Il nostro obbligo civile e morale

L’Italia sta attraversando una crisi senza precedenti, ma non possiamo far finta di niente. Abbiamo l’obbligo civile e morale di salvare il nostro paese. Senza proclami.

di Emanuele G. - sabato 28 settembre 2013 - 2576 letture

Lo sconforto – è certo – prende il sopravvento allorquando si osserva la situazione italiana e il suo evolversi. Ci pare assistere a uno di quei classici film sulla Seconda Guerra Mondiale. Tutto è da annientare e tutto sarà in seguito distrutto. Non c’è posto per un briciolo di ottimismo e speranza. Questo è quanto ricaviamo dall’osservazione degli accadimenti che stanno sconvolgendo il nostro paese. Ogni suo elemento costitutivo – principale o secondario – sembra sia stato sottoposto a una scientifica quanto brutale azione di distruzione. Ci troviamo, oggi, nel momento in cui gli scampati ai terribili bombardamenti della notte precedente escono dai rifugi e cosa vi trovano? Solo macerie. La scena è più o meno così. Un gruppo di persone impaurite e in preda a profondo sconforto che vaga su un terreno dove non c’è più traccia di vita se non distese impressionanti di macerie. Ecco ci troviamo nel “day after” dopo l’esplosione definitiva. L’Italia dei giorni d’oggi trasmette questa immagine.

Un’immagine – ammettiamolo – sconvolgente. I padri risorgimentali e della Resistenza avevano combattuto, anche a costo della vita, per costruire un’Italia democratica, progredita, giusta e solidale. Oggi tali capisaldi sembrano esser stati spazzati da una follia che si è impadronita dell’intera Nazione. La democrazia pare lì per lì crollare. La disoccupazione è il drammatico opposto alla parola progresso. Le disuguaglianze aumentano sempre di più. Il filo della solidarietà si sfilaccia ogni giorno che passa. Dobbiamo arrenderci? La situazione presente spingerebbe a ipotizzare un comportamento consequenziale alla domanda posta poc’anzi. Non dobbiamo cadere nella tentazione di fuga dalle nostre responsabilità. Perché cari miei lettori la colpa non è di una divinità proveniente da un pianeta esterno al sistema solare oppure di un accidente improvviso. La colpa è solo nostra. In tutti questi anni abbiamo esercitato arti che non hanno nulla a che vedere con la convivenza civile. Piuttosto, abbiamo preferito farci abbracciare dalle sirene insidiose dell’ipocrisia, dell’indifferenza, dell’irresponsabilità e della corruzione. Ed ora siamo tutti – anche i vincitori, se ce ne sono – in una melma capace di asfissiarci.

Abbiamo l’obbligo civile e morale di dire no al compimento della profezia secondo cui siamo destinati al declino irreversibile. Si è cercato di minimizzare quanto è successo negli ultimi decenni. Non è un incidente ascrivibile a chissà quale destino crudele. Ciò che siamo oggi ce lo siamo costruiti noi in decenni dove hanno regnato incontrastati l’ipocrisia, l’indifferenza, l’irresponsabilità e la corruzione. Sminuire significa dare ragione al compimento della succitata profezia. Ecco prendiamo coscienza dei nostri sbagli, omissioni, colpe che dirsi voglia. Il prendere coscienza dei propri limiti rappresenta da sempre la strada migliore e maggiormente praticabile per riprendere il cammino. Perché il cammino verso gli ideali del Risorgimento e della Resistenza lo dobbiamo riprendere. Lo dobbiamo per l’avvenire dei nostri figli e nipoti. Mica gli si può lasciare un’Italietta mera espressione geografica. Sarebbe un comportamento stolto oltremodo che vigliacco.

Abbiamo l’obbligo civile e morale non solo di fermare le cassandre annuncianti sventure a destra e manca, bensì dobbiamo reagire. Non è impresa facile. Non abbiamo persone molte persone credibili su cui fare affidamento. Le ideologie hanno mostrato – da tempo immemore – che avevano il fiato più che corto. Per non parlare delle istituzioni oramai vuoti sacelli di valori inespressivi. Allora come ripartire? Credendo prima di tutto in noi. Questi anni terribili hanno distrutto il nostro senso di confidenza. Siamo quasi imbelli. Evitare gli appelli a chissà quale nobile causa. La storia ci ha ampiamente ragguagliato in merito. Pertanto, mettere in atto comportamenti minimi che abbiano l’obiettivo di ritessere una tela sociale sgualcita e strappata. Non c’è bisogno di atti di eroismo. Si ha necessità di lavoratori umili nella vigna della vita di tutti i giorni. Il rilancio non è certo frutto di imponenti apparati, ma del diuturno e silenzioso lavoro di ognuno di noi. Senza protagonismi o velleità superflue. E’ il punto centrale. Altre vie praticabili non ce ne sono. L’ipocrisia, l’indifferenza, l’irresponsabilità e la corruzione si combattono e si superano con un normale vita quotidiana informata da valori semplici e discreti quanto presenti in maniera viva nella carne mia, tua e di tutti noi quanti.

Lo ripeto, abbiamo l’obbligo civile e morale di dire no al tramonto del nostro paese. Il contrario sarebbe una scempiaggine senza scuse.


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