Quanto costa l’Agi? E Repubblica va al macero

Anche la Dire nell’orbita di Angelucci – Il manifesto: i 100 anni di Rossanda – Altra gaffe a RaiNews24 – Mariuccia Elenuccia Boschi ha un’idea (ma va!)

di Adriano Todaro - mercoledì 10 aprile 2024 - 877 letture

AGI. QUANTO MI COSTI? – Continua la saga dell’agenzia Agi (la seconda per importanza. La prima è l’Ansa). E continuano le indiscrezioni che ci stanno attorno. Iniziamo dai costi. Secondo quanto riportato dal giornale online La Notizia, l’Eni venderebbe (o svenderebbe) l’Agi alla famiglia Angelucci per 7 milioni di euro. Prezzo da saldo ma gli Angelucci ci sanno fare e così, sempre a quanto riporta La Notizia, porterebbero a casa l’impegno dell’Eni di investire pubblicità sulle pagine dei quotidiani del gruppo per 4,5 milioni (Libero, Il Giornale, Il Tempo, il Corriere di Viterbo e di Rieti). Il ministro Giorgetti scende dal pero e giudica come un’anomalia il fatto che l’Eni sia ancora proprietaria di un’agenzia di stampa. Intanto, come da manuale, cominciano a girare i nomi di chi andrà a dirigere l’agenzia di stampa. In prima posizione c’è ancora una volta l’ex direttore e cioè Mario Sechi che oggi dirige Libero. Se questo avverrà si libera (scusate il bisticcio di parole) la poltrona da direttore di Libero. Ed ecco trovato il nome: Gianluigi Paragone. Da qualche mese firma gli editoriali di Libero e Tempo e potrebbe arrivare alla direzione di Libero. Insomma c’è di tutto. Manca solo una cosa. Nessuno al governo si fa questa domanda: com’è possibile che l’Eni venda sottocosto un’agenzia di stampa a un parlamentare della Lega, partito di governo? Intanto gli Angelucci continuano a guardarsi attorno e hanno messo gli occhi sul gruppo del Quotidiano Nazionale (Il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno). Sembra ci siano già trattative avanzate. Secondo l’agenzia Reuters anche il gruppo Mondadori (gruppo Berlusconi) sarebbe interessato ad acquistare l’Agi. Marina Berlusconi, ha però negato nettamente questa ipotesi.

AGENZIA DIRE – Anche l’agenzia Dire entra nell’orbita degli Angelucci. La Dire è stata fondata nel 1988 da Antonio Tatò, segretario di Enrico Berlinguer e responsabile dell’Ufficio stampa del Pci. Ora arriva all’agenzia un nuovo direttore editoriale. Si tratta di Davide Vecchi, ex direttore de Il Tempo fino a pochi mesi fa. E così la famiglia Angelucci allarga le sue proprietà. Il nuovo direttore editoriale, Davide Vecchi, 47 anni, oltre che aver diretto Il Tempo, è stato anche a Il Fatto Quotidiano, Messaggero, Adnkronos. Nel 2018 è nominato direttore del gruppo Corriere che raggruppa il Corriere dell’Umbria, Corriere di Arezzo, Corriere di Siena, Corriere di Viterbo, Corriere di Rieti e della Sabina, sempre di proprietà della famiglia Angelucci. La Dire ha fatto uno sciopero lo scorso 3 aprile e i giornalisti si asterranno dal lavoro anche giovedì 11 aprile. La motivazione dello sciopero è imputata alla direzione, chiusa alla richiesta di far rientrare 17 giornalisti sospesi dal lavoro la notte del 31 dicembre scorso.

ALTRA GAFFE DI RAINEWS24 – Poco tempo fa avevamo riportato la notizia della gaffe di RaiNews24 che aveva scritto che il film “Io capitano” era sulla vita del capitano Schettino celebre per il naufragio della nave di crociera che comandava. Qualche giorno prima era avvenuto che Francesco Schiavone, detto Sandokan, capo del clan dei Casalesi, dopo 26 anni di carcere, aveva deciso di collaborare con la giustizia. Nel titolo di RaiNews 24 si leggeva: «Il boss del clan dei casalesi Rocco Schiavone decide di collaborare con la giustizia». Rocco Schiavone, come risaputo, è il protagonista dei romanzi di Antonio Manzini da cui è stata tratta una serie televisiva di successo interpretata da Marco Giallini.

IL MANIFESTO PER I 100 ANNI DI ROSSANA ROSSANDA – Il 18 aprile si troverà in edicola un numero speciale del quotidiano il manifesto con un supplemento dedicato ai 100 anni di Rossana Rossanda (morta a Roma, il 20 settembre 2020). Rossanda era stata una delle fondatrici del mensile il manifesto con Luigi Pintor, Valentino Parlato, Luciana Castellina, Lucio Magri. Il mensile si trasformò in quotidiano nell’aprile 1971.

REPUBBLICA AL MACERO – Hanno buttato via 100 mila copie di Repubblica per un articolo dell’inserto Affari & Finanza e, subito dopo, ristampato l’inserto economico ma senza un articolo che non era piaciuto al direttore Maurizio Molinari. Il direttore ha il diritto, e il dovere, d’intervenire sulla fattura del giornale e sui contenuti. Ma non quando è già stato stampato. Il fatto è che l’articolo incriminato, scritto da Giovanni Pons, era proprio l’articolo più importante dell’inserto economico. Possibile che il giornalista e il direttore non avessero concordato il taglio da dare all’articolo? L’articolo verteva sui rapporti affaristici tra Italia e Francia e, ovviamente, gli affari di Stellantis che costruisce auto e dove è entrata anche la Exor di John Elkan che, casualmente, è editore di la Repubblica. Il CdR di Repubblica ha proposto di votare una mozione di sfiducia nei confronti del direttore Molinari. Da tempo le acque del quotidiano sono agitate e, scrive il CdR, questo «È l’ultimo episodio di una serie di errori clamorosi originati dalle scelte della direzione che hanno messo in cattiva luce il lavoro collettivo di Repubblica».

LA “MADONNINA” SI FA SENTIRE – Maria Elena Boschi, di Italia Viva, s’interessa di stampa e di libertà di stampa. Ci mancava proprio nel marasma incombente che viviamo. E così, dopo aver discusso con il suo segretario Matteo Renzi, ha fatto una proposta choc: la par condicio deve valere anche per i giornalisti! Bel colpo espresso da una mente fervida di idee. In realtà, in prima battuta, anche le forze di destra l’hanno affossata ma negli ultimi giorni ecco che riappare come la “madonnina” di Trevignano. Sembra che il centro-destra sia disponibile a far passare il primo emendamento della Boschi sostituendo l’espressione «sensibilità culturali» con «punti di vista alternativi sugli stessi temi». La Federazione nazionale della stampa italiana ha definito la proposta Boschi «surreale» e ha ribadito che «I giornalisti non hanno quote politiche, non hanno sulla maglietta il simbolo di un partito e non sono tifosi. Confondere i politici con i giornalisti, e limitare la libertà di stampa utilizzando le regole della par condicio, è un errore grave che dà il senso dello scadimento del livello democratico di questo Paese». Comunque, male che vada, Mariuccia Elenuccia Boschi può sempre proporre la sua meravigliosa idea all’Arabia Saudita, culla della libertà di stampa.


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