Quei giorni nelle strade di Catania

In Sicilia la decisione di tornare a puntare su cene e incontri elettorali. Il Cavaliere: rimettersi in gioco ha funzionato. Pagnoncelli: la gente apprezza chi sa reagire. Diamanti: senza di lui perdono

di Redazione - martedì 17 maggio 2005 - 4892 letture

È rispuntato il Grande Venditore, e da Catania s’è rimesso in marcia. «D’ora in poi, faremo sempre così: due giorni per ogni città e contatti con tutti, cene, incontri...». Sotto l’Etna, il 7 maggio scorso, il portavoce Paolo Bonaiuti ridisegnava così la nuova strategia del Cavaliere il quale, proprio in quelle ore, stava rilucidando il dogma cui nessuno più sembrava disposto a credere: «Con me si vince, senza me si perde ». Il sociologo Ilvo Diamanti, che qualche tempo fa a Berlusconi aveva dedicato su Repubblica un’analisi intitolata «Il presidente senza partito», tira, a caldo, un paio di conclusioni: «Primo, il Cavaliere sembra aver compreso l’importanza di avere un partito. Anzi, l’importanza della mobilitazione dei partiti.

Secondo, oggi il suo apporto può essere più una minusvalenza che un valore aggiunto, ma senza lui la Cdl non vince». Ricominciando da Catania, Berlusconi è tornato, in quel fine settimana, in mezzo a casalinghe festose, pensionati esaltati, ragazzini che, in piazza, gli si stringevano attorno fotografandolo col cellulare. «Qui a Catania solo Berlusconi porta in piazza tanta gente - assicurava Angelo Alfano, coordinatore regionale di Forza Italia -. Lui e Costantino Vitagliano».

L’avvocato e deputato Enzo Trantino, di An, indicava con largo gesto della mano la folla pigiata attorno alla gelateria dove, nel frattempo, Berlusconi stava consumando la sosta granita: «Dieci giorni fa, qua, in questa stessa gelateria, sono venuti Prodi ed Enzo Bianco e attorno a loro non c’era nessuno». Difficile, quella mattina, verificare se proprio nessuno nessuno si fosse avvicinato alla coppia Prodi-Bianco o se non si trattasse, invece, di un gagliardo-e preveggente -entusiasmo dell’onorevole Trantino. Ma certo, annunciavano i forzisti, nella due giorni catanese Berlusconi aveva riacquistato confidenza, fiducia nel proprio potere seduttivo. Rimessa in moto la macchina, alquanto arrugginita, del carisma, era tornato il Grande Venditore. Al PalaCatania, sabato pomeriggio, Berlusconi era sembrato sincero, quando, portando la mano al petto, si era per così dire confidato davanti a migliaia di forzisti: «Vedervi qui, così numerosi, mi ha fatto bene al cuore. Ne avevo bisogno». Pazienza se poi il discorso non se l’era granché preparato, insistendo su quei soliti tre slogan che non avevano né sedotto né galvanizzato l’uditorio, pazienza se qualcuno, mentre ancora Berlusconi stava parlando, aveva riavvolto la bandiera di Forza Italia lasciando il PalaCatania in anticipo. Alla luce della sorpresa elettorale, del testa a testa Scapagnini-Bianco, il bagno di folla dev’essere servito. Chi ha lavorato sul territorio negli ultimi mesi, e ha visto all’opera la macchina elettorale cidiellina, sostiene che ha vinto il combinato disposto dell’azione dei partiti e della visita benedicente del capo.

«La presenza di Berlusconi ha certamente influito sul voto di Catania - analizza Nando Pagnoncelli di Ipsos -. La gente ha apprezzato il fatto che il premier non si sia sottratto alla responsabilità, che nel momento più difficile, dopo una severa batosta elettorale, abbia deciso di rimettersi in gioco». Certo, e Pagnoncelli lo riconosce, il risultato favorevole alla Cdl nasce anche dalla forte politicizzazione della campagna elettorale, laddove il match tra Scapagnini e Bianco è stato presentato quasi come l’ultima spiaggia per Berlusconi e per la Cdl, ma pure Nicola Piepoli, che col suo istituto di sondaggi monitorizza settimana dopo settimana la situazione politica, pure Piepoli, insomma, tende a non sottovalutare il recupero di carisma di Berlusconi. «Le racconto un aneddoto che con Catania non c’entra ma che comunque aiuta a capire-esordisce Piepoli -. L’altro giorno, in piazza del Popolo, a Roma, c’era la festa della Polizia. Il presidente del Consiglio è arrivato e si è avvicinato a un gruppo di bambini tra i cinque e i dieci anni. Ha chiacchierato con loro dieci minuti, a colpi di indovinelli. Ero lì vicino e ho visto come li ha conquistati. Se a Catania, una città paese, ha fatto cose del genere, è chiaro che poi, la gente, l’ha raccontato, il Berlusconi catanese è stato raccontato di casa in casa. Il che, nelle elezioni, aiuta».

Il resto, il lavoro pesante, a Catania l’hanno fatto i partiti, con un’azione porta a porta che, soprattutto nell’ultima settimana, ha portato Scapagnini ovunque, e soprattutto in periferia. Chi ha lavorato alla campagna elettorale si sofferma su un dato: non c’è stato il previsto spostamento verso il centrosinistra, non solo non si sono mossi i gruppi dirigenti, ma pure parte di quel voto moderato, borghese, persino un po’ chic, che si pensava in viaggio verso la Margherita. Sintetizza Angelo Alfano: «Non s’è visto l’effetto Latteri», alludendo al professore universitario passato di recente alla Margherita. Anche Ilvo Diamanti legge nel successo della Cdl a Catania un combinato disposto del ritorno di Berlusconi e della conferma del peso dei partiti. «Berlusconi è stato costretto a fare campagna elettorale, a prestare attenzione a quelle lobby locali che soprattutto in Sicilia, ma in generale in tutto il Sud, gestiscono in modo versatile i voti di cui dispongono» osserva il sociologo. Da domani le mosse del Grande Venditore saranno di nuovo osservate con speciale attenzione.


L’articolo di Maria Latella è stato pubblicato il 17 maggio 2005, su www.corriere.it


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