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Da Bergamo, sulla Sicilia che non vuole cambiare

Con Rita Borsellino abbiamo combattuto e creduto, anche da più di mille chilometri di distanza, sostenendola sui giornali, con il volantinaggio, con la forza della speranza, raccogliendo oltre sessanta amiche ed amici che in lei hanno creduto...

di Ettore Lomaglio Silvestri - lunedì 29 maggio 2006 - 10071 letture

Anche qui a Bergamo vi è qualcuno che ha sofferto per le sorti della Sicilia. Qualcuno che in brevi scorci della sua vita ha conosciuto la cappa che la opprime, quella cappa che è chiamata "mafia".

Qualcuno che ha conosciuto quante volte lo scirocco ha reso quella cappa ancora più opprimente, lo scirocco di uno Stato sempre distante dai suoi servitori che andavano in Sicilia a combattere la mafia.

Questo qualcuno ha creato un’associazione il 30 settembre scorso, con pochissimi altri amici, per combattere a suo modo questa cappa, ormai presente non solo in Sicilia. All’interno di questa associazione ha voluto sostenere una candidatura in cui credeva. Una candidatura che, per più di dieci anni, ha portato in giro per l’Italia lo stesso messaggio e la stessa speranza di "primavera". Una candidatura che non era politica, ma era forza e voglia di sconfiggere la mafia. Quella candidatura ha un nome che è diventato un simbolo anche oltre l’eredità acquisita il 19 luglio 1992 quando veniva ammazzato il fratello, quel nome è Rita Borsellino.

E con Rita Borsellino abbiamo combattuto e creduto, anche da più di mille chilometri di distanza, sostenendola sui giornali, con il volantinaggio, con la forza della speranza, raccogliendo oltre sessanta amiche ed amici che in lei hanno creduto e che qui sotto sono elencati. Oggi, che diverse cose sono cambiate, dobbiamo però constatare come la Sicilia non voglia ancora questo cambiamento. Noi abbiamo avuto fiducia in lei, perché con lei potrebbe essere scritta un’altra storia per la Sicilia, una storia di liberazione dalla mafia, come quell’ondata di vento fresco che il capitano Basile augurò a Paolo Borsellino... Purtroppo la riconferma di Cuffaro è un brutto segno, la Sicilia non vuole cambiare e questo ci fa molto male.

I Siciliani potranno capire meglio di me quanto è successo, io sento solo che questo deve essere l’inizio di una lunga battaglia tesa a rivoltare questo risultato mediante una forte opposizione nell’Assemblea Regionale Sicilia. Noi non abbandoneremo Rita Borsellino, non lo faremo mai di questo potrà esserne convinta. Spero che gli amici che hanno sottoscritto questo comitato continuino a sostenere Rita, magari direttamente...

Io ho creduto in lei ed oggi confesso la mia grande tristezza, ma non mi ritiro dalla lotta, e sopratutto non cambio il mio giudizio su Salvatore Cuffaro, spero che nel processo in corso contro di lui si dimostri il suo favoreggiamento della mafia.

Comitato Uniti per Rita Borsellino

1)Ettore Lomaglio Silvestri - Curno (BG) promotore - presidente Associazione culturale Sconfiggiamo la mafia 2)Mariateresa Morresi - Torino 3)Vanni Barichello - delegato all’Assemblea Regionale della Margherita per il Veneto 4)Giovanni Gonella 5)Giacomo Bazzani - Cremona - RSU Azienda Istituti Ospitalieri di Cremona
- Direttivo FP Cgil di Cremona Radicali di Sinistra Lombardia 6)Associazione Donne per la difesa della Società Civile 7)Gabriella Campini 8)Aliso Cecchini - Lido di Camaiore (LU) 9)Angelo Cunsolo - Roma 10)Avv. Riccardo Arena - Radio Carcere 11)Laura Licata - Palermo 12)Giuditta Granelli Scarpellini - Coordinatrice Circolo Bergamasco di Libertà & Giustizia 13)Rosalia Adamo - Agrigento 14)Daniela Accinelli - Movimento Finale per l’Ulivo 15)Roberto Mazzarella - Portavoce del Circolo della Margherita Arcipelago Sicilia di Palermo 16)Francesco Fantaci Portavoce del circolo della Margherita Liberty di Palermo. 17)Silvano Fassetta 18)Marcellina Anselmi 19)Elìa - Villafranca (CT) 20)Giuseppe De Marte 21)Piero Cannistraci - Altavilla (CT) 22)Palma Civello - Palermo 23)Fabio Chiarugi - Firenze 24)Matteo Giacobbe - Reggio Emilia 25)Francesca Maurri 26)Audioinsonno Rock Band - Milano 27)Antonino Spinelli - Messina 28)Giuseppe Mirata - Mineo (CT) 29)Cristiana Casuscelli - nopontista di Messina 30)Davide Nucatola 31) Marco Palermo - Palermo 32) Giusy Scafidi - consigliere provinciale di Palermo 33) Giuseppe Castiglia - Palermo 34) Antonio Cartagine - Consigliere DS Circoscrizione di Fuorigrotta Comune di Napoli 35) Elena Betti - Sez. DS San Marco-Pontino di Livorno 36) Angelo Benuzzi - Sez. DS San Marco-Pontino di Livorno 37) Alessandro Vitagliano - Palermo 38)Arch. Roberto Matarazzo - Benevento 39) Enzo Lombardo 40) Francesca Carlino - Palermo 41) Annalisa Allegri 42) On. Giovanni Ferro - Deputato all’Assemblea Regionale Siciliana 43) Stefano Maria Bianchi - autore "La mafia è bianca" - Roma 44) Lino D’Antonio - Napoli 45) Giuseppe Taverna - vicesegretario regionale Italia dei Valori Sicilia
- Palermo 46) Luisa Acerbi - Milano 47) Francesca Romano 48) Aurelia DEl Vecchio - Napoli 49) Associazione Federativa Femminista d’Italia - Casa Internazionale delle Donne di Roma 50) Emanuel Benedetti - Dalmine (BG) 51) Carlo Paradisi - Porto Torres (SS) 52) Emilia Simonetti - capogruppo Rifondazione Comunista al Consiglio Regionale della Basilicata 53) Maria Teresa Cimmino 54) Antonio Romano 55) Franca Troja - Palermo 56) Paola Cavazzin 57) On. Vittorio Agnoletto - Parlamento Europeo 58) Sebastiano Gulisano 59) Massimo Di Diego 59) Carlo Alberto Jaffei - Bologna 60) Claudia Vittori - Bologna 61) Valeria Jaffei - Bologna

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Da Bergamo, sulla Sicilia che non vuole cambiare
4 luglio 2006

Chi crede che la mafia sia il male della Sicilia è proprio uno stupido!

E’ come credere che il limite degli eserciti è quello di perdere le guerre!

Quindi, lascia perdere.. si vede che un giorno tanta gente si è svegliata dietro il muro fatto contro la realtà. Quelli sono gli occhi che godono di più! Occhi sapienti, colpevoli e dispotici!

(si è persa la mappa genetica siciliana! qualcuno l’ha vista? qualche fascista..di noi siciliani a nessuno importa niente! E’ la fame che provoca la mafia! Bergamo!)

Vi ricordo che la fame è un fenomeno "indotto"..(difatti degli antichi nessuno si sognò di morirsi di fame da solo, per istinto suicida! La fame è il segnale della lotta tra diversi modi di affrontare la vita. Sarebbe giusto dire: etologie).

(Mandate nonna Abelarda!)

Da Bergamo, sulla Sicilia che non vuole cambiare
29 luglio 2006, di : ROMPISCATOLUS

(continua)

Riferendo ciò che illustri testimoni videro o scrittori coscienziosi seppero sulla “liberazione” del Sud effettuata da Garibaldi e dalle truppe savoiarde, pensavo di aver sopito l’animo inquieto dei nostri innumerevoli morti, vittime incolpevoli del grande olocausto consumato in Sicilia e nel meridione d’Italia dopo il 1860, ma mi sbagliavo! La loro voce continua a farsi sentire, prima piano, poi, crescendo, pare l’avanzare di un immenso coro lamentoso, mesto, che s’avvicina sempre più e chiede...non vendetta...ma... verità...verità...verità ! Non si può dire di no a quei volti sofferenti, a quelle braccia costrette ad arrendersi, a quelle gambe spinte a scappare via dalla loro terra... Chiedono quella verità che noi possiamo tentare di conoscere e comunicare, così da rendere giustizia a ciò che è stato, onorando di essi la memoria. Riferirò, quindi, ciò che altri, più meritevoli di me hanno scoperto e riprendendo il filo del discorso, che in altro intervento ho interrotto, elencherò alcuni degli ordini militari emessi dal Regio esercito italiano, durante il nostro primo periodo di “redenzione” (ah, dimenticavo, ...i briganti non erano i ...briganti di cui ci hanno sempre detto):

(FATTI, DOCUMENTI E RIFERIMENTI TRATTI DA “LA CONQUISTA DEL SUD” DI CARLO ALIANELLO)

«Art. 1°. Chiunque sarà colto con arme di qualunque specie sarà fucilato immediatamente. Art. 2°. Egual pena a chi spingesse con parole i villani a sollevarsi. Art. 3°. Egual pena a chi insultasse il ritratto del re, o lo stemma di Savoia o la bandiera nazionale! »

( proclamazione della corte marziale a seguito della dichiarazione dello stato d’assedio del generale piemontese Pinelli nelle zone di Avezzano - G. Fortunato, Antologia dei suoi scritti )

Ordine del giorno del generale Cugia, prefetto di Palermo. 20 agosto 1862 Articolo 1°. Il territorio de l’isola di Sicilia è messo in istato d’assedio. Articolo 2°. I generali comandanti le truppe della divisione di Palermo e delle subdivisioni di Messina e di Siracusa concentreranno, nei limiti dei loro circondati rispettivi, i poteri militari e civili. Articolo 3°. Ogni banda armata e ogni riunione a scopo di tumulto saranno sciolte mercé la forza. Articolo 4°. Gli stessi poteri son conferiti al generale comandante le truppe d’operazione sul territorio da queste occupato. Articolo 5°. La libertà di stampa è sospesa per i giornali e altri fogli volanti. La polizia procederà all’arresto di chiunque stamperà o distribuirà simili scritti.

Ordine del giorno del generale piemontese frignone. Messina, 22 agosto 1862 Articolo 1°. Si procederà al disarmo generale immediato nelle provincie di Palermo e di tutta la Sicilia. Articolo 2°. Sono proibite l’esposizione e la vendita di tutte le armi offensive. Articolo 3°. Ogni arma verrà consegnata, entro tre giorni, nelle mani dell’autorità. Articolo 4°. I contravventori saranno arrestati, e, secondo i casi, fucilati.

Ordine del giorno del generale Lamarmora prefetto di Napoli. Napoli, 25 agosto 1862 Articolo 1°. Il territorio delle sedici provincie napoletane e delle isole che ne dipendono è messo in istato d’assedio. Articolo 2°. I generali comandanti di divisione o delle zone militari assumeranno i poteri politici e militari nei limiti delle loro circonscrizioni rispettive. Articolo 3°. Ogni raggruppamento fazioso e ogni riunione tumultuosa saranno sciolti con la forza. Articolo 4°. Il porto o la detenzione non autorizzata d’armi d’ogni genere sono proibiti sotto pena d’arresto. I detentori d’armi dovranno dunque consegnarle entro i tre giorni che seguiranno la pubblicazione del presente bando nelle mani delle autorità dalle quali essi dipendono. Articolo 5°. Nessuna stampa tipografica, pubblicazione o distribuzione di giornali, fogli volanti o simili può aver luogo senza l’autorizzazione speciale dell’autorità politica del luogo, la quale ha facoltà di sequestrare, sospendere o sopprimere ogni pubblicazione.

Ordine del giorno del deputato Gaetano Del Giudice, prefetto della Capitanata. Foggia, 18 aprile 1862 Per affrettare l’estinzione del brigantaggio, il prefetto ha l’intenzione di ricorrere alla cooperazione dei guardiani a cavallo delle proprietà private. Disuniti essi non possono niente, né per se stessi né per quelli che servono e inoltre, per il numero sempre crescente di banditi, son stati costretti ad abbandonare le campagne e di chiudersi nei paesi. Io ho pensato di formarne delle squadre che potranno rendere importanti servizi alla sicurezza pubblica, vista la pratica che hanno questi uomini dei sentieri più fuorimano. I proprietari, ne son sicuro, non mancheranno di corrispondere a questo invito del governo. Io ho persuaso il comandante della provincia, colonnello Materazzo, a raccogliere i nomi di quelli che si presenteranno e a organizzarli a squadre. Le guardie devono avere delle armi e un cavallo. I più notabili cittadini hanno volontariamente aperta una sottoscrizione per sovvenire alle spese di questa nuova milizia, e, in due giorni nella sola città di Foggia, han raggiunto la cifra di cinquemila ducati. Le altre città seguiranno questo patriottico esempio. Così le forze del paese, riunendosi, ci potranno ridare quella sicurezza interna che abbiamo perduto. Questo era un vero e proprio invito alla guerra civile e il governo subalpino, accettandolo e facendolo suo, aggiunse un segno nuovo d’impotenza, di fronte a quella disperata resistenza che sino allora era parsa, per l’innato disprezzo verso il Sud, non solamente improbabile, ma anche impossibile.

Ordine del giorno del capo della polizia di Palermo. 4 gennaio 1862 ore 8 matt. Cittadini, un ufficiale dell’esercito regio, venendo da Castellammare, riporta le seguenti notizie: Le truppe comandate dal maggior generale Quintini, sbarcate a Castellammare, hanno attaccato gli insorti mettendoli in fuga. Delle altre truppe son state inviate, questa mattina, per terminare la distruzione di ogni segno di ribellione. Già si è proceduto a numerose esecuzioni a Castellammare. Continuate a conservare la vostra calma abituale e contate sulla sollecitudine e l’energia del governo.

Ordine del giorno del tenente colonnello Fantoni, comandante le truppe di Lucera. Lucera, 9 febbraio 1862 Stato Maggiore del distaccamento dell’8° reggimento di fanteria di linea, di guarnigione a Lucera. In esecuzione degli ordini del sig. Prefetto della Capitanata, avendo per fine d’arrivare coi mezzi più efficaci alla pronta distruzione del brigantaggio, il sottoscritto decreta: Art. 1°: D’ora in avanti nessuno potrà entrare nei boschi di Dragonara, di S. Agata, di Selvanera, del Gargano, di Santa Maria, di Motta, di Pietra, di Volturara, di Voltorino, di S. Marco La Catola, di Celenza, di Carlentino, di Biccari, di Vetruscelle e di Caserotte. Art. 2°: Qualsiasi proprietario, intendente o massaro, sarà tenuto immediatamente, dopo la pubblicazione del presente avviso, a far ritirare dalle suddette foreste tutti i lavoratori, contadini, pastori e caprai etc, che vi si potessero trovare; essi saranno tenuti egualmente ad abbattere gli stazzi e le capanne che vi son stati costruiti. Art. 3°: D’oggi in poi nessuno potrà importare dai paesi vicini nessun commestibile per l’uso dei contadini, e i contadini non potranno avere in loro possesso che la quantità di viveri necessaria a nutrire pei una giornata ogni persona della famiglia. Art. 4°: I contravventori del presente ordine, esecutorio due giorni dopo la pubblicazione, saranno trattati come briganti, e come tali, fucilati. Alla pubblicazione del presente ordine, il sottoscritto invita i proprietari a portarlo subito a conoscenza delle persone al loro servizio, affinchè esse possano affrettarsi a evitare i rigori di cui sono minacciati, avvertendoli nello stesso tempo che il governo sarà inesorabile nella loro esecuzione.

In questo modo si condannava a morte non uno, due o tre, non il singolo, ma l’intera popolazione. Quello che oggi si dice correttamente un genocidio. Perché migliaia d’abitanti, residenti nella Capitanata, negli Abruzzi e in un distretto del Molise vivevano letteralmente di quei boschi. Pastorizia, lavoro del legno, pezzi messi a cultura, piccola raccolta, eran vita per quei disgraziati. Il divieto di entrarvi equivaleva a un decreto di morte, anche perché nulla poteva giungere da fuori e quelle foreste erano il naturale ostacolo tra i terrazzani e le rimanenti provincie di Napoli. Ma che importava ai piemontesi? Un ministro piemontese, di cui non voglio fare il nome per l’onore dell’Italia, diceva ridendo a un diplomatico inglese il quale disapprovava, a parole si capisce, simili barbarie: « Le Due Sicilie sono le nostre Indie! Voi tenetevi le vostre ».

Ordine del giorno del maggiore piemontese Fumel. Ciro, 12 febbraio 1862

II sottoscritto, incaricato della distruzione del brigantaggio, annuncia che chiunque darà asilo o mezzi di sussistenza o di difesa ai briganti sarà istantaneamente fucilato, come anche quelli che, vedendo i briganti o sapendo il luogo della loro dimora, non ne daranno conoscenza alla forza pubblica o alle autorità civili e militari. È necessario che per la sorveglianza del bestiame si stabiliscano vari centri con una forza armata sufficiente; giacché il caso di forza maggiore non sarà considerato una scusa sufficiente. È anche proibito portare pane o altri viveri fuor delle mura del comune, e chiunque contravverrà a questo ordine sarà considerato come complice dei briganti. Provvisoriamente e per questa circostanza, i sindaci sono autorizzati ad accordare il porto d’armi, sotto la responsabilità dei proprietari che ne faranno domanda. Anche la caccia è provvisoriamente proibita e non si potrà fare fuoco, se non per annunziare ai posti armati la presenza o la fuga dei briganti. La Guardia Nazionale è responsabile del territorio del proprio comune. Parecchi proprietari di Longobuco hanno fissato una ricompensa di cento ducati per la distruzione della banda Palmo. Il sottoscritto non riconosce ora che due partiti, briganti e controbriganti. Quelli che vogliono restare indifferenti saranno considerati come briganti e misure energiche saranno rese contro di essi, perché è un crimine tenersi in disparte in caso d’urgenza.

Ordine del giorno del maggiore piemontese Fumel. Celico, 1° marzo 1862

II sottoscritto, incaricato della distruzione del brigantaggio, promette una ricompensa di lire cento per ogni brigante che gli verrà consegnato vivo o morto. La stessa ricompensa, oltre la salvezza della vita, sarà consegnata al brigante che avrà ucciso uno dei suoi compagni. Il sottoscritto notifica che farà immediatamente fucilare chiunque dia ai briganti sia un asilo sia un qual-siasi mezzo di sussistenza o di difesa. Sarà immediatamente fucilato chiunque, avendo visto dei briganti o conoscendo il luogo del loro rifugio, non ne avrà dato immediatamente avviso alla forza pubblica o alle autorità militari. Tutti i pagliai devono essere bruciati e le torri e le case di campagna che sono abitate e conservate devono essere scoperchiate entro tre giorni e avere le loro aperture murate. Passato questo tempo saranno date al fuoco, e inoltre saranno abbattuti tutti gli animali non protetti dalla forza pubblica. Resta proibito di portare fuori dei villaggi del pane o qualsivoglia sorta di viveri; i contravventori saranno considerati come complici dei briganti. L’esercizio della caccia è proibito. ... Saranno considerati come briganti i soldati sbandati che non si saranno presentati nel termine di quattro giorni. Firmato: Fumel.

Ordine del giorno del generale piemontese Boiolo [saepe conveniunt sua nomina rebus] comandante delle truppe mobili nella provincia della Capitanata. Foggia, 29 agosto 1862

In seguito alle dichiarazioni dello stato d’assedio, io assumo in questa provincia i poteri politici e militari e. giovandomi dei poteri a me affidati da questa dichiarazione, io ordino quanto segue: Art. 1°: È vietato ad ognuno vendere armi e munizioni di guerra d’ogni specie. Art. 2°: II porto e la detenzione d’armi e di munizioni d’ogni sorta, non autorizzati, son proibiti sotto pena d’arresto. Art. 3°: Sarà considerato come complice dei briganti, e come tale punito (cioè fucilato), chiunque sarà trovato a portare armi o munizioni o viveri o vestiti, ogni cosa infine destinata ad essere data in riscatto ai briganti. Art. 4°: In ogni città o villaggio, dalle 11 della sera alle 14 del mattino è vietato percorrere vie o strade senza un permesso speciale dell’autorità militare, o senza gravi motivi perfettamente giustificabili. Nei paesi dove non risiede truppa, questi permessi saranno dati dai sindaci. Art. 5°: Ogni persona in viaggio dovrà essere munita d’un permesso di circolazione, senza il quale sarà arrestata. I forni da pane sparsi per le campagne saranno chiusi a partire dal primo settembre e, a partire da questo giorno, gli utensili che vi si trovano saranno requisiti e le persone che vi lavorano saranno messe in stato d’arresto. Io spero che le guardie nazionali uniranno i loro sforzi a quelli della truppa, per giungere, nel più breve tempo, a tale risultato.

Ordine del giorno del maggiore piemontese Martini. Montesantangelo, 16 settembre 1862

Tutti i proprietari, massari, lavoratori, pastori, abbandoneranno le loro proprietà, i loro campi, il bestiame, le loro industrie, tutto infine, e si ritireranno dentro ventiquattro ore nel paese dove abitualmente dimorano. Quelli che non si conformeranno all’ordine presente saranno arrestati e condotti in prigione.

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...Avevamo promesso al lettore il testo della famosa legge Pica-Peruzzi. Dopo il precedente intermezzo giuridico, che ci è servito per riprender fiato prima di ingollare un simile boccone, eccola per esteso. « Art. 1°. Fino al dicembre del corrente anno 1863, nelle provincie infestate dal brigantaggio e che tali saranno dichiarate, con Decreto Reale, i componenti di comitiva o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per commettere crimini e delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari di cui nel libro II, parte 2a del Codice Penale Militare e con la procedura determinata dal capo 3° del detto libro [fucilazione]. « Art. 2°. I colpevoli del reato di brigantaggio, Ì quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la fucilazione o coi lavori forzati a vita, concorrendovi circostanze attenuanti. A coloro che non opponessero resistenza, nonché ai ricettatori e somministratori di viveri, notizie ed aiuti di ogni materia, sarà applicata la pena dei lavori forzati a vita, e, concorrendovi circostanze attenuanti, il maximum dei lavori forzati a tempo. « Art. 3°. Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge la diminuzione da uno a tre gradi di pena. Tale pubblicazione dovrà pertanto esser fatta in ogni comune. « Art. 4°. Il Governo avrà pure facoltà dopo il termine stabilito nell’art. precedente, di abilitare alla volontaria presentazione col beneficio della diminuzione d’un grado di pena. « Art. 5°. Il Governo avrà inoltre la facoltà di assegnare per un tempo non maggiore d’un anno un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette secondo la designazione del Codice Penale, nonché ai camorristi e sospetti manutengoli dietro parere di giunta composta dal Prefetto, dal Presidente del tribunale, dal Procuratore del re e da due consiglieri provinciali. « Art. 6°. Gli individui di cui nel precedente articolo, trovandosi fuori del domicilio loro assegnato, andranno soggetti alla pena stabilita dall’alinea 2 deJ-l’art. 29 del Codice Penale che sarà applicata dal competente tribunale circondariale. « Art. 7°. Il Governo del re avrà facoltà d’istituire compagnie o frazioni di compagnie di volontari a piedi o a cavallo, decretarne i regolamenti, l’uniforme e l’armamento, nominandone gli ufficiali e Regi Ufficiali, e ordinarne lo scioglimento. I volontari avranno dallo Stato la diaria stabilita per i militi mobilitati; il Governo però potrà accordare un soprassoldo il quale sarà a carico dello Stato ».

Chi volesse saperne di più sulle uniformi, paghe, funzioni ecc, di queste compagnie di mercenari, può utilmente consultare L’Appendice al Codice della Guardia Nazionale di E. Bellomo.1 È caduta definitivamente la scure sabauda tra capo e collo dell’Italia del Sud. Non c’è pietà, né è utile che ci sia. Questo è il sigillo che autorizza e da ragione e vigore a ogni persecuzione già avvenuta nel tempo. Chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto... Forse è nato allora il tristissimo detto napoletano. Morti a cataste, torme di schiavi ai lavori forzati, schiere di esuli, senza casa e senza pane, senza onore, si vanno aggirando per le strade d’Italia, d’un’altra Italia, ostile e beffarda, dovunque accolte dal sospetto che è anche terrore e ripugnanza persino. Il destino del Sud è ormai fissato per cento anni almeno. (FATTI, DOCUMENTI E RIFERIMENTI TRATTI DA “LA CONQUISTA DEL SUD” DI CARLO ALIANELLO)