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Un "salotto critico" prima della guerra

Incontro-dibattito alla Prima Festa di Itaca
di Angelo Luca Pattavina

Guerra necessaria o guerra inevitabile?

Si è discusso di questo, ma anche di altro, all'incontro organizzato Venerdì 11 Ottobre al Cortile Platamone, all'interno della Prima Festa di Itaca (laboratorio di politiche, scritture e percorsi diretto da Claudio Fava).

Un incontro-dibattito moderato da Ninni Terminelli (giornalista palermitano) e che ha visto la partecipazione "appassionata" di Vauro (vignettista de Il Manifesto), Anna Bucca (presidente dell'ARCI Catania), Antonio Foresi (inviato da Bruxelles del Tg1), Fiorella Ghilardotti (parlamentare del PSE) e dello stesso Claudio Fava (giornalista ed esponente dei DS a Catania).

Un incontro per discutere, confrontarsi e mettere in luce dinamiche e processi logici e illogici che sono alla base di ciò che "l'effetto guerra" presuppone e si porta dietro.

Così, si sono affrontate problematiche come quella dei diritti negati (quelli dei bambini soprattutto); "di come", fa notare Anna Bucca, "qualsiasi forma di guerra (diretta o latente, come può essere l'embargo) non faccia altro che ledere la popolazione civile piuttosto che i governi".

Si è discusso di come ci sia una "cultura della guerra" così pregnante da aver coinvolto anche chi normalmente sarebbe stato contro la guerra. Se la guerra continuerà ad essere tra le opzioni possibili, sarà sempre quella più facile da scegliere.

E' stato messo in luce il potenziale delle parole. Le parole come armi, l'arma per nascondere la verità. Ci sono termini, spiega Vauro, come "intervento umanitario", "effetti collaterali", "operazioni chirurgiche", "missili intelligenti" e tutti quelli che come questi cavalcano la scia dell'edulcorazione, che non fanno altro che nascondere una verità ovvia e crudele: la guerra è un massacro di vite umane.

Un bisogno di precisazione condiviso anche da Claudio Fava che pone però l'accento sul problema storico e semantico della "verità". Il suo no alla guerra vuol dire un sì alla verità, a quella che si può avere solo declinando ogni parola, ogni situazione attuale con i fatti della storia. Perchè non bisogna dimenticare, come ricorda anche Vauro, che i "barbari" (Saddam Hussein, Bin Laden, ecc.) che oggi si vogliono combattere sono gli stessi di quelli che qualche anno prima venivano invece foraggiati e sostenuti dagli americani nella lotta al comunismo ("gli USA hanno finanziato il terrorismo islamico per regalare ai sovietici il loro Vietnam").

Pacifismo a tutti i costi insomma, ma non solo. C'è anche chi, infatti, sostiene le ragioni di una guerra necessaria. "Era strategicamente inevitabile fermare Hitler", sostiene infatti Antonio Foresi, "e i nipoti di Hitler esistono ancora, quindi bisogna fermare anche loro". "E' vero che il popolo americano reagisce in maniera infantile", continua, "ma la loro preoccupazione è legittima, visto che l'11 Settembre sono stati attaccati per la prima volta a casa loro".
Quello che è incomprensibile, invece, è come la "saggia Europa" si faccia condizionare in maniera così subdola da quel quarto scarso di americani che hanno eletto Bush ("Forrest Gump Bush", lo chiama Fava).

E su questo c'è un accordo unanime. Proprio sul bisogno di un'Europa che sappia giocare un ruolo più forte all'interno delle organizzazioni internazionali infatti le distanze di posizioni si accorciano. "Questa Europa non deve restare un nano", sostiene Fiorella Ghilardotti, "ma deve riuscire ad esportare fuori dai propri confini quella pace che è riuscita a costruire per sè". E aggiunge Foresi: "L'anima dell'Europa unita è essenzialmente economica, è necessario un salto di qualità (che la Convenzione sta cercando di fare) che possa dare una politica estera comune forte e decisa".
"Un'occasione mancata qualche anno fa", ammette onestamente Fava, "quando 12 dei 15 paesi dell'Unione erano retti da governi di sinistra".
Una riforma su cui investire potrebbe essere la democratizzazione delle Nazioni Unite che scardini quel sistema tolemaico che vede la Casa Bianca al centro del sistema decisionale e tutti gli altri stati come satelliti ruotanti; anche se, viene fatto notare, non dimentichiamo che la "legittimità" dell'ONU non può bastare a garantire comunque la "giustezza" di una guerra.

Considerazioni. Opinioni. Verità forse. Verità così lampanti che non ci resta altro che aprire gli occhi e guardarle.
Senza dimenticare che discutere è importante, che discutere è una forma di lotta, purchè però la discussione non resti autoreferenziale e riesca a dare spunti di riflessione convincenti anche per quell'opinione pubblica (la maggior parte per la verità) che a questi "salotti critici" purtroppo non partecipa.

 

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