Catania, la sinistra scomparsa

L’ironia della Cdl sul candidato dell’Unione: «E’ Enzo Popoff». La sconfitta di Bianco che accusa: «Mi hanno tradito». La vittoria di Scapagnini che confessa: «L’elisir? Ho rischiato l’impotenza».

di Redazione - mercoledì 18 maggio 2005 - 5349 letture

«Vogliamo uscire dal colore per parlare di politica? Oooh! Dovete sapere che Enzo Bianco teneva pure un candidato che si chiama Salvo Bara e aveva un manifesto con scritto: "Bara per Bianco". Ditemi voi: poteva vincere? Bara per Bianco!». Vinte al primo turno le comunali catanesi e rianimato Berlusconi, Umberto Scapagnini esce dall’astinenza. Quella verbale, con cui cercava di arginare un po’ le battute che gli sgorgano incontenibili come la lava nei giorni in cui l’Etna brontola fuoco. E quella sessuale, che lo ha tenuto a stecchetto per tutta la campagna: «Il sistema simpatico fa sì che l’adrenalina... Vabbuò, la faccio corta: a forza di elisir per il centro-destra, stavo per diventare impotente io».

Chi ha motivi per sentirsi impotente, a dire il vero, è la sinistra. Che ha toccato a Catania percentuali ridicole: 5,5% i diessini, 0,51% i verdi, 1,21% i rifondaroli, 1,56% i comunisti italiani. Totale: 8,78%. Meno di quanto ha preso con una sola delle sue quattro liste Raffaele Lombardo. Vogliamo aggiungere l’1,41% dei socialisti di Boselli? La somma sale al 10,2. Tema: com’è possibile che l’intera sinistra venga umiliata così in quella che un tempo veniva chiamata la Milano del Sud? Una delle maggiori città industriali del Mezzogiorno? Una delle poche ad avere ancora una classe operaia? Non è solo una brutta sconfitta. È una Caporetto. Coi Ds che nella circoscrizione San Giovanni La Rena-Zia Lisa arrivano a 337 voti contro i 1.508 di An o i 1.828 di Forza Italia. Con intere sezioni nei quartieri più poveri dove l’Unione non ha un solo rappresentante di lista. Con la «gauche» alternativa, esaltata da Fausto Bertinotti come una forza complessivamente intorno al 15 per cento, che qui appena appena supera il 3 per cento.

Domanda: come può la sinistra avere un progetto generale per l’Italia se non capisce più niente di un pezzo della Sicilia e oscilla scomposta tra l’ascetismo e il compromesso, l’estraneità e gli accordi sottobanco di chi è radicato nel sistema di potere? C’è almeno la consapevolezza della catastrofe? «Sì, è stata una catastrofe - sospira Anna Finocchiaro - e meno male che ho preso 1.700 voti io sennò rischiavamo di sprofondare al 2,5%. Bisogna tirare una riga e ricominciare da zero. Il partito è esilissimo. Sa quanti iscritti abbiamo? Sette o ottocento».

Il bottino di voti di Salvo D’Amico, detto "Cerotto", uno dei giovanotti che per conto di Lombardo hanno pattugliato casa per casa il quartiere San Cristoforo e che ieri mattina controllava in Comune i risultati spiegando soddisfatto al cronista: «Quanti voti le avevo detto ieri che avrei portato? 700, giusto? Ne ho avuti 701!». Un terzo di quelli conquistati, tutti insieme, da Rifondazione. Il cui candidato più votato, Antonino De Cristofaro, ha preso 491 preferenze. «Un patrimonio personale così basso che i socialisti di De Michelis non ti candiderebbero neanche», spiega Francesco Forgione, deputato all’Ars e già segretario regionale del partito. «Siamo fuori. Fuori. Gli altri mettono in lista tre o quattro medici e ognuno ti porta mille voti, noi ci arrangiamo con un ragazzo dei social forum, un volontario no profit, un militante di "Libera"... Nei quartieri popolari non esistiamo».

E’ stato anche lì che Bianco ha perso. «Come abbiamo fatto a illuderci? Mah... - sospira con la tabella dei risultati in mano -. Non c’era un sondaggio, uno solo, che mi desse sotto Scapagnini. E’ che nessuno aveva "visto" il voto dei partiti lombardiani». E spiega che sì, certo, sono girate «voci pazzesche di gente che prometteva tivù e lavatrici» e che lui non poteva competere in certi ambienti «con chi rassicurava gli abusivi che ogni mattina vogliono piazzare dove gli pare "’a lapa", cioè il motofurgone Ape, senza alcun controllo». Ma inutile attaccarsi alle scuse: «C’è una città sotterranea che non mi voleva». Dice che, se badasse solo alla Margherita, potrebbe essere soddisfatto: «Con tre liste facciamo il 27%. Siamo la prima forza catanese». «La prima pure nel resto della Sicilia dove si è votato», precisa accanto a lui l’ex ministro Salvatore Cardinale. «Il mio credo di averlo fatto», riprende il candidato sconfitto, «ho preso cinque punti più della somma dei partiti che mi sostenevano. E’ la sinistra, purtroppo, che qui non c’è più. Si sono spesi tutti con generosità. Ma non ci sono più».

«Adesso aspetto che Franco Battiato mantenga la promessa», ride sul fronte opposto Umberto Scapagnini: «Ha detto che se vinceva la destra avrebbe lasciato Catania, no? Si accomodasse». Abbraccia Nello Musumeci, il suo vice di An che va fiero (onore al merito) di non essere in grado di raccogliere «un solo voto clientelare». Si concede a tutte le telecamere. Assolve Anna La Rosa perché non è stato bello che lei si sia dissociata dalla sua campagna elettorale ma «con Annarella siamo amici e compagni di partito da venti anni, prima nel Psi e poi in Forza Italia», quindi la perdona.

E spiega che «la foto del baciamano a Berlusconi è una minchiata di prospettiva fotografica tant’è vero che le mani hanno dodici dita» e racconta di aver dormito in tutto «27 minuti ma 27 minuti bastano a coprire un ciclo di sonno» e ride della «sfiga che ha accompagnato tutta la campagna perché loro con la jella hanno provocato ai miei 11 fratture fisiche ma elettoralmente parlando le ossa gliele abbiamo rotte noi». E chiama l’avversario battuto «Enzo Popoff» dicendo che «con la sua mania di attribuirsi il merito di tutto ricorda un personaggio dei tempi di Stalin. Il telefono? Prima di Meucci l’aveva inventato Popoff. L’energia atomica? Prima di Fermi, Popoff. La lampadina? Prima di Edison, Popoff».

Per non dire dei sondaggi: «Non so come abbia fatto a cascarci, Bianco. A un certo punto se ne uscì con uno che diceva che io ero sceso al 21%. Ué: 21%! Ma manco se mi fossi messo due ore al giorno in strada a sputazzare in faccia ai passanti!». Quanto a Prodi, avverte, «stia attento a non far la fine di Popoff». Anche se Romano, precisa, è della razza sua: «Un uomo "culuto"». Cioè? «Scientificamente parlando: dotato di culo. E senza ’o culo, amici miei, nella vita non si va da nessuna parte».


L’articolo di Gian Antonio Stella è stato pubblicato il 18 maggio 2005, su www.corriere.it


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