Guerra umanitaria infinita

"La vittoria per gli Usa non è più possibile. I marine potranno forse innalzare la bandiera su qualche nuovo territorio, ma poi avranno bisogno di maggiori forze e di armi più dirompenti". Un articolo di Roberto Zavaglia.
“L’Iraq è il tipo di conflitto che guiderà la nostra politica e il nostro governo per i prossimi venti, trenta o quarant’anni. Dobbiamo vincere e abbiamo lo stomaco di combattere per lungo tempo”. Con questa dichiarazione del 14 gennaio a Fox News, il vicepresidente Usa, Dick Cheney, ha chiarito che l’attuale Amministrazione non pensa affatto a un exit strategy. Nel contempo, ha dimostrato come il governo statunitense sia preda di quella follia che, talvolta, coglie i capi delle nazioni sull’orlo della sconfitta militare, inducendoli a immaginare scenari apocalittici nei quali la totale distruzione del territorio di guerra, compresi i suoi abitanti, possa ribaltare la situazione.
La decisione di Bush di inviare altri 21mila soldati in Iraq sembra ispirata dalla stessa “logica”. La Commissione Esteri del Senato di Washington ha bocciato l’iniziativa del presidente, raccogliendo pure il voto di un rappresentante repubblicano. Anche se la riunione plenaria del Senato, la prossima settimana, darà parere negativo, il “Commander in Chief” Bush andrà comunque avanti con il suo piano. Sono in molti a chiedersi come si potrà “portare a temine il lavoro” con altri 21mila soldati se i 130mila già presenti, insieme alle forze del governo collaborazionista e a quelle degli alleati, non sono in grado di porre un limite al caos iracheno. La nuova strategia è, comunque, già operante ad Haifa street, un quartiere di Baghdad a maggioranza sunnita, roccaforte delle resistenza, non lontano dalla Green Zone, dove le truppe Usa stanno conducendo una pesante offensiva con l’appoggio di elicotteri e artiglieria. La popolazione, alla quale mancano cibo e acqua, è allo stremo. La stessa sorte, secondo i piani Usa, la dovrebbero subire prossimamente le altre zone “non pacificate”. Bush, infatti, intende rendere “sicuri” i territori ribelli, espugnandoli ad uno ad uno e mantenendovi poi forti presidi per impedire il ritorno dei guerriglieri. Così gli statunitensi guadagnerebbero finalmente il consenso della popolazione che lamenta, soprattutto, la mancanza di sicurezza.
Washington avrebbe deciso di agire con decisione anche contro l’esercito del Mahdi di Muqtada Al Sadr, la milizia che con più ferocia combatte la guerra civile contro i sunniti. L’obiettivo è lo smantellamento di tutte le milizie religiose, per lasciare campo libero solo alle forze governative. A prescindere dal fatto che gli stessi esercito e polizia sono abbondantemente infiltrati dagli estremisti sciiti, il quartiere generale dell’esercito del Mahdi si trova a Sadr City, una zona densamente abitata della capitale. Per scacciarvi gli uomini di Sadr occorrerebbe un attacco massiccio, con l’abbondante impiego di armi pesanti, che produrrebbe una strage tra la popolazione. Le truppe d’assalto, poi, sarebbero composte dai guerriglieri curdi, con l’inevitabile conseguenza di inasprire la loro rivalità con gli sciiti.
L’offensiva a Sadr City, con ogni probabilità, scatenerebbe contro gli Usa le milizie sciite nel sud del Paese, che, fino a questo punto, hanno mantenuto un atteggiamento altalenante verso le truppe di occupazione, senza comunque attaccarle in modo massiccio e continuo. Il futuro scenario sembra, quindi, quello dell’estensione di un conflitto nel quale gli Usa si troverebbero contro un maggiore numero di nemici che i prossimi rinforzi non basterebbero a domare. Effettivamente, la “follia” di Bush non è priva di un metodo. La guerra in Iraq è, per certi versi, condotta in maniera assurda: gli invasori combattono gli insorti, ma “tollerano” che essi mantengano le loro basi perfino nella stessa capitale, mentre milizie irregolari di ogni genere spadroneggiano nel Paese. L’idea sarebbe quella di riportare il tutto sotto la sovranità del governo collaborazionista, in modo da far cessare la guerra civile e da garantire la ripresa del Paese. Peccato che si tratti di un progetto irrealizzabile, se non al patto di devastare definitivamente l’Iraq e di provocare una carneficina senza precedenti.
La vittoria per gli Usa non è più possibile. I marine potranno forse innalzare la bandiera su qualche nuovo territorio, ma poi avranno bisogno di maggiori forze e di armi più dirompenti per fronteggiare la reazione dei propri nemici. Su un solo aspetto l’Amministrazione ha ragione: l’opposizione democratica critica il presidente, ma non possiede un piano alternativo. La verità è che l’unico piano credibile per gli Usa, anche se ormai anch’esso di difficile attuazione, sarebbe quello di ammettere, in qualche modo, la sconfitta, favorendo il dialogo fra tutte le componenti della società irachena, compresa la resistenza, e coinvolgendo nella stabilizzazione del Paese Siria e Iran. L’Iraq, però, fin dalla Prima guerra del Golfo, ha rappresentato il test del nuovo ordine mondiale a guida statunitense. Perdere in Mesopotamia, per Washington, significherebbe ridimensionare, anche simbolicamente, la propria egemonia. E questo nessun presidente lo può accettare a cuor leggero. Gli Usa stanno cercando di fare digerire al governo iracheno il progetto di legge sugli idrocarburi, che garantirebbe alle compagnie occidentali contratti ultradecennali di condivisione dei proventi del petrolio, cosa che non avviene in nessun Paese dell’Opec. È difficile fare previsioni sul futuro dell’Iraq, perché eventuali mutamenti politici e strategici di carattere internazionale potrebbero cambiare lo scenario attuale. La speranza è che non prevalgano politici come Cheney che, pur di mantenere il controllo dei pozzi nel deserto, sarebbero disposti a protrarre, per generazioni, l’ “intervento umanitario”.
Roberto Zavaglia
- Ci sono 5 contributi al forum. - Policy sui Forum -
Il titolo del tuo articolo parla di "guerra umanitaria", l’ultima frase corregge il concetto in "intervento umanitario".
Perchè non correggere il titolo?
R.R.
Bush è certamente un folle al pari dei terroristi islamici, ma tu comunque con il tuo titolo non scherzi!
E’ un articolo bellissimo..
Io farei un paragone con l’incontro (o lo scontro) di due civiltà al limite dell’immaginazione...
Forse già è avvenuto che un terrestre ed un extraterrestre si incontrino e come per trovare un’intesa ci si dà da fare per trovare dei punti in comune, un linguaggio iniziale che porta ad un apparentamento (non è casuale il termine)..
Allora, intanto quello ha delle braccine piccolissime, ed ha paura quando agito le mie per fare dei gesti.
Io provo a far segno di mangiare: porto le punte delle dita a mò di grù verso la bocca..
e quello la bocca non ce l’ha vicino agli occhi o in zona.. ma poi mi rendo conto che non capisce nemmeno se gli faccio cenno di dormire!
Allora.. bisogna trovare un vocabolario.. un vocabolario dove trovi: mamma, volare, e altre cose..
Lui capisce quello che vuoi fare, e per questo si mette a fare delle cose incredibili..
Non c’è nulla da fare, troppi chilometri ci separano (penso). E lui mi guarda più spaventato di me anche se io sono terrorizzato nel vedere davanti a me un uomo metà serpente.
Per questo i marziani non vengono a farci visita. La morale stessa potrebbe esser messa in discussione.
Una guerra fra mondi? una paura di incontrare l’umorismo capovolto dei marziani? la paura che non si trovi mai un vocabolario per conversare?
Due mondi che non sono mai entrati in contatto improvvisamente collidono!
Chi è così stupido da non capire che si può perdere tutto?
e se portassero dei virus mortali? (mi pare sia successo in Messico).
Allora, cosa serve alzare la voce per farsi capire? da chi non ha quei mezzi che noi supponiamo?
"Adesso ti faccio vedere io, se non obbedisci!"
Intanto gli tocchi l’etica! (e la religione e altro).
Il risultato quindi è prevedibile..
L’ospite viene incolpato e.. perso..
(come effetto collaterale)
sp
AL FAN DELLA GUERRA DEI MONDI
Lascia la fantascienza al suo mondo e pensa al mondo reale se ti va, dove c’è già abbastanza violenza, per immaginarne altra.
Prova a fare l’amore più spesso se puoi. In caso contrario fatti lunghe dormite.
Vedrai che ti passa.