La poesia della settimana: César Abraham Vallejo Mendoza

Un poeta peruviano, cresciuto tra la miseria del suo popolo, conobbe la durezza del carcere peruviano, dove rimase rinchiuso per 105 giorni. (Poeta segnalato dal sito http://natakarla.blogspot.com/)

di Piero Buscemi - martedì 21 febbraio 2012 - 2334 letture

Piedra negra sobre una piedra blanca

Me moriré en París con aguacero,
 un día del cual tengo ya el recuerdo.
 Me moriré en París - y no me corro -
 tal vez un jueves, como es hoy, de otoño.
 Jueves será, porque hoy, jueves, que proso
 estos versos, los húmeros me he puesto
 a la mala y, jamás como hoy, me he vuelto,
 con todo mi camino, a verme solo.
 César Vallejo ha muerto, le pegaban
 todos sin que él les haga nada;
 le daban duro con un palo y duro
 también con una soga; son testigos
 los días jueves y los huesos húmeros,
 la soledad, la lluvia y los caminos...

César Abraham Vallejo Mendoza. Nacque a Santiago de Chuco, un villaggio andino del Perù. Si laureò in lettere all’Università di Truillo e, nel 1915 si trasfererì a Lima, dove lavorò come insegnante e si avvicinò ai membri della sinistra intellettuale. Nel 1920 tornò a Santiago de Chuco e rimase coinvolto nei tumulti verificati nella città ed imprigionato per 105 giorni con l’accusa di essere un incendiario, prima di aver dimostrata la propria innocenza. E’ in questo periodo che maturano le poesie contenute in “Trilce” (1922), la sua opera più famosa, considerata un momento fondamentale nel rinnovamento del linguaggio poetico ispano-americano. Qui César si allontana dagli schemi tradizionali di scrittura, incorporandovi alcune novità delle avanguardie letterarie e realizzando una angosciosa e sconcertante immersione in abissi della condizione umana che mai prima di allora erano stati esplorati.

L’anno seguente, il 1923, perso il posto di insegnante a Lima, parte per l’Europa, stabilendosi a Parigi, dove rimarrà (a parte alcuni viaggi in Unione Sovietica, Spagna e altri paesi europei), fino alla fine dei suoi giorni. Quegli anni furono caratterizzati da un’estrema povertà e intensa sofferenza fisica e morale. Con amici come Huidobro, Gerardo Diego, Juan Larrea e Juan Gris, partecipa ad attività dell’avanguardia, ma presto giunge a rinnegare il suo stesso “Trilce”.

Muore a Parigi, nel 1938, in un giorno di pioggia, come aveva profetizzato in “Pietra bianca su una pietra nera”.


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