti hanno 70 pensionati e solo 30 che lavorano davvero. Insomma, rappresentano quelli che non lavorano. Assurdo!
E come la mettiamo con il risparmio?
Il risparmio è stato da sempre una delle basi della qualità di vita dell’italiano medio. A partire dalla fine degli anni novanta gli istituti di credito hanno dirottato ben 700 miliardi di euro da forme di semplice risparmio a forme diciamo tipiche della “finanza creativa”. Ciò ha distrutto un’immensa riserva di benessere a beneficio di pochi oligarchi plutocratici. Una riserva che avrebbe permesso agli italiani di vivere meglio e di sostenere attraverso il consumo reale il mondo dell’industria manifatturiera del nostro paese. Questi 700 miliardi di euro non sono stati destinati a supportare il sistema industriale e produttivo del nostro paese. Sono stati semplicemente rubati. La sinistra ha mai espresso una parola di sdegno e protesta per tutto questo? Si occupava di più di cellule staminali che del risparmio degli italiani. Che ipocrisia!
Una breve chiosa finale. La sinistra si duole per aver perduto il contatto con la società. Ma di cosa vi lamentate signori della sinistra se avete trasformato la sequela leggendaria della sinistra in un folclore fine a se stesso e avulso dalle dinamiche della realtà del nostro paese? C’è sempre più bisogno di una Bad Godesberg italiana perché la sinistra che c’è è il migliore alleato del berlusconismo imperante.
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