La poesia della settimana: Inger Christensen

La voce femminile di un paese, solitamente accostato al mondo delle favole.

di Piero Buscemi - martedì 11 febbraio 2014 - 3288 letture

Men’s Voices

Men’s voices in the dark
 once in a temple
 men’s voices in the sun
 once I was caryatid
 number nine
 men’s voices in the park

—I was a statue
 untouchable naked
 with no other mirror
 than the fingers of the air
 yielding to thought after thought
 with no other sadness
 than the rustling of leaves—
 men’s voices in the park:
 why did they waken me?

Inger Christensen, 1935-2009, è stata una poetessa, scrittrice e saggista danese. Il suo primo lavoro importante, la grande raccolta di poesie Det (1969) è caratterizzata da un linguaggio orientato, dove l’espressione stessa costituisce il principio della creatività, e il linguaggio e il mondo descritto nell’opera trovano un punto d’incontro nei due concetti basilari dell’autrice: un sogno di libertà e la solidarietà.

Questo stile quasi magico che canta sulla paura e l’amore, il potere e l’impotenza, rappresenta il preludio delle successive opere, quali Lys (1962) e Graes (1963) e troverà l’apice nei romanzi in prosa, tra i quali The Painted Room, nelle opere di saggistica e in particolare la raccolta di poesie Alfabet (1981), che secondo il titolo combina il sistema a lettere con una sequenza matematica di numeri per dare vita a una descrizione davvero inusuale di una gamma ricca dei soggetti.

In Sommerfugledalen (1991) si è cimentata nel sonetto e ha creato raggianti poesie sulla morte e la speranza sotto l’ala protettrice che il titolo del libro suggerisce (La vallata della farfalla).

Con la sua influenza in campo letterario, Inger Christensen è stata portatrice delle tradizioni del modernismo nella poesia, ed è stata tradotta nelle principali lingue del mondo. Più volte è stata candidata al premio Nobel.


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