Il mio incontro con il partito che non c’è più

Quell’onda è stata travolgente per un’intera generazione definita "delle magliette a strisce". Le magliette dei tanti colori, del boom economico, del paese che cambiava...

di Luigi Boggio - venerdì 22 gennaio 2021 - 1697 letture

Ho incontrato quel partito che non c’è più dopo i fatti di luglio del 1960.

Avevo di 18 anni, studente impegnato nel movimento studentesco con molti altri giovani che facevano parte della federazione giovanile comunista. La mia prima tessera dopo vari incontri e discussioni dentro il circolo e fuori sotto gli alberi di piazza Cairoli di Messina. Ho scelto di stare da quella parte trascinato anche dall’onda generazionale per la democrazia e non per la barba di Carl o per gli occhi vispi di Vladimir che ho potuto conoscere dopo per delle letture. Letture che integravo con gli scritti di Gramsci e l’Unità per tenermi aggiornato.

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Funerali di Togliatti - Renato Guttuso, 1972

Quell’onda è stata travolgente per un’intera generazione definita "delle magliette a strisce". Le magliette dei tanti colori, del boom economico, del paese che cambiava nelle famiglie e nel vivere. Si viveva gioiosi e liberi non lontani dalle storie collettive di un paese che voleva andare oltre alle convenzione del tempo, chiuse e conformiste. Una gioventù piena di ideali e non ideologica- Edmondo Berselli-. Una generazione che contribuì all’apertura di una nuova stagione politica per il suo impegno e i suoi morti a causa della repressione poliziesca nel corso delle manifestazioni.

Sono stato dentro l’onda e poi una scelta di vita nel sindacato e in alcuni periodi nel partito.

Nel sindacato mi sono sentito sempre più libero per le dinamiche interne e il continuo contatto con le esigenze reali e quotidiane del mondo del lavoro, mentre nel partito i riti erano diversi e andavano rispettati. Qualsiasi discussione anche la più accesa e dura si doveva comporre sempre all’insegna dell’unità.

Ce ne sono state di drammatiche. Non dimentico quella sul giudizio da dare sul primo governo di centro sinistra e i contenuti delle riforme, sul compromesso storico e la linea della fermezza contro il terrorismo, e quella più tormentata sulla radiazione dei compagni del Manifesto. Discussioni interminabili e votazioni perché molte volte si votava. In quell’occasione ho votato contro la radiazione sostenendo che avevano ragione sul giudizio da dare nei confronti dell’Unione Sovietica. Lo strappo andava fatto per ritrovare una nostra piena autonomia e svincolarci dal quel peso in quanto i tempi erano maturi.

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Prima pagina del quotidiano L\’Unità, omicidio di Pio La Torre, 1982

La verità è che il cammino non è stato sempre lineare, ma non avrebbe potuto essere per le tante contraddizioni della società italiana, l’essere in un mondo diviso in due e tenere il partito unito. Non era sempre facile e che qualcosa non reggeva più incominciò a scricchiolare dopo la morte di Berlinguer.

Si entrò in una fase di smarrimento e di confusione politica che portò dopo la caduta del Muro allo scioglimento del partito con degli eredi scomparsi nel tempo per delle politiche sbagliate e fusioni a freddo. Il Pci nella tempesta del secolo breve e dei tanti volti ha avuto il merito e la capacità di trasformare dei militanti senza scuola in militanti istruiti, figli di gente umile in rappresentanti politici e amministratori nei municipi e nelle aule parlamentari.

La scuola, la lettura, lo studio era fondamentale per la crescita di una coscienza democratica e la conoscenza. Come non ricordare il minatore sindaco di Assoro Pino Chirdo, il contadino Ciccio Guercio di Carlentini e il bracciante Giuseppe Di Vittorio di Cerignola. Il Pci era anche e soprattutto questo: per l’emancipazione delle classi subalterne.



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