La menzogna Numero Uno sulla crisi pandemica

Di fatto stiamo navigando nella pandemia a lume di naso, ben altra cosa del lume di scienza.
La pandemia sta disvelando, sempre più, l’inadeguatezza storica delle ultime due generazioni di classi dirigenziali della politica (senza distinzione di colore), delle istituzioni e della società: ognuna incapace di assumere il giusto ruolo per addivenire sinergicamente con le altre, nell’interesse prioritario della collettività e nel giusto tempo, a soluzioni concrete sia delle drammatiche problematiche contingenti dalla stessa provocate, sia, e soprattutto, di quelle strutturali di fondo dello Stato, già pericolosamente pendenti di per sé.
Essa, infatti, da nove mesi si è sovrapposta rovinosamente –e non poteva essere altrimenti- all’endemica crisi cronica dello Stato.
A proposito della crisi endemica mi pare indispensabile richiamare alla memoria viva di ognuno le sue gravi stigmate. A ciò utilizzo metaforicamente una moneta a due facce: in una è lapidariamente inscritta la trentennale stagnazione della crescita economica del paese, nell’altra la correlata e inarrestabile crescita del debito economico dello Stato, giunto ormai a un livello insanabile. Talmente insanabile da pregiudicare da solo il futuro del paese.
È questo il conio della moneta politica circolante allorché arriva la pandemia, anche se tutti lo vogliono misconoscere: molti per interesse, i più per ignoranza, qualcuno per scaramanzia.
In un tale contesto, se volessimo considerare l’insieme degli effetti devastanti sullo Stato della crisi pandemica più quelli della crisi endemica da tempo in atto, potremmo intravedere nella prima come i truci contorni di una finale maledizione biblica, abbattutasi su un paese che non vuole rimuovere dal potere i propri malevoli politici e i loro manipoli.
Invero tutti i politici, assieme ai media e ai sedicenti uomini di cultura (loro satelliti), della suddetta grave realtà complessivamente ne continuano a fare una narrazione autoreferenziale (more solito).
Giocando di fino, su un sottile filo formale tra vero e falso, per prima cosa attribuiscono alla pandemia la totale causa dell’attuale situazione critica, poi affermano che la stessa essendo onomatopeicamente propria di tutti i paesi, prescinde dal differente passato storico di ognuno. Con questa tecnica dialettico-retorica riescono sempre a dare un colpo di spugna alle proprie colpe (passate, presenti e future) agli occhi di un’opinione pubblica più acritica che credulona.
Infine precisano che noi, tra i paesi europei, abbiamo subito gli effetti più pesanti solo perché siamo stati i primi ad esserne stati aggrediti. Gli altri paesi hanno avuto tutto il tempo di fare tesoro della nostra esperienza, tant’è che lo hanno pubblicamente manifestato e che ci hanno assunti a modello da imitare.
Queste sono le menzogne che attraverso i talkshow e i giornali, solidalmente, danno in pasto all’opinione pubblica, la quale prima le metabolizza e poi su di esse elabora le opinioni personali.
Così la nostra politica, dove non si parla mai delle vere cause originarie della grave situazione che stiamo vivendo, è volturata in un tema di mero spettacolo, peraltro di successo. Spettacolo che per i partecipanti più impegnati “culturalmente” si è trasformato in una ghiotta occasione per strappare consensi agli avversari, anche al prezzo di menzogne.
L’aggressività dei loro toni e il bassissimo livello dei loro stereotipati contenuti, tuttavia, li assimila a stucchevoli (pappa-)galli da combattimento. Laddove nascondono che, a differenza degli altri paesi europei, eravamo totalmente privi sia di un piano strategico di prevenzione dell’emergenza pandemica, sia dei presidi sanitari di protezione individuale e, quel che è peggio, delle indispensabili competenze specialistiche di epidemiologia. Queste sono state surrogate sul piano nazionale da quelle dei virologi, infettivologi e terapisti intensivi. Costoro, senza dubbio professionisti di vaglia, non hanno potuto proporre che le misure cautelative individuali di prevenzione, che usano consigliare ai loro pazienti: adopera la mascherina, disinfettati le mani e mantieni il distanziamento fisico. Quest’ultimo consiglio nella situazione estrema del nostro paese è esploso quale norma governativa di autoisolamento domiciliare generale.
Se non fossero indispensabili nel trattamento della Covid-19 potrebbero essere passibili della denunzia d’esercizio abusivo della professione di epidemiologo.
Riassumendo, nella fattispecie: non avevamo competenze epidemiologiche di avanzato livello scientifico, quale quello di parecchi paesi orientali; non avevamo piani preventivi di difesa da una pandemia; non avevamo inizialmente nemmeno gli elementari presidi sanitari di tutela individuali e quando l’abbiamo avuto l’abbiamo usato (a milioni) “ad muzzum”, senza alcun criterio epidemiologico, ma solo a scopo diagnostico.
Di fatto stiamo navigando nella pandemia a lume di naso, ben altra cosa del lume di scienza.
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