Caso Pedretti: «Giornalismo e social non si devono mescolare»

Chiesti a giornalista siciliano 1,5 milioni di euro di danni – Cairo chiude 5 periodici – Sole 24 Ore perde causa – Pene ridotte a chi ha aggredito giornalisti

di Adriano Todaro - mercoledì 24 gennaio 2024 - 541 letture

CAIRO CHIUDE 5 PERIODICI – La Cairo Editore di proprietà di Urbano Cairo ha deciso di chiudere cinque testate che fanno parte del gruppo. Dopo il numero di marzo chiuderanno Airone, For Men, In Viaggio, Bell’Europa e Antiquariato. Contestualmente si aprirà lo stato di crisi con cassa integrazione e prepensionamenti. Secondo un comunicato del sindacato «L’Azienda ci ha espresso la sua volontà di ricollocare tutti gli esuberi, decisione che accogliamo, ovviamente, con favore. Le Rsu si augurano tuttavia che vengano salvaguardate e valorizzate al meglio le competenze delle singole professionalità e che venga su questo punto aperto un ampio confronto. Esprimiamo, comunque, una forte preoccupazione per il futuro della Cairo Editore, augurandoci che l’azienda metta in campo tutte le risorse possibili per rilanciare le testate rimanenti e assicurare loro un solido avvenire». Urbano Cairo aveva acquistato la Rcs-Corriere della Sera nel 2016 ed è proprietario della Torino Calcio. Secondo Cairo «Purtroppo la situazione non è più sostenibile e a malincuore siamo stati costretti a sospendere le pubblicazioni dei cinque mensili, per focalizzare l’attività sulle altre testate aziendali. Confidiamo che, con il contributo di tutti, questo momento potrà essere superato, con l’auspicio di ricollocare tutto il personale interessato utilizzando i prepensionamenti». Il gruppo Cairo rimarrà con 16 testate di proprietà.

UN CASO INTRICATO – Il caso di Giovanna Pedretti, la ristoratrice morta annegata a seguito di un suo intervento sui social in risposta a una recensione, la contestazione che la sua risposta fosse falsa, l’attacco dei media è certamente un caso intricato che farà discutere molto. Interessante l’analisi che fa Vittorio Roidi intervistato dall’Adnkronos. Roidi non è un giornalista qualsiasi. È stato presidente della Federazione nazionale della stampa, segretario dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti e ha scritto molti libri sul giornalismo. Una cosa rimarca chiaramente Roidi nell’intervista e cioè che «Il giornalismo e i social sono due mondi lontani e ben diversi. Che non si devono mescolare. I cittadini devono capire chiaramente quando hanno a che fare con l’informazione – che ha le sue regole e le sue sanzioni per chi non le rispetta – e quando hanno a che fare con i social, che non hanno controlli». Poi cita il cosiddetto “giallo” di via Poma. «Una decina di giorni fa è uscito, misteriosamente, un titolo enorme in cui si diceva che per l’assassinio di Simonetta Cesaroni a via Poma il colpevole è un altro, rispetto a chi era stato indagato, e si faceva il nome di questo colpevole. Un titolo per il quale sono rimasto strabiliato e addolorato: come è possibile che una grande testata, che non cito, incorra in un ‘errore’ così grave, clamoroso? Come presidente del Consiglio di disciplina del Lazio, da giorni mi dico: arriverà qualche contestazione di quel titolo. Invece non è arrivato nulla e il Consiglio di disciplina non si può muovere di propria iniziativa, ma solo quando gli viene sottoposto un problema, una possibile infrazione». Ma «non è successo nulla e questo vuol dire che ci sono errori, anche clamorosi, come la violazione della norma sulla presunzione di innocenza, che non provocano reazioni, e quindi i principi piano piano si sciolgono, diventano sempre più evanescenti… I social, la rete, sono pieni di balle, di titoli che ti attirano e poi scopri leggendo il pezzo che la notizia che ti hanno fatto intravedere non c’è. Questa pratica al giornalismo non deve interessare. Il giornalismo deve rispettare le sue regole e non cadere negli errori nei quali i social, la rete, cadono tutti i giorni senza che nessuno possa intervenire, anche perché tanti soggetti non sono iscritti all’Ordine dei giornalisti e quindi non sono sanzionabili dall’Ordine stesso».

SOLE 24 ORE PERDE CAUSA – Lara Ricci, giornalista del Sole 24 Ore ha ottenuto dal Tribunale un decreto a suo favore perché demansionata dal suo giornale dopo il rientro dalla maternità. La giornalista, prima della gravidanza, gestiva i 60 collaboratori esterni, gestiva le pagine dedicate alla letteratura e aveva una sua rubrica settimanale. Dopo la maternità era rientrata al Sole e si era trovata a “passare gli articoli”. Ora la giudice Maria Beatrice Gigli del Tribunale di Milano nel rigettare l’opposizione del Sole 24 Ore, confermando il decreto del 24 luglio scorso che condannava il giornale per discriminazione, obbliga, per la seconda volta, a pubblicare un estratto della sentenza , che sarà depositata tra un mese. La cosa strana è che il gruppo del giornale della Confindustria, nonostante la condanna, si è visto rinnovare la certificazione della Parità di Genere, importante non solo perché, di fatto, aumenta la reputazione dell’azienda ma ha anche una ricaduta economica perché ci sono esoneri contributivi.

A GIORNALISTA SICILIANO CHIESTI 1,5 MILIONI DI EURO – Fabrizio Bertè, 33 anni, è un giornalista precario. Collabora alla Repubblica da Messina. Lui e il suo giornale hanno ricevuto l’annuncio di querele per diffamazione e due diffide a versare entro un mese 1,5 milioni di euro come risarcimento danni. Inoltre al giornalista si chiede di rivelare le fonti dei suoi articoli, pubblicati sull’edizione siciliana del quotidiano. Gli articoli di Bertè riguardavano l’Università di Messina e la regolarità degli appalti di cui si era interessata la Procura di Messina, del valore complessivo di 37,5 milioni di euro. Appalti pubblici di cui si era interessata anche l’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) che aveva segnalato alcune inadempienze. Inoltre gli articoli si riferivano altresì ad alcuni accertamenti della Procura di Catania per un concorso per dirigente amministrativo dalla cui graduatoria è stata scelto uno dei firmatari delle assegnazioni degli appalti, che ora insieme a un altro vincitore di quel concorso ha reagito con querela e richiesta di danni. Commenta Fabrizio Bertè: «Io sono un giornalista precario. È facile immaginare che queste diffide ti travolgono. Non schiacciano solo la tua vita lavorativa, ma anche quella personale. Sono un vero e proprio freno alla libertà di stampa. Peccato che non si parli di questi bavagli come e quanto si dovrebbe».

PENE RIDOTTE PER AGGRESSIONE GIORNALISTI – Il 16 maggio 2017, a Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, la giornalista Angela Caponnetto e gli operatori di RaiNews24 che l’accompagnavano, Giuseppe Tambaro e Rossella Genovese, furono aggrediti mentre stavano svolgendo un servizio sugli arresti eseguiti con l’operazione ‘Jonny’ della DDA di Catanzaro. Il 10 gennaio 2024 la Corte di Appello di Catanzaro, pur confermando la colpevolezza dei due imputati, ha ridotto le pene inflitte in primo grado, nel 2021, dal Tribunale di Crotone. Gli imputati Pasquale Pittella e Albino Rizzo si sono visti ridurre da due anni a uno ciascuno la pena e gli sono stati concessi anche il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione della condanna nel casellario giudiziale. I giudici hanno escluso l’aggravante mafiosa.


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