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Giro90
Segnali di
fumo
Segnali di fumo, maggio 2002
di pina la villa
1 maggio 2002
Pensando a un amico che non c'è più.
"Mia nonna aveva una teoria molto interessante.
Diceva che, benché nasciamo con una scatola
di cerini dentro di noi, non possiamo accenderli
da soli, abbiamo bisogno, come nell'esperimento,
di ossigeno e dell'aiuto di una candela. Solo
che in questo caso l'ossigeno deve provenire,
per esempio, dal fiato della persona amata; la
candela può essere un tipo qualsiasi di
cibo, di musica, di amore, di parola o di suono
che faccia scattare il detonatore e accendere
in tal modo uno dei fiammiferi[
] Ogni individuo
deve scoprire quali sono i detonatori che lo fanno
vivere, poiché è la combustione
che si produce quando uno di essi si accende a
nutrire di energia l'anima [
] Se non scopriamo
in tempo quali sono i nostri detonatori, la scatola
di cerini si inumidisce e non potremo mai più
accendere un solo fiammifero [
] Per questo
bisogna star lontani dalle persone che possiedono
un fiato gelido. La loro presenza può,
da sola, spegnere il fuoco più intenso"
(Laura Esquivel Dolce come il cioccolato).
2 maggio 2002
Sterne, nel Viaggio sentimentale: uno sguardo
che getta una luce lieve, curiosa e bonaria su
tutto ciò che incontra.
Lui attribuisce questa serena disposizione al
fatto che è sempre innamorato
e infatti
queste sono le riflessioni dopo l'incontro con
una dama alla stazione di posta: "Vedi che
gran libro può in sì breve tratto
di vita arricchir d'avventure chi s'affeziona
col cuore ad ogni cosa, e chi avendo occhi per
vedere ciò che l'occasione ed il tempo
gli vanno di continuo mostrando a ogni passo del
suo cammino, non trascura nulla di quanto egli
può lecitamente toccare! Se non riesce
una cosa - riuscirà un'altra - né
importa - fo un saggio ad ogni modo dell'umana
natura - la mia fatica m'è premio - mi
basta - il diletto dell'esperimento tien desti
i miei sensi e la parte spiritosa del mio sangue,
e lascia dormir la materia" (p. 141).
"Vissi innamorato sempre, or d'una principessa,
or d'un'altra; e così spero di vivere fino
al momento ch'io raccomanderò il mio spirito
a Dio; perché la mia coscienza è
convinta che s'io commettessi una trista azione,
la commetterei sempre quando un amore è
in me spento, ed il nuovo non è per anche
racceso: e nel tempo dell'interregno m'accorgo
che il mio cuore fa il sordo - e mi concede a
stento sei soldi da far elemosina alla miseria:
però mi sollecito a rompere questo gelo
- e ilraccendermi e il risentirmi pieno di generosità
e di benevolenza è tutto un punto: e farei
di tutto, per tutti, e con tutti, purché
mi persuadessero ch'io non farei peccato.
- Ma, e queste parole - sono certamente più
a lode della passione - che mia" (p. 157).
Domenica 5 maggio
Quasi come segnali di fumo
incoraggiante
ieri la lettura del risvolto di copertina di "Diario
veneziano" , Bompiani, 1999, di Acheng, un
autore cinese contemporaneo di cui ho letto tre
racconti, Il re dei bambini, il re degli scacchi,
il re degli alberi. C'è scritto, nella
quarta di copertina, "La forza segreta di
questo libro, che si colloca in un preciso genere
letterario - detto biji (letteratura in forma
di appunto), divenuto popolare in Cina a partire
dal periodo delle Sei Dinastie (265-589) - consiste
nella svagatezza e concisione quasi algebrica
dello stile. Venezia, dove Acheng ha vissuto per
due mesi nel 1992, appare e scompare nel corso
del diario come quei disegnini lievi sui vetri
appannati dal vapore che mutano forma e diventano
all'improvviso un'altra cosa. Eppure questo tessuto
aereo di immagini è sorretto da un'intelaiatura
robustissima di idee che formano una trama coerente
che avvincerà e sedurrà il lettore
più esigente".
Acheng, scrittore cinese, è uno dei protagonisti
più interessanti della letteratura degli
anni ottanta. Nato nel 1949, appartiene alla generazione
dei "giovani istruiti" mandati in campagna
nel corso della Rivoluzione culturale per venirvi
"rieducati alle masse". Figlio di un
eminente critico cinematografico, inizia la sua
attività come pittore e scultore e viene
poi spinto a scrivere dai suoi amici, che ne ammiravano
le grandi capacità di "narratore di
storie".
Ho letto ieri: Marcella Olschki,
Terza liceo 1939, Sellerio, Narrativa per la scuola
2002. L'edizione del libro ha però una
sua storia. Nell'intervista contenuta nella guida
per la lettura in classe, l'autrice dice che il
libro, che racconta i suoi ricordi e una vicenda
di ordinaria ingiustizia che la vide protagonista,
fu scritto quasi subito dopo i fatti, durante
la guerra, quando si annoiava nella casa in campagna
in cui i suoi genitori si erano trasferiti. La
prima pubblicazione risale però al 1956
(1955 è la data della presentazione di
Piero Calamandrei, che nel libro viene riprodotta).
Sellerio lo ripubblica una prima volta nel 1993,
una seconda edizione è del 1998 (sempre
nella collana "La memoria") , quella
per la scuola è un'altra edizione, appunto
2002.
La prima parte del libro racconta episodi della
vita in classe, professori e alunni, e un piccolo
ma delizioso capitolo è dedicato alla sua
storia d'amore. La seconda parte racconta la sua
disavventura giudiziaria a causa di uno scherzo.
Marcella manda una cartolina ironica a un suo
professore e lui la denuncia per oltraggio a pubblico
ufficiale, amoralità e delinquenza.
Le due parti sono ovviamente unite dal fatto che
siamo in un liceo sotto il regime fascista. Il
ridicolo della prima parte - le lezioni via radio
amplificate nelle classi, quasi un documento storico
quella che viene parzialmente trascritta nel racconto
- diventa dramma nella seconda. Il ridicolo del
regime fascista divenne dramma con la guerra.
Il libro è di circa 100 pagine. Ha la misura
giusta per essere letto a scuola. E la scrittura
è semplice, lieve.
I professori non ci fanno una bella figura. Gli
alunni sì. E questo è un altro pregio
del libro.
Domenica 12 maggio 2002
Gli alpini a Catania. Una festa di berretti verdi,
di visi, di canzoni , fiaschi di vino, file al
bar e dal tabaccaio.
Oggi la sfilata, sotto un sole incerto e sfidando
la pioggia, da bravi soldati avvezzi alle intemperie.
"Una montagna di solidarietà",
diceva uno degli striscioni.
Lo speaker esaltava i valori dell'esercito di
popolo, per la prima volta ho pensato in termini
positivi all'esercito e al suo ruolo nella storia
d'Italia.
Un'umiltà rivendicata con orgoglio dagli
alpini.
"Signor Alpino, posso fare una foto"
ha chiesto Dixie, una bambina mauriziana. Eravamo
al chiosco di Via Sangiuliano, panini e salame,
merlot a un euro il bicchiere. Felici, i tre alpini
si sono messi in posa, sorridenti e rossi. Chissà
se Dixie si ricorderà di mandarmi la foto?
Lunedì 13 maggio 2002
Finito di leggere un trhiller psicologico di Evan
Hunter (alias Ed McBain, autore di altri due gialli
che ho letto, ambientati a New York, 87° distretto).
E' la storia di uno psichaitra newyorkese, che
ha un'avventura extraconiugale fra luglio e agosto,
una calda estate newyorkese. Con una ragazza che
all'inizio non sembra porre alcun problema, ma
poi si scopre che anche lei è stata in
analisi ed è seriamente disturbata. Bella
New York, intensa, estrema, difficile. Qui una
città estiva, calda, tra uffici di psichiatri
e Broodway, dove danno lo spettacolo Cats, tratto
dalle poesie di Eliot. Il Central Park, sempre
insicuro per le aggressioni e altro, ma anche
luogo romantico. Gli anni sono i nostri.
15 maggio 2002
Cominciato a leggere, anzi a rileggere, Il paradiso
terrestre, di Sergio Campailla (Rusconi). Un ritorno
in Sicilia, attanagliata dal problema dell'acqua.
Il libro però non è stato scritto
in questi mesi del 2002 - la rivolta dell'acqua
è di questi giorni - è stato scritto
negli anni ottanta. Ma si vede che il problema
non è recente, solo, forse, più
grave.
Per una storia del paesaggio
siciliano
"terra dal sole intenso, di
montagne aspre, di pendii ricoperti di viti e
di olivi, di torrenti e gole asciutte, di bianche
strade che serpeggiano su per ripide colline e
giù per vallate scoscese, di contadini
e di muli, di grandi città e ampi porti,
e di piccoli, dimenticati borghi medievali con
strade strette, appollaiati sui fianchi delle
colline
Le città principali e più
evolute sono presso il mare, mentre molti grossi
paesi si annidano tra le montagne. A causa della
travagliata storia dell'isola, questi ultimi tendono
a essere in posizioni naturalmente forti - particolarmente
i più antichi, alcuni dei quali sono su
vere e proprie torri di roccia" (da Guida
del soldato in Sicilia, Palermo, Sellerio, 1990)
Paesaggio ennese
"nei dossi sparsi di
toppe d'erba così come nelle scabre ondulazioni
del suolo, affiora quasi a nudo lo scheletro rude
dell'isola, nascosto appena da una lieve vegetazione.
In memoria dei drammi tellurici che le diedero
forma e vita" (da Cento sicilie, a cura di
Bufalino e Zago, antologia per il biennio, p.
115).
Scicli
"questa sorge all'incrocio di tre valloni,
con case da ogni parte su per i dirupi, una grande
piazza in basso a cavallo del letto d'una fiumara,
e antichi fabbricati ecclesiastici che coronano
in piuù punti, come acropoli barocche,
il semicerchio delle altitudini. E' a pochi chilometri
da Modica, nell'estremità sud-orientale
dell'isola; e chi vi arriva dall'interno se la
trova d'un tratto ai piedi, festosa di tetti ammucchiati,
di gazze ladre e di scampanii; mentre chi vi arriva
venendo dal non lontano litorale la scorge che
si annida con diecimila finestre nere in seno
a tutta l'altezza della montagna, tra fili serpeggianti
di fumo e qua e là il bagliore d'un vetro
aperto o chiuso, di colpo, contro il sole."
(Elio Vittorini, Scicli , da Le città del
mondo, in Opere narrative).
L'Etna
"comincia qui una regione boscosa che si
estende per circa sei miglia fino alla Grotta
delle Capre
L'aria era molto fredda e tagliente;
in quella piccola caverna accendemmo un fuoco
e ci riposammo fino a mezzanotte, per poi dirigerci
verso la vetta attraverso un desolato paesaggio
di cenere e lava. Dopo una cavalcata di quasi
otto miglia, il pendio diventò così
ripido da costringerci a lasciare i muli e a compiere
il rimanente percorso a piedi. Facemmo sosta per
contemplare la scena che ci stava davanti: la
notte era serena e abbastanza chiara per consentirci
di vedere le forme degli oggetti, ma non i loro
particolari
Il cratere si distingueva per
un tenue chiarore rossastro che filtrava tra le
grosse nuvole di fumo; l'insieme formava lo spettacolo
più pauroso che abbia mai visto, e a cui
certamente nulla al mondo può essere paragonato.
Sui questo versante della montagna incontrammo
poca neve, ma il freddo era così intenso
che ci era quasi impossibile sopportarlo
"
(Wolfgang Krönig, Vedute di luoghi classici
della Sicilia. Il viaggio di Philipp Hackert del
1777, Sellerio, 1987 ( Il viaggio viene computo
insieme a due inglese, Gore e Knigth. itIl 27
maggio i tre viaggiatori intrapresero, partendo
da Nicolosi, l'ascensione dell'Etna, la descrizione
è di Knigth)
Il viaggio siciliano di Hackert
e dei suoi compagni ebbe termine a Messina. Il
contrasto fra la magnifica posizione geografica
della città e lo squallore causato dalle
epidemie, dai terremoti e dalle condizioni politiche
è il tema predominante delle considerazioni
che Knight dedica a Messina nel suo diario. Esse
si chiudono con queste parole:
"Quando s'imbocca lo stretto di mare chiamato
faro, la vista è molto bella e romantica:
le coste sono alte e rocciose, popolate di città
e di villaggi disposti l'uno dietro l'altro a
quote diverse. Ancora più straordinario
è l'ingresso del porto: lo specchio d'acqua
è contornato su un lato da una lunga fila
di case uniformi, di costruzione piuttosto scadente,
ma che nel loro insieme compongono una veduta
magnifica" (Wolfgang Krönig, Vedute
di luoghi classici della Sicilia. Il viaggio di
Philipp Hackert del 1777, Sellerio, 1987)
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