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Giro98
Movimento forum sociale europeo
Riviste: LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO 406
Foglio di approfondimento proposto
dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione:
strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 406 del 5 novembre 2002
Sommario di questo numero:
1. Ernesto Balducci ricorda Giorgio La Pira
2. Una commemorazione a Viterbo il 4 novembre
contro tutte le guerre
3. Alberto Castagnola, relazione al seminario
della Rete Lilliput sulla
nonviolenza
4. Pasquale Pugliese, relazione al seminario della
Rete Lilliput sulla
nonviolenza
5. Seyla Benhabib, La posta in gioco
6. Dibattiti promossi e segnalati dalla Marcia
mondiale delle donne a
Firenze
7. Dario Fo e Franca Rame, appello al Presidente
della Repubblica affinche'
non firmi la legge Cirami
8. Lalla Romano, come prigionieri stanchi
9. Giulio Vittorangeli, sosteniamo la "campagna
bananeras"
10. Aggiornato il sito del "COS in rete"
11. Letture: Tahar Ben Jelloun: Jenin, un campo
palestinese
12. Riletture: AA. VV., Kinomata. La donna nel
cinema
13. Riletture: Norberto Bobbio, Teoria generale
del diritto
14. Riletture: Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri,
Le bugie di Isotta.
Immagini della mente medievale
15. Riletture: Paul Ricoeur, Persona, comunita'
e istituzioni
16. Riletture: Maria Zambrano, Verso un sapere
dell'anima
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'
1. MEMORIA. ERNESTO BALDUCCI RICORDA
GIORGIO LA PIRA
[Questo minimo brano abbiamo estratto dalla pagina
iniziale del bel libro
che Ernesto Balducci ha dedicato alla figura dell'amico
e sodale Giorgio La
Pira. Oggi, nel venticinquesimo anniversario della
scomparsa, presso il
Centro di ricerca per la pace di Viterbo si terra'
una commemorazione del
"sindaco della pace". Ernesto Balducci
e' nato a Santa Fiora (in provincia
di Grosseto) nel 1922, ed e' deceduto a seguito
di un incidente stradale nel
1992. Sacerdote, insegnante, scrittore, organizzatore
culturale, promotore
di numerose iniziative di pace e di solidarieta'.
Fondatore della rivista
"Testimonianze" nel 1958 e delle Edizioni
Cultura della Pace (Ecp) nel 1986.
Oltre che infaticabile attivista per la pace e
i diritti, e' stato un
pensatore di grande vigore ed originalita', le
cui riflessioni ed analisi
sono decisive per un'etica della mondialita' all'altezza
dei drammatici
problemi dell'ora presente. Opere di Ernesto Balducci:
segnaliamo
particolarmente alcuni libri dell'ultimo periodo:
Il terzo millennio
(Bompiani); La pace. Realismo di un'utopia (Principato),
in collaborazione
con Lodovico Grassi; Pensieri di pace (Cittadella);
L'uomo planetario
(Camunia, poi Ecp); La terra del tramonto (Ecp);
Montezuma scopre l'Europa
(Ecp). Si vedano anche l'intervista autobiografica
Il cerchio che si chiude
(Marietti); la raccolta postuma di scritti autobiografici
Il sogno di una
cosa (Ecp); il manuale di storia della filosofia,
Storia del pensiero umano
(Cremonese), ed il corso di educazione civica
Cittadini del mondo
(Principato), in collaborazione con Pierluigi
Onorato. Opere su Ernesto
Balducci: cfr. i due fondamentali volumi monografici
di "Testimonianze" a
lui dedicati: Ernesto Balducci, "Testimonianze"
nn. 347-349, 1992; ed
Ernesto Balducci e la lunga marcia dei diritti
umani, "Testimonianze" nn.
373-374, 1995. Un'ottima rassegna bibliografica
preceduta da una precisa
introduzione biografica e' il libro di Andrea
Cecconi, Ernesto Balducci:
cinquant'anni di attivita', Libreria Chiari, Firenze
1996. Recente e' il
libro di Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci.
La Chiesa e la
modernita', Laterza, Roma-Bari 2002. Cfr. anche
Enzo Mazzi, Ernesto Balducci
e il dissenso creativo, Manifestolibri, Roma 2002.
Riferimenti utili:
Fondazione Ernesto Balducci, via Badia dei Roccettini
11, S. Domenico di
Fiesole (Fi). Giorgio La Pira e' nato nel 1904
a Pozzalo e deceduto a
Firenze del 1977; giurista, storico, politico,
pubblico amministratore;
costituente e parlamentare, sindaco di Firenze;
profonda coscienza
religiosa, impegnato in rilevanti iniziative di
pace e di solidarieta'.
Opere di Giorgio La Pira: segnaliamo almeno tra
le edizioni apparse
all'indomani della scomparsa: Principi, Lef, Firenze
1979; L'attesa della
povera gente, Lef, Firenze 1978; Le premesse della
politica. Architettura
per uno stato democratico, Lef, Firenze 1978;
Lettere alle claustrali, Vita
e pensiero, Milano 1978; Le citta' sono vive,
La Scuola, Brescia 1978; La
casa comune. Una costituzione per l'uomo, Cultura
Editrice, Firenze 1979; Il
sentiero di Isaia, Cultura Editrice, Firenze 1979;
per l'epistolario: (a
cura di Alessandro Quasimodo), Quasimodo - La
Pira. Carteggio, Scheiwiller,
Milano 1980; (a cura di Francesco Mercadante),
Lettere a Salvatore
Pugliatti, Studium, Roma 1980; (a cura di Dino
Pieraccioni), Lettere a casa
(1926-1977), Vita e pensiero, Milano 1981. Opere
su Giorgio La Pira: Ernesto
Balducci, Giorgio La Pira, Edizioni cultura della
pace, S. Domenico di
Fiesole (Fi) 1986; Amintore Fanfani, Giorgio La
Pira, Rusconi, Milano 1978;
Antonio Lugli, Giorgio La Pira, Messaggero, Padova
1978; Giuseppe Miligi,
Gli anni messinesi di Giorgio La Pira, Scheiwiller,
Milano 1980; Fioretta
Mazzei, La Pira. Cose viste e ascoltate, Lef,
Firenze 1980; AA. VV., La Pira
oggi, Atti del I convegno di studi, 4-7 novembre
1981, Fondazione G. La
Pira, Cultura, Firenze 1983; Pasquale Maffeo,
Giorgio La Pira, EDB, Bologna
1986; Vittorio Citterich, Un santo al Cremlino,
Edizioni Paoline 1986. Un
bel profilo sintetico e' stato pubblicato recentemente
in "Rocca" n.
13/2000]
[Nell'autunno del '44] La Pira era gia' una leggenda,
nel mondo a cui
appartenevo. Non sapevo, allora, che per un anno
intero aveva dovuto tenersi
al sicuro dai fascisti, rifugiandosi prima sulle
colline del Chianti e poi a
Roma, e che era tornato a Firenze da poco, il
2 settembre. Ne' potevo
immaginare che quel piccolo uomo era alla vigilia
di uno straordinario
destino politico e che avrebbe mobilitato, per
una avventura sotto molti
aspetti unica nella nostra storia, una citta'
intera, segnando per sempre la
vita di molte coscienze. Compresa la mia.
2. INIZIATIVE. UNA COMMEMORAZIONE
A VITERBO IL 4 NOVEMBRE CONTRO TUTTE LE
GUERRE
[Riportiamo un comunicato diffuso ieri dal Centro
di ricerca per la pace che
riferisce dell'esito dell'iniziativa "Ogni
vittima ha il volto di Abele"]
Questa mattina in piazza del sacrario a Viterbo
si e' svolta la cerimonia di
commemorazione delle vittime di tutte le guerre
promossa dal Centro di
ricerca per la pace con il motto "Ogni vittima
ha il volto di Abele" e con
l'impegno sancito dalla Costituzione della Repubblica
Italiana: "L'Italia
ripudia la guerra".
Nel silenzio e nel raccoglimento piu' profondi
e' stato deposto un fiore
dinanzi al sacello delle vittime della prima guerra
mondiale, un altro fiore
e' stato deposto dinanzi al monumento che ricorda
le vittime della seconda
guerra mondiale, ed un terzo dinanzi alla lapide
che ricorda in particolare
le vittime del nazifascismo.
La cerimonia ha avuto inizio alle ore 8 e si e'
conclusa alle ore 8,30.
La scelta dell'orario e' stata determinata dalla
precisa e netta volonta' di
distanziare temporalmente oltre che sul piano
morale l'iniziativa di
commemorazione delle vittime delle guerre promossa
dalla struttura
pacifista, rispetto alla "festa della guerra
e degli apparati di morte" che
alcune ore dopo sara' oscenamente inscenata dai
comandi militari e dalle
autorita' politiche.
Possa venire presto un tempo in cui non si permettera'
piu' di insultare la
memoria delle vittime della guerra; possa venire
presto un tempo in cui
sara' proibito di oscenamente festeggiare la guerra,
l'uccidere, gli
apparati di morte; possa venire un tempo in cui
si adempia la speranza e la
profezia del compianto padre Ernesto Balducci:
che la guerra, uscita per
sempre dalla sfera della razionalita', sia infine
cancellata dalla storia
umana.
Conclusasi l'iniziativa, il responsabile del Centro
di ricerca per la pace
ha diffuso la seguente dichiarazione:
1. La guerra e' nemica dell'umanita', poiche'
essa consiste nell'uccisione
di esseri umani. Non solo: nell'epoca aperta dall'orrore
di Hiroshima la
guerra mette in pericolo la sopravvivenza stessa
della civilta' umana.
Cosicche' e' un indispensabile imperativo morale
e civile, e un cruciale
necessario progresso culturale e politico, il
ripudio assoluto della guerra,
la sua assoluta e definitiva esclusione dal novero
dei mezzi a disposizione
dell'umanita' per gestire e risolvere i conflitti.
2. Vanno smascherati e confutati gli speciosi
sofismi di quanti la guerra
propugnano:
- La guerra non e' efficiente nel contrastare
il terrorismo: poiche' essa e'
prosecuzione e seminagione di stragi, odio e terrore:
essa e' il trionfo del
terrorismo; e' terrorismo elevato all'ennesima
potenza.
- La guerra non e' efficiente nel contrastare
le dittature: poiche' essa le
dittature provoca e moltiplica, e poiche' essa
stessa riducendo gli esseri
umani a nulla e' dittatura e nichilismo nella
sua essenza e nel suo farsi.
- La guerra non e' di natura diversa dall'omicidio:
solo che essa omicidi
esegue su scala di massa. E' quindi ingigantimento
dell'omicidio, omicidio
in forma di strage. E poiche' giustamente consideriamo
un progresso grande e
un provvedimento necessario - fortunatamente in
Italia gia' inserito
nell'ordinamento - l'abolizione dai sistemi penali
della cosiddetta "pena di
morte" (scilicet: omicidio di eseri umani
da parte di ordinamenti
giuridici), a maggior ragione dobbiamo estendere
tale giudizio e tale
interdetto alla guerra, che appunto consiste nell'irrogazione
della morte a
tanti esseri umani oltretutto senza processo e
nella gran parte di essi del
tutto innocenti di qualsivoglia crimine. Se prendiamo
sul serio la nostra
stessa legislazione penale, a maggior ragione
la guerra e' incompatibile col
nostro stato di diritto, con la nostra democrazia,
con la nostra civilta'
giuridica, con la nostra civile convivenza.
3. Solo chi ripudia la guerra e' fedele alla Costituzione
della Repubblica
Italiana e alla Carta delle Nazioni Unite, ovvero
alle fondamentali fonti di
diritto cui tutti dovremmo ispirarci nel nostro
agire. Con riferimento alla
Costituzione della Repubblica Italiana, che all'articolo
11
inequivocabilmente ed irrevocabilmente "ripudia
la guerra", va sottolineato
che siamo in presenza di un obbligo di legge per
tutti cogente, non
eludibile da parte di alcun cittadino italiano,
non eludibile da parte di
alcuna istituzione italiana che in tanto e' legittima
in quanto fedele alla
Costituzione.
4. Ma infine e decisivamente: la guerra consiste
nell'uccidere, nega quindi
il diritto alla vita. ma se si nega il diritto
alla vita, cessa la base
materiale di tutti i diritti umani e il primo
e fondante di essi diritti; e
cessa altresi' la possibilita' della convivenza,
della societa', della
civilta'; e cessa infine l'umanita' stessa come
esistenza concreta degli
individui che la compongono, come solidarieta'
che tutti gli esseri umani
tiene insieme, come impresa ed essenza comune
- la cultura umana, la
civilta' umana, la condizione umana, l'umana famiglia
- di tutti gli esseri
umani passati, presenti e futuri; e come sentimento,
come concetto, come
realta'.
5. Le vittime delle guerre passate devono essere
un perenne monito affinche'
non abbiano luogo nuove guerre che nuove vittime
provocherebbero. Il
rispetto alle vittime dovuto deve estrinsecarsi
nell'impegno ad impedire che
nuove vittime vi siano.
6. Solo chi si oppone a nuove guerre esprime sincero
lutto e solidarieta'
autentica per le vittime delle guerre passate.
Chi invece nuove guerre
propugna, prepara, decide, avalla, comanda ed
esegue e' indegno di
commemorare le vittime delle guerre passate, poiche'
col suo agire
nuovamente le uccide e le umilia.
7. Solo se si e' costruttori di pace si e' avversari
della guerra. E solo se
si e' avversari della guerra si raccoglie il muto
messaggio delle vittime
della guerra, l'appello che dal loro volto, dalla
loro vicenda promana. E
per essere costruttori di pace occorre fare la
scelta teoretica e pratica,
morale e civile, della nonviolenza. La nonviolenza
e' la scelta
dell'opposizione integrale, la piu' nitida e la
piu' intransigente, alla
violenza in tutte la sue forme: alle oppressioni,
come alle dittature, come
al terrorismo, come alle guerre. La nonviolenza,
come ebbe a scrivere Aldo
Capitini, e' il varco attuale della storia.
3. RIFLESSIONE. ALBERTO CASTAGNOLA:
RELAZIONE AL SEMINARIO DELLA RETE
LILLIPUT SULLA NONVIOLENZA
[Pubblichiamo il testo della relazione di Alberto
Castagnola "Campagne per
una economia di giustizia e prassi di nonviolenza
attiva: un incontro
possibile?" presentata al seminario sulla
nonviolenza promosso dalla Rete
Lilliput a Ciampino il 27-29 settembre 2002. Alberto
Castagnola e' nato a
Roma nel 1936, economista, ricercatore presso
l'Ispe. Collabora con l'
Archivio Disarmo, Idoc, Greenpeace Italia, l'Associazione
per la pace, la
rete Lilliput. Tra le opere di Alberto Castagnola:
Multinazionali ed imprese
estere in Italia (1982); Alle radici della fame
(1984); Biotecnologie, una
nuova industria (1986); La riconversione dell'industria
militare (con Mario
Pianta, 1990)]
1. Nel documento che lanciava l'idea della costituzione
della Rete Lilliput,
il manifesto nato all'interno del Tavolo delle
Campagne qualche mese prima
di Seattle, veniva esplicitata la scelta in favore
della nonviolenza come
criterio che doveva ispirare l'azione della rete
e come metodo che doveva
connotare le azioni e le mobilitazioni dell'insieme
dei gruppi che avessero
aderito a Lilliput, anche se non tutti i gruppi
che si sono rivolti alla
rete per collaborare avevano gia' maturato delle
esperienze basate sulla
filosofia della nonviolenza. Quindi, mentre gran
parte dei gruppi erano
caratterizzati da analisi e azioni relative ai
temi internazionali, (anche
se operavano in settori diversi, dal commercio
equo e solidale al sostegno
di popolazioni in difficolta'), l'ispirazione
nonviolenta era una scelta
fatta a priori, basata evidentemente su alcune
valutazioni della situazione
determinatasi a livello internazionale e in particolare
nei paesi del Sud
del mondo. Essa quindi richiedeva alla Rete un
particolare impegno per
quanto riguardava l'approfondimento e una convinta
adesione alla teoria e
alla pratica di tale visione del mondo.
2. L'occasione di effettuare un massiccio intervento
di approfondimento dei
problemi della nonviolenza e di adottare su scala
relativamente ampia delle
tecniche con essa coerenti si e' presentata alla
Rete Lilliput in previsione
della mobilitazione di Genova del luglio 2001.
Venne all'epoca deciso, con
un notevole anticipo, di avviare un intenso programma
di formazione e la
costituzione di gruppi di affinita', costituiti
da persone che adeguatamente
formate e abituate a svolgere azioni nonviolente
insieme, dovevano essere in
grado di partecipare senza rischi e di svolgere
attivita' dimostrative,
attraenti e sensibilizzanti. Le persone formate,
anche se a livelli diversi
di preparazione, furono circa 500, ma questo numero,
per quanto rilevante
per gli scarsi mezzi a disposizione, si rivelo'
assolutamente insufficiente
di fronte all'estremo grado di violenza che caratterizzo'
i giorni delle
manifestazioni, ad eccezione di alcune situazioni
dove i gruppi Lilliput
furono in grado di effettuare azioni di nonviolenza
attiva piuttosto
rilevanti a ridosso della cosiddetta "zona
rossa". Viceversa la protezione e
la compattezza dei cortei non furono realizzate
nella misura che sarebbe
stata necessaria vista la violenza scatenatasi
in piu' parti della città.
3. In questi giorni sono stati rinnovati gli impegni
sulle scelte
nonviolente e si stanno decidendo ulteriore tentativi
di formazione per
altri gruppi di lillipuziani, in quanto la Rete
intende approfondire la
tematica all'interno di tutti i nodi e organizzare
dei Gruppi di azione
nonviolenta (in sigla: Gan) ovunque sia possibile.
Le mobilitazioni sia
nazionali che locali lanciate dalla Rete (possibilmente
non da sola),
richiederanno certamente lo svolgimento di iniziative
di pressione non
saltuarie e piu' incisive, dato l'aggravarsi della
situazione internazionale
(con guerre e coinvolgimenti diretti dell'Italia)
e le prospettive non certo
positive che si delineano in questi giorni (tra
crisi economiche e conflitti
senza limiti).
4. Se si guarda alle iniziative lanciate dai gruppi
di lavoro tematici nel
corso del 2002, si puo' cercare di dare loro una
certa sistematicità e
coerenza se si ipotizza che la Rete sta cercando
di far operare tutti i nodi
e quindi la maggior parte dei gruppi aderenti
in alcune "dimensioni
culturali" che dovrebbero, nel giro di qualche
mese, ispirare e
caratterizzare le iniziative concrete avviate
o in programma.
In modo abbastanza schematico, si possono individuare
almeno quattro filoni
di pensiero e di elaborazione attualmente perseguiti
(anche se non tutti
hanno raggiunto lo stesso livello di acquisizione
e diffusione):
a) Rifiuto del pensiero liberista e della globalizzazione
dominante e avvio
della riflessione sulla economia solidale;
b) Principi e tecniche della nonviolenza attiva;
c) Criteri e metodologie del calcolo dell'impronta
ecologica;
d) La partecipazione della societa' civile alla
definizione del bilancio
degli enti locali.
In sostanza sembra che la Rete, pur con i vincoli
derivanti dalle limitate
disponibilita' di mezzi, cerca di far acquisire
a tutti i gruppi
partecipanti un minimo di conoscenza (sulle teorie
e sulle metodologie di
attuazione) di alcuni sistemi di interpretazione
del mondo e di possibilita'
concrete di intervenire per modificare dei meccanismi
dominanti giudicati
inaccettabili.
5. Occorre far notare che non si tratta di diffondere
o imporre alcune
ideologie gia' sistematizzate, da accogliere o
rifiutare senza poter fare
alcuna elaborazione. Si tratta invece di alcune
posizioni, ad esempio verso
il sistema economico dominante, gia' condivise
dai gruppi aderenti, per le
quali si cerca di individuare i metodi di azione
piu' adeguati per costruire
sistemi alternativi. Inoltre, questa impostazione,
come nel caso
dell'impronta ecologica, non propone alla Rete,
ai nodi, alle associazioni
e ai gruppi aderenti, di diventare una organizzazione
ambientalista o di
assorbire tutto il pensiero ecologista e le diverse
posizioni dei "verdi",
ma suggerisce invece che le iniziative della Rete
devono sempre tenere
presente il rischio di danno ambientale delle
proposte formulate e
l'eccessivo onere che gia' da tempo grava sulle
popolazioni del mondo e che
impone interventi di urgenza (dal blocco delle
nuove dighe alla sostituzione
delle fonti energetiche non riproducibili).
6. In questo senso il pensiero nonviolento deve
costituire la base
dell'alternativa, in una prospettiva di economia
non competitiva e meno
veloce, fortemente influenzata dalla ricerca della
giustizia, della
solidarieta' e della salvaguardia della natura.
A questa ispirazione,
inoltre, si deve accompagnare, per una parte almeno
dei partecipanti ai
gruppi della Rete, quelli piu' attivi e orientati
alla realizzazione delle
alternative, un aumento delle capacita' di reagire
alle violenze e alle
illegalita' del sistema con metodi e tecniche
di nonviolenza attiva. Cio'
significa potenziare le capacita' di esercitare
pressioni durature e
progressivamente crescenti, volte al conseguimento
di obiettivi concreti.
Occorrono formazione ed esercitazioni, perche'
ogni nodo giunga a disporre
sul proprio territorio di gruppi di persone in
grado di dare sostanza alle
iniziative e alle mobilitazioni, per scopi locali
o per partecipare alle
mobilitazioni nazionali o internazionali.
7. Questa maniera di concepire la Rete come una
entita' che agisce
sperimentando ed elaborando ipotesi di lettura
della realta' e costruendo
nuovi modelli da verificare senza mediazioni,
dovrebbe permettere (in misura
ancora non prevedibile) di evitare alcuni aspetti
dell'agire politico che
risultano aver fortemente ridotto le capacita'
di analizzare la realta' e di
elaborare progetti sociali attraenti:
- Permettere di individuare obiettivi concreti
anche in assenza di un
compiuto modello alternativo a quello dominante
(ad esempio, sono gia' molti
anni che il modello di tipo socialista e' praticamente
scomparso
dall'orizzonte del pensiero politico) e quindi
senza perdere troppo tempo
nelle teorizzazioni prive di riscontri nella realta'
e senza capacita' di
radicamento sociale.
- Permettere di costruire continuamente dei rapporti
tra teoria e pratica,
senza perdersi nelle elucubrazioni e sperimentando
subito nel concreto la
validità delle idee emerse.
- Poter operare senza bisogno di leader carismatici
o del lavoro estremo di
militanti votati al sacrificio oppure di rappresentanti
ad alta risoluzione
mediatica, ma facendo funzionare un organismo
complesso capace di
valorizzare tutti e di espandersi e di riorganizzarsi
continuamente.
8. Infine, sembra sia opportuno concludere questi
ragionamenti (in gran
parte considerazioni dirette a spingere in avanti
il processo in atto, volte
a provocare reazioni costruttive), fornendo almeno
due giustificazioni di
fondo di questa scelta nonviolenta che continua
ad apparirci l'unica
significativa nella attuale situazione internazionale.
a) La storia degli ultimi decenni sembra caratterizzata
da un accentuarsi
dei meccanismi di sopraffazione su larga scala:
il prelievo illimitato delle
risorse dalla terra e dalle popolazioni del Sud
del mondo, la diffusione dei
sistemi di sfruttamento senza controlli della
manodopera (con l'aumento
incessante della forza lavoro in condizioni simili
alla schiavitu' e di
quella minorile), l'aumento delle migrazioni per
insostenibilita' della vita
nei paesi di origine o per i movimenti forzosi
causati da conflitti o da
crisi ambientali, l'aumento delle persone colpite
da malattie endemiche
curabili (tubercolosi, malaria, ecc.) e di quelle
ancora in lotta contro la
fame e la malnutrizione, la carenza di terre disponibili
e l'inurbamento
sempre piu' accelerato. Tutti questi fenomeni
sono ancora affrontati con
interventi poco efficaci o che addirittura tendono
a peggiorare la
situazione e ancora non si registrano segnali
di un cambiamento delle
strategie delle organizzazioni internazionali
e dei paesi piu' ricchi.
Il primo obiettivo sembra quindi essere quello
di ridurre drasticamente i
meccanismi che generano violenza e sofferenze,
cercando di ridare capacita'
di movimento e di iniziative ai piu' di tre miliardi
di persone poste ai
margini dei processi evoluti positivi. Si deve
quindi svelare la violenza
insita in tanti meccanismi economici e sociali
gabellati come neutrali o
addirittura positivi mentre e' ormai molto difficile
pensare di entrare in
conflitto con essi quando le popolazioni che sono
state immerse nel
benessere (o presunto tale) dei paesi industriali
non sono disposti a
metterlo in discussione, quando non vogliono addirittura
difenderlo ad ogni
costo, incluse delle guerre sanguinose e senza
fine. L'azione di
"svelamento" richiede preliminarmente
un forte giudizio negativo rispetto ai
meccanismi di violenza e quindi l'azione di persone
che siano uscite dalle
illusioni dello "sviluppo per tutti",
siano cioe' decondizionate dalle
lusinghe del falso benessere. L'ispirazione nonviolenta
costituisce
sicuramente una buona base per conseguire la necessaria
autonomia di
pensiero e di modalità di consumo.
b) La seconda motivazione e' emersa con estrema
chiarezza a Genova nel 2001
ma e' stata piu' volte riconfermata dal mese di
settembre dello stesso anno
ad oggi, ma con prospettive tendenti sicuramente
all'aumento per un futuro
non breve. Si potrebbe semplificare in termini
di riapparizione del ricorso
alle aggressioni militari come comportamento "normale"
nei rapporti tra gli
Stati, ma queste parole non sono affatto sufficienti
a descrivere quanto sta
succedendo sotto i nostri occhi. In realta', infatti,
come confermano in
pratica tutte le analisi anche un anno dopo il
salto qualitativo degli
attacchi terroristici, i maggiori Stati sembrano
essere ritornati trecento
anni indietro, in quanto tutte le norme e le convenzioni
faticosamente
emerse per ridurre alcuni degli aspetti piu' tremendi
delle guerre (rispetto
delle popolazioni civili, divieto di uso di mezzi
letali non controllabili
come le armi chimiche e quelle batteriologiche,
nuove ipotesi di uso di un
nucleare "perfezionato", assassinio
di governanti, trattamento dei
prigionieri, ecc.) sembrano essere stati completamente
dimenticate. Inoltre
la previsione di una possibilita' infinita di
guerre viene enunciata senza
che esistano dei meccanismi che ridimensionino
un fenomeno di tale
pericolosita' per tutta la popolazione mondiale.
A fronte di un imbarbarimento di questa portata,
ogni elucubrazione
teoretica e ogni mediazione politica sembrano
fuori luogo, sono sentite come
completamente inadeguate a porre limiti a quanto
sta succedendo. Forse solo
delle posizioni molto radicali, che negano ogni
utilita' alle guerre come
strumento per risolvere i problemi denunciati
dal diffondersi del
terrorismo, possono offrire una sponda al desiderio
di tante persone di non
assistere e di non partecipare ad altre guerre.
Forse solo insistendo su
cosa si deve fare "invece" di scatenare
un altro conflitto puo' suscitare
delle reazioni di massa capaci di cambiare il
corso degli eventi. Forse far
conoscere a tutti cosa si deve realizzare "invece"
della guerra, ad esempio
garantire una diversa prospettiva di vita a tre
miliardi di persone
escludendo qualunque iniziativa violenta e aggressiva,
puo' essere la strada
da percorrere per disinnescare l'esplosione gia'
pianificata.
4. RIFLESSIONE. PASQUALE PUGLIESE:
RELAZIONE AL SEMINARIO DELLA RETE
LILLIPUT SULLA NONVIOLENZA
[Pubblichiamo la relazione di Pasquale Pugliese
"I Gruppi di azione
nonviolenta: un progetto di azione per la Rete"
presentata al seminario
sulla nonviolenza promosso dalla Rete Lilliput
a Ciampino il 27-29 settembre
2002. Pasquale Pugliese (per contatti: puglipas@interfree.it)
e' impegnato
nel Movimento Nonviolento e nella Rete Lilliput,
ed e' soprattuto merito suo
se la proposta dei Gruppi di azione nonviolenta
e' divenuta finalmente
oggetto di riflessione - e speriamo anche di impegno
in un prossimo futuro -
per molte persone]
Il sistema nel quale viviamo e' profondamente
in crisi dal punto di vista
energetico, ecologico e sociale. E' in atto un
drammatico conflitto tra il
modello economico dominante e la biosfera. Il
potere imperiale che governa
il pianeta sta operando una trasformazione violenta
di questo conflitto,
sovrapponendo alla violenza strutturale, sulla
quale e' fondato, la violenza
diretta della repressione verso il dissenso interno
e della guerra
permanente verso l'esterno. In questa fase di
conflitto l'uso della
violenza diretta ha anche, e forse soprattutto,
la funzione mimetica di
nascondere le ragioni della crisi e puntare tutte
le attenzioni sul/sui
"nemico/ci", causa di tutti i mali.
Cio' pone ai movimenti di resistenza e costruzione
delle alternative una
doppia sfida, una doppia alternativa:
- di contenuto: ridurre l'impatto del sistema
energetico-economico-sociale
sulla biosfera, ossia ridurre l'impronta ecologica
e sociale, per uscire
della crisi planetaria;
- di metodo: ribaltare la trasformazione violenta
del conflitto operando la
sua trasformazione in senso nonviolento, per svelare
ed affrontare le vere
ragioni del conflitto.
In questo quadro, sono almeno due le ragioni principali
per operare la
scelta consapevole della nonviolenza:
1) per superare la scissione tra etica e azione
politica
(machiavellicamente: "il fine giustifica
i mezzi") e reinserire l'etica
nella politica (gandhianamente: "il mezzo
sta al fine come il seme sta all'
albero");
2) perche' puo' essere efficace, per le seguenti
ragioni:
a) la nonviolenza interviene sui processi per
modificare le strutture
profonde della societa' e non solo sugli eventi
indotti. E' pro-attiva
piuttosto che re-attiva. Ha una propria agenda
che cerca di realizzare,
anche attraverso il lavoro al "programma
costruttivo", e non risponde solo
ad input esterni;
b) ha un approccio complesso al conflitto nel
quale non considera solo i due
soggetti esplicitamente avversari - oppresso ed
oppressore - ma tiene conto
delle fondamentali terze parti, delle quali cercare
la simpatia, il consenso
ed infine l'alleanza.
E' quest'ultimo un punto cruciale sul quale soffermarsi.
Gia' nel 'Cinquecento Etienne de La Boetie nel
suo Discorso sulla servitu'
volontaria, ha evidenziato come le vere radici
del potere stanno nella
"complicita'" di chi lo subisce. Secondo
Sharp le ragioni dell'obbedienza
sono l'abitudine, la paura delle sanzioni, l'obbligo
morale, l'interesse
personale, l'identificazione psicologica con il
governante, le "zone
d'indifferenza", la mancanza di fiducia in
se stessi. Cio' e' ancor piu'
vero nel sistema capitalista nel quale il sostegno
principale al sistema non
e' dato tanto dall'esercito o dalla polizia quanto
da quel venti per cento
di cittadini del mondo ricco che da un lato dissipa
le risorse economiche,
ecologiche ed energetiche di tutti e dall'altro
comincia, per lo piu'
inconsapevolmente, a pagarne le conseguenze.
"Il capitalismo z" sostenuto piu' dall'adesione
passiva che dalla forza -
spiega Brian Martin nel suo Nonviolenza contro
capitalismo -. Nelle societa'
capitalistiche le persone vivono la loro vita
quotidiana invischiate in una
rete di credenze e di piccole azioni che costantemente
ripresentano loro
cio' che e' possibile e desiderabile. Quando la
gente consuma un pasto
pronto, vede e ascolta la pubblicita', indossa
abiti firmati, aspira a
ulteriori possessi materiali e si adatta a competere
in un mercato del
lavoro rigido, ecco che si trova coinvolta in
comportamenti e sistemi di
credenze che riflettono e riproducono uno stile
di vita dominato dal
capitalismo. Se molti disobbedissero alle leggi,
l'intervento della polizia
o dell'esercito potrebbe essere controproducente
o inutile, ma il fatto e'
che quasi tutti si adeguano al sistema, anche
coloro che gli sono contrari.
Si tratta dunque di elaborare una politica che
distrugga le credenze del
capitalismo e che dia impulso ed espansione a
una nuova sfida".
Si tratta, pertanto, di agire parallelamente nei
confronti del potere e
delle "terze parti" che, consapevolmente
o meno, lo sostengono. E dunque
anche su noi stessi.
Ma, nella situazione data, affinche' la scelta
della nonviolenza da parte di
Rete Lilliput sia effettivamente efficace bisogna
soddisfare tre condizioni
di efficacia:
1) uscire dal generico della a-violenza e della
non violenza ed entrare
nello specifico della nonviolenza, ossia del metodo
satyagraha come proposto
dai movimenti gandhiani. Cio' significa che non
si tratta di non rompere le
vetrine durante un corteo pacifico, ma di appropriarsi
di un metodo
complessivo di azione che ha propri principi,
strategie (nel senso di agire
su piu' strati), tattiche e tecniche;
2) passare dal dire nonviolenza al fare nonviolenza.
Ossia cominciare a
praticare cio' che scriviamo sui nostri documenti,
considerando che nella
suddivisione dei saperi - sapere, saper essere,
saper fare - in ambito
lillipuziano siamo probabilmente abbastanza concentrati
sui primi due (di
piu' sul secondo che sul primo), ma assolutamente
in ritardo sul terzo,
cioe' sul saper fare nonviolenza;
3) avviare seri e diffusi percorsi di formazione
teorico-pratica alla
nonviolenza.
L'insieme di queste tre condizioni ci consentirebbe
di acquisire la
nonviolenza come metodo, ossia di passare da una
dimensione puramente ideale
della nonviolenza ad una metodologica. Perche'
la nonviolenza e' metodo ed
e' metodo sperimentale, nel quale la teoria si
confronta sempre con la
pratica e in questo confronto il metodo stesso
evolve, arricchendosi di
sempre nuove dimensioni e producendo imprevedibili
risultati.
I Gruppi di azione nonviolenta (in sigla: Gan)
possono diventare lo
strumento lillipuziano per l'uso consapevole e
complessivo del metodo
nonviolento.
Denominare Gan i nascenti gruppi lillipuziani,
che s'affacciano oggi sulla
strada della nonviolenza, significa non partire
da zero - vizio spesso
diffuso nei nostri gruppi e movimenti - ma riallacciarsi
ad una storia che
e' all'origine della diffusione in Italia della
nonviolenza attiva. Infatti,
nella nonviolenza italiana Gan non e' una sigla
nuova: nei primi anni '60 un
gruppo di sei giovani di diverse citta', coordinati
da Pietro Pinna, diedero
vita al primo Gruppo di Azione Diretta Nonviolenta
che sparse i semi per l'
introduzione anche in Italia delle tecniche di
azione nonviolenta, già da
tempo sperimentate all'estero. Il gruppo conflui'
poi nel nascente Movimento
Nonviolento fondato da Aldo Capitini.
L'obiettivo e' quello di avere nei prossimi anni
un Gan per ogni nodo
Lilliput, allo scopo di poter mettere in campo
una vera strategia
lillipuziana, reticolare e nonviolenta.
- Lillipuziana: perche' si attiva dal basso, dai
territori locali nei quali
si comunica a viso aperto con i propri concittadini,
utilizzando al meglio
la dimensione comunicativa delle azioni dirette
nonviolente, e dove si puo'
lavorare concretamente ed efficacemente alla realizzazione
dei programmi
costruttivi;
- reticolare: perché la costituzione dei
Gan presso i nodi consente di
sviluppare una rete di attivisti diffusa su buona
parte del territorio
nazionale capace, se opportuno o necessario, di
attivarsi anche
sincronicamente;
- nonviolenta: perche' usa il metodo nonviolento
come propria specifica
modalita' di attivazione, gestione e trasformazione
dei conflitti, ed in
particolare le azioni dirette nonviolente.
Il Gruppo di lavoro tematico su "nonviolenza
e conflitti" indica ai nodi i
seguenti quattro possibili ambiti d'intervento
dei Gan, quattro possibili
piste di lavoro o sentieri da esplorare, che non
ne esauriscono le
possibilita' ma propongono dei punti di avvio.
- i Gan sarebbero lo strumento di azione attraverso
il quale le campagne
lillipuziane possono agire con il metodo nonviolento,
attivando, tra l'
altro, la gandhiana "legge della progressione"
che prevede il passaggio
graduale dalle forme piu' blande di azione a quelle
via via piu' incisive e
radicali fino alla realizzazione dell'obiettivo
essenziale stabilito, per
passare poi ad un nuovo obiettivo;
- i Gan agirebbero, nei propri territori, sulle
conseguenze nel tessuto
locale dei fenomeni globali, attivando un conflitto
sul tema più sentito
nelle proprie comunita' con il metodo nonviolento
che prevede parallelamente
l'azione diretta ed il "programma costruttivo";
- una rete di Gan diffusa sul territorio nazionale
sarebbe di fatto un
presidio democratico di fronte alle involuzioni
autoritarie alla quale
stiamo assistendo in Italia, e non solo, una volta
acquisite le capacita' di
attivarsi come "difesa popolare nonviolenta"
da un aggressore interno alle
istituzioni democratiche;
- i Gan potrebbero divenire gruppi d'appoggio
e di supporto per i Corpi
Civili di Pace in missione in situazioni di guerra.
Naturalmente tutto cio' potra' avvenire solo nella
misura in cui i nodi ed i
singoli lillipuziani decideranno di dare testa
e gambe a questo progetto,
all'interno delle realtà locali.
Ricordando che la Rete Lilliput, e dunque tutti
noi, ha una doppia
responsabilita':
- una responsabilita' nei confronti degli altri
movimenti, che hanno delle
attese rispetto alla nonviolenza che la Rete ha
avuto il coraggio di
scegliere e proclamare, e adesso deve fare e dimostrare;
- una responsabilita' verso la deriva violenta
del conflitto strutturale in
corso, che se non proviamo a trasformare noi in
senso nonviolento, e prima
che sia troppo tardi, nessun altro, almeno in
Italia, potra' farlo.
5. MAESTRE. SEYLA BENHABIB: LA
POSTA IN GIOCO
[Il brano seguente abbiamo estratto dall'intervista
a Seyla Benhabib su "La
filosofia politica femminista" che abbiamo
gia' pubblicato integralmente nel
n. 160 del nostro notiziario. "Seyla Benhabib
e' nata ad Istanbul nel 1950.
E' professoressa di Teoria politica presso l'universita'
di Harvard. Ha
conseguito il dottorato in filosofia nel 1977
all'universita' di Yale. Dal
1979 al 1981 e' stata Alexander von Humboldt Fellow
a Starnberg e
Francoforte. Ha studiato filosofia, politica e
storia del pensiero femminile
a Boston, presso la New School for Social Research.
E' stata professoressa
ospite presso le universita' di Costanza, Francoforte
e Macerata. Dal 1986
al 1992 e' stata coeditrice di "Praxis International".
Seyla Benhabib si e'
occupata di teoria critica, filosofia politica
e femminismo. Ha indagato le
relazioni della teoria critica della societa'
con la tradizione del pensiero
politico e con l'etica contemporanea. Ha difeso
un progetto di etica
universale che risente delle suggestioni di Habermas
e che intende integrare
il pensiero femminile e il criticismo all'interno
di un'etica dialogica che
prospetta l'atto etico come capacita' di entrare
in relazione con il punto
di vista dell'altro. Recentemente Seyla Benhabib
ha focalizzato i suoi
interessi sul pensiero femminista; sta lavorando
ad un libro che esamina la
filosofia politica di Hannah Arendt (The Reluctant
Modernism of Hannah
Arendt)" (scheda estratta dal sito www.emsf.rai.it).
Opere di Seyla
Benhabib: Critique, Norm and Utopie. A study of
the Foundations of Critical
Theory, Columbia University Press, 1986; Fischer
Verlag, 1992; (con
Drucilla Cornel), Feminism as Critique, Polity
and Minnesota Presses, 1987;
(con Fred Dallmayr), The communicative Ethics
Controversy, MIT Press, 1988;
Situating the Self. Gender, Community and Postmodernism
in contemporary
Ethics, Routledge and Polity Presses, 1992]
Ritengo che il femminismo sia uno dei piu' interessanti
movimenti sociali,
politici, culturali e intellettuali della seconda
meta' di questo secolo.
Esso, infatti, pone questioni estremamente significative
e rilevanti per
l'intera civilta': invita le donne a interrogarsi
sulla propria identita',
sul proprio corpo, sulle proprie emozioni, sulla
propria sessualita', a
riflettere e a divenire consapevoli di aspetti
dell'esistenza mai
considerati prima, o a cui si era prestata ben
poca attenzione. Sotto questo
aspetto, il femminismo e' una rivoluzione di lunga
durata, la piu' lunga di
tutte, perche', contrariamente a ogni rivoluzione
che ha di mira
trasformazioni di tipo politico, sociale ed economico,
la posta in gioco e'
l'identita', il modo autentico di essere sessuati
all'interno del proprio
corpo.
6. INCONTRI. DIBATTITI PROMOSSI
E SEGNALATI DALLA MARCIA MONDIALE DELLE
DONNE A FIRENZE
[Riceviamo e volentieri diffondiamo]
Qui di seguito alcuni dibattiti promossi dalla
Marcia mondiale delle donne o
da altre organizzazioni al Forum sociale europeo
di Firenze:
* Venerdi' 8 novembre, ore 9,30, conferenza su
"Donne-uomini: un conflitto
necessario per un futuro comune. Coordinano Nadia
De Mond e Angelika Psarra.
Interventi: Le radici del dominio maschile, Christine
Delphy (Marcia delle
donne, Francia); La divisione sessuale del lavoro,
Sianou Fotini (Ces,
Grecia); La violenza domestica, Pragna Patel (Black
sisters, Gran Bretagna);
Il conflitto di genere nel mondo del lavoro, (L.Gonzales,
Ela, Euskadi); Chi
controlla la procreazione?, Wanda Nowizka (Polonia);
Potere politico e
democrazia di genere, Lidia Cirillo (Quaderni
viola, Italia).
E inoltre:
* Giovedi' 7 novembre, ore 14,30, seminario su
"L'autodeterminazione delle
donne fra divieti, integralismi religiosi, nuove
tecniche di riproduzione
assistita e mercificazione del corpo" (Marcia
delle donne);
* Giovedi 7 novembre: dibattito su Per un'Europa
disarmata e neutrale contro
la guerra (Convenzione donne contro le guerre).
* Giovedi 7 novembre, ore 17,30, incontro su "Politica
del vivere,
vivibilita' della politica" (Vado Wave, Unifem).
* Venerdi' 8 novembre ore 14,30, seminario su
"Prostituzione tra schiavitu'
e scelta" (Marcia delle donne).
* Venerdi' 8 novembre, seminario su "Donne
migranti, rapporto Nord-Sud:
quale politica?" (Associazione Nosotras).
* Venerdi' 8 novembre, seminario su "Donne
e sindacalismo" (Intersindacale
donne).
* Venerdi' 8 novembre, seminario su "Sfruttamento
manodopera femminile nel
sud del mondo" (Sweated sisters).
* Venerdi' 8 novembre, seminario su "Identita'
delle donne nei Balcani".
* Venerdi' 8 novembre, ore 17,30, seminario su
"Che il futuro non ci sia
indifferente. Lesbiche, gay, transessuali nel
progetto di un'Europa sociale"
(ArciLesbica).
* Sabato 9 novembre, ore 9,30, incontro su "Dopo
la Marcia del 2000 quali
strategie per le lotte delle donne in Europa?"
(Marcia delle donne).
* Inoltre (ma non conosciamo ancora le date):
"Missing-links, femminismo e
resistenza globale" (Nextgenderation Network);
Prospettive di genere di
Attac in Europa (Attac).
Vi invitiamo al nostro stand e a partecipare con
noi alla manifestazione di
sabato.
Per contatti: e-mail: cirillo33@tiscali.it; marchfem@ras.eu.org;
Sito della
Marcia mondiale delle donne: www.ffq.qc.ca/marche2000
7. DIGNITA'. DARIO FO E FRANCA
RAME: APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
AFFINCHE' NON FIRMI LA LEGGE CIRAMI
[Da Jacopo Fo (per contatti: jacopofo@alcatraz.it)
riceviamo questo
comunicato diffuso il 4 novembre da Dario Fo e
Franca Rame che sono tra i
promotori della petizione affinche' il Presidente
della Repubblica non
avalli la scellerata legge Cirami]
Stamattina è stata inviata al Presidente
della Repubblica Carlo Azeglio
Ciampi una petizione firmata da quasi diciottomila
persone per chiedere al
Presidente di non firmare la legge Cirami che
dovrebbe essere approvata dal
Senato domani.
Di seguito il testo della petizione:
Al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi
Signor presidente,
vogliamo esprimerLe tutta la nostra preoccupazione
per l'attuale situazione
del nostro paese.
In particolare siamo spaventati per gli effetti
che la cosiddetta "Legge
Cirami" avrebbe sulla lotta contro il terrorismo
e la criminalita'
organizzata.
Si tratta di una legge fatta su misura per salvare
alcuni personaggi
dell'attuale governo. E gia' questo sarebbe scandaloso
e vergognoso perche'
farebbe saltare il principio fondamentale della
legalita' che vuole i
cittadini uguali davanti alla giustizia.
Ma una volta approvata questa legge avrebbe un
effetto disastroso anche
sullo stato gia' precario della legalita' in Italia.
Per salvare un gruppo
di potenti si stanno demolendo gli strumenti che
lo stato democratico ha a
disposizione per proteggere i cittadini.
Lei, signor Presidente, e' l'unica autorita' dello
Stato che oggi possa
impedire questo disastro rifiutandosi di convalidare
con la Sua firma questa
legge. E speriamo che Lei voglia passare alla
storia come l'uomo che ha
salvato la legalita' in Italia piuttosto di essere
ricordato come un Ponzio
Pilato che si e' fatto indietro in un momento
cosi' grave per la nostra
Repubblica.
8. MAESTRE. LALLA ROMANO: COME
PRIGIONIERI STANCHI
[Da Lalla Romano, Poesie, Einaudi, Torino 2001,
p. 93. Lalla Romano e' stata
una delle pittrici e delle scrittrici piu' grandi
del Novecento]
Come prigionieri stanchi
trasciniamo le catene
con pesante dolore
Non cosi' amano i santi
dipinti sulle cattedrali
in un mite fulgore
non cosi' i liberi fiumi
i casti alberi i cieli
in tenero splendore
9. INIZIATIVE. GIULIO VITTORANGELI:
SOSTENIAMO LA "CAMPAGNA BANANERAS"
[Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli@tin.it)
e' uno dei
principali collaboratori di questo foglio, e una
delle persone migliori di
questo mondo (degli altri mondi non sapremmo dire,
ma di questo si')]
Nel 1977 l'Agenzia Federale della Protezione dell'Ambiente
degli Stati Uniti
proibisce l'uso di un pesticida chiamato Nemagon,
considerando i suoi
componenti chimici altamente tossici.
Nonostante cio', per piu' di dieci anni, il Nemagon,
continua ad essere
esportato ed utilizzato nelle piantagioni di banane
del Centro e Sud
America, Africa e Asia. Questo veleno, oltre ad
essere altamente tossico per
l'ambiente, ha causato centinaia di morti e prodotto
nei sopravvissuti danni
gravissimi e permanenti: malformazioni, sterilita',
tumori, malattie della
pelle, disturbi alla vista...
Il tutto e' iniziato circa 40 anni fa, quando
il Centroamerica era un gran
feudo bananero, piegato agli interessi delle multinazionali
del settore
frutta. Quando i governanti delle "Repubbliche
delle Banane" non erano altro
che note musicali all'interno della sinfonia che
suonavano dagli
altoparlanti di Wall Street, del pentagono, della
Casa Bianca e della Cia.
L'unico dio era il dollaro. L'unica legge la repressione
ed il silenzio. La
patria era in svendita ed in mano straniera. La
democrazia era una parola
che appariva sui libri e sull'enciclopedia. I
diritti umani e dei lavoratori
soccombevano davanti alle leggi immorali del capitale.
Bisogna riconoscere
che le cose non sono cambiate molto negli ultimi
anni.
In Nicaragua le bananeras sono concentrate nel
dipartimento di Chinandega,
nella parte occidentale del paese. Per una giornata
di lavoro il salario e'
di un dollaro. Si contano almeno quattrocento
morti e ottomila persone
contaminate. Finalmente, nel gennaio del 2001,
dopo due anni di lotte
durissime, un'associazione composta da circa 4000
ex lavoratrici e
lavoratori delle bananiere (Asotraexdan), tutti
ammalati, riesce a fare
approvare al Parlamento nicaraguense la Legge
364, "Legge Speciale per
promuovere processi richiesti dalle persone colpite
dall'uso di pesticidi
fabbricati a base di DBCP". Questa legge,
unica al mondo, consente ai
lavoratori di muovere causa legale alle sette
multinazionali responsabili di
avere prodotto, distribuito e utilizzato il Nemagon:
Dow Chemical Corp.;
Shell Oil Company; Standard Fruit Company; Standard
Fruit and Steamship;
Dole Fruit Company; Chiquita Brand Inc e Del Monte
Tropical Fruit
Corporation. La causa legale che doveva chiudersi
con una sentenza in
agosto, e' stata sospesa in seguito alle fortissime
pressioni esercitate dal
governo nordamericano sul governo del Nicaragua,
attraverso l'ex
ambasciatore Oliver Garza, affinche' la legge
364 sia dichiarata
incostituzionale.
La grande marcia in difesa della legge di domenica
20 ottobre 2002 (i
bananeros hanno conteggiato piu' di diecimila
persone) a Chinandega, la
pressione dei mezzi d'informazione nazionali e
la grande risonanza che ha
avuto il caso sul territorio nazionale, ma anche
all'estero, hanno spinto il
governo del Nicaragua a ritrattare le azioni che
aveva intrapreso per far
dichiarare incostituzionale la Legge 364. L'intenzione
della Asotraexdan e'
ora, chiaramente, di non ritirare il piano di
lotta e di continuare a
rimanere all'erta per verificare se veramente
il governo sia intenzionato a
rispettare gli accordi presi. Sicuramente quello
ottenuto e' un gran
risultato, ma il cammino e' ancora molto lungo.
Victorino Espinales (Presidente della Asotraexdan)
commentava che l'attuale
governo nicaraguense di Balanos, e' molto piu'
pericoloso di quello
precedente di Aleman. Balnos e' molto piu' sottile
ed agisce di nascosto
senza quasi farsi accorgere e sta riuscendo a
far convergere su di se' i
favori di grandi strati della popolazione. Per
cui si puo' collaborare con
il governo, ma facendo molta attenzione e mantenendo
la pressione anche a
livello internazionale.
L'Associazione Italia-Nicaragua che da due anni
sostiene questi lavoratori
finanziando le spese mediche per le operazioni
piu' urgenti, a luglio,
insieme a molti altri gruppi e singoli, ha lanciato
la Campagna di pressione
"No more chemicals" rivolta alle multinazionali
incriminate. Migliaia di
cartoline ed e-mail sono state inviate da tutta
l'Italia. Nella fase attuale
ha lanciato un nuovo appello per intensificare
gli sforzi e appoggiare i
lavoratori in lotta, l'iniziativa consiste nel
fare un piccolo gesto di
solidarieta' spedendo una e-mail al Presidente
del Nicaragua. Il testo della
e-mail e delle informazioni sulla campagna si
trovano sul sito
www.itanica.org. E' importante sostenere questa
battaglia non solo per il
diritto al risarcimento dei danni inflitti da
multinazionali che fanno del
profitto l'unica ragion d'essere; ma anche perche',
se fosse vincente, puo'
diventare una luce di speranza per milioni di
lavoratori costretti a morire
per lavorare.
10. INFORMAZIONE E FORMAZIONE.
AGGIORNATO IL SITO DEL "COS IN RETE"
[Dall'Associazione amici di Aldo Capitini, animata
dall'infaticabile
Lanfranco Mencaroni che salutiamo con affetto
e gratitudine grandi (per
contatti: capitini@tiscalinet.it), riceviamo e
diffondiamo; ed a tutti i
nostri interlocutori rivolgiamo un caldo invito
a visitare il sito
www.cosinrete.it ed a leggere ivi almeno alcuni
ampi e fondamentali scritti
di Aldo Capitini, l'indimenticabile apostolo della
nonviolenza nel nostro
paese]
Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento di novembre
2002 del "C.O.S. in
rete", www.cosinrete.it, una selezione critica
di alcuni riferimenti trovati
sulla stampa italiana ai temi capitiniani: nonviolenza,
difesa della pace,
partecipazione al potere di tutti, controllo dal
basso, religione aperta,
educazione aperta, antifascismo; tra cui: Premi
di laurea Aldo Capitini;
Tecniche del terrorismo e della nonviolenza; OGM
e controllo dal basso; Gli
stupri ignorati; Partigiani nordisti; Robin Hood
alla rovescia; Sesso e
nonviolenza; Lo sciopero inutile; Fiat e nonviolenza;
Don Abbondio a
Firenze; Le resistibili ascese; Un fulmine bigotto;
Idrogeno democratico; Il
liberalsocialismo ad Harward; ed altro ancora.
Piu' scritti di e su Aldo
Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale
sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati
la partecipazione al
"C.O.S. in rete" e' libera e aperta
a tutti.
11. LETTURE. TAHAR BEN JELLOUN:
JENIN, UN CAMPO PALESTINESE
Tahar Ben Jelloun, Jenin, un campo palestinese,
Bompiani, Milano 2002, pp.
80, euro 5,50. In versi e in prosa, una commovente
testimonianza del grande
scrittore.
12. RILETTURE. AA. VV.: KINOMATA.
LA DONNA NEL CINEMA
AA. VV., Kinomata. La donna nel cinema, Dedalo,
Bari 1980, pp. 344. Ad una
prima parte di perspicui saggi fa seguito una
vasta, accurata e utilissima
filmografia di registe e sceneggiatrici a cura
di Judita Hribal.
13. RILETTURE. NORBERTO BOBBIO:
TEORIA GENERALE DEL DIRITTO
Norberto Bobbio, Teoria generale del diritto,
Giappichelli, Torino 1993, pp.
X + 302, lire 38.000. Questa raccolta delle dispense
di due corsi
dell'insegnamento universitario di Bobbio di molti
anni fa ci sentiamo di
raccomandare agli studenti e ad ogni persona che
vuol vederci chiaro nella
riflessione e nella realta' giuridica.
14. RILETTURE. MARIATERESA FUMAGALLI
BEONIO BROCCHIERI: LE BUGIE DI ISOTTA.
IMMAGINI DELLA MENTE MEDIEVALE
Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Le bugie
di Isotta. Immagini della
mente medievale, Laterza, Roma-Bari 1987, 2002,
pp. VIII + 216, euro 6,50.
Uno dei sempre pungenti e felici libri dell'illustre
studiosa della cultura
e del pensiero del Medioevo.
15. RILETTURE. PAUL RICOEUR: PERSONA,
COMUNITA' E ISTITUZIONI
Paul Ricoeur, Persona, comunita' e istituzioni,
Edizioni cultura della pace,
S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994, pp. 224, lire
22.000. Una bella raccolta
di saggi di Ricoeur, un autentico maestro.
16. RILETTURE. MARIA ZAMBRANO:
VERSO UN SAPERE DELL'ANIMA
Maria Zambrano, Verso un sapere dell'anima, Raffaello
Cortina Editore,
Milano 1996, pp. XXIV + 192, lire 24.000. Una
raccolta di saggi, sempre
finissimi, della grande pensatrice spagnola scomparsa
nel 1991.
17. DOCUMENTI. LA "CARTA"
DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione
della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale,
a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato
di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa
via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale
senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il
bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento
nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e
le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo,
di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza,
alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto
di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso
per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere,
inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente
naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro,
e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza
dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento,
che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio
e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta'
di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta
sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo
sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza
civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
18. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento:
http://www.nonviolenti.org;
per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale
della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta
presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir; per contatti:
lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete
telematica pacifista
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LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto
dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione:
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Numero 406 del 5 novembre 2002
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