segnali dalle città invisibili
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Riviste / Project

editoriale di presentazione: Anamnesi e focus concettuali, di Edoardo Caizzi

È passato un anno dal numero zero di Project. Penso sia destino delle riviste di dibattito politico e culturale quello di disattendere alla loro periodicità. È giusto che la loro frequenza sia dettata dalla loro capacità di rinnovare e rinnovarsi, più che da programmi precostituiti, con il rischio spesso incombente di uno sterile quanto inutile esercizio accademico.
Del resto non si è trattato di un anno qualsiasi. Negli ultimi mesi abbiamo attraversato Genova e le Twin Towers, Porto Alegre e la Palestina, sono cambiati linguaggi, pratiche, riferimenti di un intero movimento.
Sono cambiati codici comunicativi e senso di appartenenza anche per esperienze ben più visibili e radicate della nostra, non potevamo rimanere immuni da questa radicale trasformazione.
Tra i primi ostacoli c'è stato una sorta di spaesamento di fronte a scenari in continua mutazione, una difficoltà a tradurre gli elementi di rottura e la loro forza innovatrice in analisi sensate. Di fronte ad una attualità spesso impegnata a contraddire sé stessa, abbiamo attraversato un anno di black out, condizione comune un po' a tutte le riviste, sia quelle teoriche che di movimento, schiacciate come noi dalla domanda di una informazione il più possibile rapida ed esaustiva. Quel periodo di cambiamenti, di cortocircuito tra elementi di rottura e continuità sembra attraversare oggi una fase di assestamento, la trasformazione rischia di cedere il passo a fenomeni gattopardeschi di cui la crisi dei social forum è solo uno dei primi esempi. Si avverte quindi il bisogno di tornare a fare ricerca, a porre interrogativi, a rilanciare dibattiti. Tornano per fortuna a farsi sentire DeriveApprodi, Posse e speriamo presto anche Infoxoa (che ringraziamo per l'incoraggiante recensione al nostro numero zero). Tutto viaggia e si trasforma a velocità vertiginosa, non bisogna dimenticare però il tempo per la riflessione e l'approfondimento, ma certo anche noi che facciamo riviste dobbiamo essere in grado di adeguare i nostri linguaggi a scenari in mutazione. Per dirla con Paolo Virno "quale medico condotto ha prescritto l'abbandono della ricerca teorica per il fatto che un movimento di lotta, consistente e innovativo, è finalmente irrotto sulla scena pubblica? Proprio quando niente è più come prima l'unica cosa da non fare è limitarsi ad amministrare il patrimonio di famiglia, ripetendo in pillole analisi e tesi elaborate in passato. La discussione teorica e culturale deve accettare, essa pure, di vivere uno stato di emergenza" (Singolarità e moltitudine in DeriveApprodi n.21).
Siamo nati all'inizio del 2001, con l'intento di porre in essere una ampia serie di forme e registri comunicativi, una fase in cui il dibattito sul mediattivismo era ancora a livello embrionale. Con Genova, una serie di passaggi di cui auspicavamo lo sviluppo, come la creazione di reti comunicative, lo sviluppo di media che privilegiano l'immagine e la comunicazione virtuale, nascono, fioriscono e si evolvono spontaneamente, fuori dalle maglie di una linea comune e programmata. Una parte importante del nostro progetto iniziale trova la possibilità di esprimersi con altre forme, l'attualità, la quotidianità sono il soggetto privilegiato della bisogno di comunicare, del desiderio di cambiare.
In tutto questo fiorire di nuovi codici comunicativi ha ancora senso uno strumento come la rivista? Inutile dire che crediamo di sì, a patto che questo bisogno di trasformazione sia in grado di contaminare anche la parola scritta e l'uso delle immagini, sia in grado di ridar loro freschezza, emotività, incisività... La costruzione di questo laboratorio potremmo considerarla come "il manifesto programmatico" di questa rivista, la molla che ci ha spinto ad investire su uno strumento che molti vedono oramai in via di estinzione.
Dall'altra parte c'è il senso, che potremmo dividere per semplificare in senso immateriale e senso materiale. Il primo rischia di sfuggire da una lettura superficiale di queste pagine, vive e si riproduce all'interno della nostra community, nella capacità di costruire reti relazionali, di valorizzare esperienze, di sottrarre saperi. Il secondo lo trovate nelle tre linee di ricerca rappresentate dai focus concettuali territori, reti, movimenti.

IL MELIEU >>> attraversamenti
“Infine c'eravamo noi, la generazione bruciata: decisi a rompere con le tradizioni ed a rifare tutto daccapo, [...] e Milano? Milano era lontana, su, oltre il Po, vicino alla Svizzera, una città di fabbriche, di grandi imprese, di traffici. Gli intellettuali lassù sparivano dietro un grosso nome e diventavano funzionari di un'industria, tecnici della pubblicità, delle human relations, dell'editoria, del giornalismo. Cessavano di esistere come clan, come corporazione, come grande famiglia; non erano più il sale della terra, i cani da guardia della società, i pionieri dell'avvenire, gli ingegneri dell'anima”. (Luciano Bianciardi, Il lavoro culturale, Feltrinelli)

Non sembrano trascorsi più di quaranta anni da questo impietoso ritratto di Milano. L'incapacità di valorizzare le intelligenze critiche della città e di metterle a valore non sembra aver fatto molti progressi. La pubblicazione sul numero scorso di un articolo di clark kent sulla incapacità di affrontare il tema della rappresentanza ci ha procurato critiche ed elogi. In futuro torneremo ad usare l'arma dell'ironia, per ora preferiamo quella della critica, è troppo facile parlare male di Milano, più difficile e stimolante costruire al suo interno dei percorsi attraverso i cantieri sociali, attraverso le esperienze di autorganizzazione e di produzione di beni sociali dal basso, per soddisfare bisogni e desideri. "Il mondo si è fatto città", prendendone però gli aspetti peggiori: controllo, esclusione, autorappresentazione, precarietà. Per cercare di arginarli oggi partiamo da Milano, in futuro attraverseremo altri territori alla ricerca di elementi in grado di costruire una valida alternativa all'omologazione.

GLOBAL SEARCHING >>> strumenti
- So perché sei qui Neo, so cosa stai facendo, so perché non dormi, so perché vivi da solo e perché una notte dietro l'altra, lavori davanti al tuo computer, tu stai cercando lui... lo so perché a suo tempo ho cercato la stessa cosa e quando lui ha trovato me, mi ha detto che non cercavo qualcosa di preciso, ma che cercavo la risposta. È la domanda il nostro chiodo fisso, è la domanda che ti ha spinto fin qui... e tu la conosci come la conoscevo io.
- Che cos'è Matrix?
- La risposta è intorno a te Neo e ti sta cercando, e presto ti troverà, se tu lo vorrai...

Da un punto di vista metaforico e strategico il concetto di rete è ormai diventato elemento centrale del rapporto tra politica, economia, tecnologie, informazione. Tra i nuovi attori del panorama politico abbiamo chiesto alle Tute Arancioni di Matrix di introdurci in questo scenario fatto di lavoro immateriale e virtuale, ma anche di bisogni e diritti reali. La loro vertenza sindacale ha avuto una grossa risonanza mediatica, adesso è il momento di individuare gli elementi costruttivi per il futuro. La rete è come detto anche in valido elemento strategico in grado di valorizzare risorse, in questo numero cominciamo con Sapienza Pirata, che ci parla di autoformazione in università, e con LASER, che ci introduce nel mondo spesso ignorato della ricerca e del sapere scientifico. Infine alcuni strumenti critici per cominciare ad affrontare il tema della comunicazione rispetto alle trasformazioni tecnologiche ci arrivano dal Connectaz Media Center e da buzz2001.

MOLTITUDINI E LINGUAGGIO SPORCO >>> laboratorio
“Rompere ogni pretesa di pulizia, quel ritardo della scrittura rispetto al processo reale, per cui il testo (pulito) ci parla del movimento, soltanto per fissarlo, cristallizzarlo, presentarcelo immobile dentro categorie che, prodotte dal passato, vogliono costringere il presente a ripercorrere il passato. Scrivere dunque un testo sporco”.
(Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva, a cura di Bifo e Gomma, Shake)

Confrontarsi con la produzione di un testo scritto sta diventando operazione sempre più complicata. Da una parte la scarsa abitudine alla lettura e la cattiva abitudine ad utilizzare registri troppo appiattiti sulla retorica. Dall'altra la progressiva fascinazione rispetto all'uso dell'immagine, che pure ha dei codici semiotici con cui ogni tanto bisognerebbe rapportarsi. Questi due elementi, solo in parte disgiunti, ci impongono una riflessione sulla attualità del testo politico per il teatro e la narrativa, ma ci spingono soprattutto alla costruzione di laboratori per l'innovazione della scrittura, affinché questa sia in grado di parlare ai movimenti con la stessa intensità con cui da Genova in poi sono riusciti a fare la fotografia, i video e soprattutto i corpi.

Sommario

Editoriali:
Focus concettuali e anamnesi di Edoardo Caizzi
Come fare?

Territori:
Un diverso sguardo su Milano di Paolo Cottino, Francesca Cognetti
Se la strada rovesciasse la città?
Cantieri isola
Torchiera
Metropolix
Un bilancio da approvare di b.georg
Le Black PR di Sonny Liston
I Death Awards della rappresentazione di Riccardo Apuzzo
Le società del controllo di Ato Dardo
La Banda Bellini di Marco Philopat

Reti:
Dopo Matrix che fare? di Dejan (Tute Arancioni)
Appunti su conoscenza, saperi e capitalismo cognitivo di Andrea Fumagalli
Scienza e società... sotto una luce LASER di cecixRam
L’Impero, l’Europa e le risorse intellettuali di LASER
Esperimenti di autoformazione di Sapienza Pirata
Ma che ci azzecca mediattivista con politica?! di RBK (C. M. C.)
TV: una finestra sul mondo? di BUZZ

Movimenti:
Quest’anno... di Francesco Purpura
La disobbedienza ha le zinne di Assalti a-salti
Nell’alveare della precarietà di Shesquot
Sexy shock... esprimi un desiderio di Betty
GGT - Sun wu kung
Il giorno che comincio
Scrivere politico di Gigi Gherzi
L’altra storia. Un ricordo di Arturo Peregalli di Dino Erba
Storie di folli Folletti
Scola: 5 lettere un incrocio di storie... di invisibileg
Al lavoro nella Biosfera di Kontroverso
Tutti sul treno e un mondo di celerini davanti... di B.P
...davanti al tunnel della ferrovia è il finimondo di Cico

 

 

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