segnali dalle città invisibili
 

Giro90 Carovana antimafia 2002 Zoom
Diario della carovana antimafia 2002

di marta fiore - Girodivite ha seguito, come ogni anno, la Carovana Antimafia organizzata da Libera e Arci. Nei numeri scorsi abbiamo pubblicato uno "speciale" (c'è stata anche la nostra partecipazione alla giornata di Catania dedicata all'informazione libera). Pubblichiamo qui stralci del "diario" tenuto da marta nei giorni faticosi ma esaltanti della "carovana" nelle diverse città siciliane.

Mercoledì 10 aprile 2002

· Corleone e Trapani
E anche quest'anno si riparte: i furgoni, il ludobus, i pulmini, le macchine; ma la carovana non è mai solo questo. Troppo scontato, troppo freddo, troppo uguale a se stessa.
È il gruppo a farla la carovana, per questo ogni anno è diversa.
Si parte per Corleone: l'appuntamento per me è alle otto del mattino sotto quell'ulivo benedetto in via D'Amelio che segna un luogo di morte e lo trasforma fino a farlo diventare vita vera, vissuta, scelta concreta di ogni giorno. Ogni anno, a questo appuntamento, arrivo con un forte senso di inadeguatezza: riuscirò ad inserirmi nel gruppo? Riuscirò a concretizzare la mia voglia di esserci e di fare? Quest'anno poi ho un po' un ruolo di ponte: ci sarà un gruppo di ragazzi di Bergamo in carovana per tutta la prima settimana, accompagnati da una professoressa; hanno partecipato al Premio Falcone e Borsellino indetto dal Comitato Carovana Antimafia di Bergamo con delle produzioni culturali sul tema della mafia: un tema, un video, due ipertesti, un Te Deum per flauto traverso. Il premio consiste proprio nella partecipazione dei vincitori alla Carovana Antimafia siciliana: a me è stato affidato il compito di fare da punto di riferimento e di condividere con loro tutto quanto andremo a fare, per raccontare la densità dei nostri gesti e svelare l'impegno e la fatica che c'è dietro ognuno di essi.
Questo significa che avrò l'opportunità di seguire la carovana con i suoi ritmi, senza il rientro a casa tra una tappa e l'altra, che vivrò fortemente la dimensione del viaggio e del mettermi in discussione, che attraverso di loro avrò un osservatorio privilegiato che mi permetterà di non dare nulla per scontato, e questo diario di bordo mi darà l'opportunità di raccontarmi tutto questo e di contaminare la mia lettura della realtà con un altro punto di vista: l'idea è già infatti quella di chieder loro di scriverlo insieme.
Come le carovane che viaggiano nel deserto, anche la nostra è segnata dagli incontri delle persone, già dal momento del raduno: sotto l'ulivo della Pace ci aspetta Roberta che, partita dall'Emilia, ha voluto condividere la storia della nostra isola.
Siamo a Corleone oggi per un fatto molto concreto, pianteremo la prima pala di ficodindia nei terreni confiscati ai boss: è un progetto a cui teniamo molto, Liberarci dalle spine, perché ci permette di concretizzare tanti anni di attività e di attenzione a questa realtà e di far lavorare con noi giovani segnalati dal Dipartimento di Salute Mentale della ASL 6.
Corleone è sempre stata tappa della carovana da quando ci siamo messi in movimento otto anni fa per andare incontro alle persone; tanti progetti sono nati, e molti hanno visto questo territorio come protagonista. Nella piazza brulicante di bambini pronti a giocare e colorare con i nostri animatori conosco i miei compagni di viaggio, ma il senso di inadeguatezza è ancora fortissimo, così che non mi permette di salire fin da subito nel pulmino con loro: mentre alcuni di noi vanno sui terreni confiscati per la piantumazione del ficodindia, e tra di loro la prof. di Bergamo, Rosanna, con una delle ragazze, Marta, resto in piazza, a godermi la splendida giornata, la compagnia e la simpatia travolgente di Pippo Cipriani, le urla piene di gioia della piazza del municipio, coloratissima e dominata dai nostri striscioni, quelli che accompagnano il nostro andare da anni.
Ritrovo Ivana, conosciuta in questa piazza, per organizzare con Libera la giornata della memoria e dell'impegno il 21 marzo del 1999, e mi rendo conto dal particolare affetto con cui ci salutiamo che sono i valori così forti dentro di noi a segnare questo rapporto così vero. Impercettibilmente il senso di inadeguatezza inizia forse a diminuire, mentre il lenzuolo dei diritti inizia a srotolarsi e a riempirsi di colori e di immagini: quanto entusiasmo all'inizio di questo viaggio appassionante, ma sappiamo bene che avremo anche momenti di difficoltà e piccoli inconvenienti.
Abbiamo già cominciato: il ludobus, il caro vecchio, rosso Lucignolo, è rimasto fermo lungo la strada: la carovana si riorganizza quindi fin da subito, tutti pronti a cambiare furgone, a recuperarne il carico. È, forse, fin dall'inizio il segno che ci vuole flessibilità, spirito di adattamento, assunzione di responsabilità.
(Marta: terreni confiscati)


Più tardi facciamo il punto sui beni confiscati. Ascoltiamo le preoccupazioni di Franca Imbergamo: oggi siamo qui per fatti concreti, ma quanti potremo ancora farne? Ci saranno ancora magistrati indipendenti che non abbiano paura e abbiano gli strumenti per continuare a togliere ricchezze alla mafia? Sappiamo bene che è un problema nazionale, che ci riguarda tutti, anche se in forme diverse: ce lo ricorda Roberta, assessore in Emilia, terra questa (e non la Sicilia) in cui nasce Avviso Pubblico, l'associazione che mette insieme enti locali e regioni per la formazione civile contro le mafie. Per questo è importante creare occasioni di scambio e di incontro tra le diverse realtà, perché solo così possiamo creare davvero la comunità Italia.
E la carovana fin dall'inizio ha promosso incontri tra le diverse realtà del nostro Paese, tanto che oggi, dopo otto anni, è diventata un'iniziativa nazionale che tocca dieci regioni e cento città. La politica, certo, deve fare la sua parte - ci ricorda Beppe Lumia, in carovana da diversi anni - e deve avere il coraggio di dire cosa è successo davvero in quel 1992, che ha segnato la vita di molti e che per molti è diventato l'inizio di un viaggio verso ipotesi nuove di esistenza: è questo l'impegno che la Commissione Parlamentare Antimafia ha preso davanti al Paese!
Il nostro capocarovaniere, Calogero, presidente della cooperativa Lavoro e non solo, cui sono stati affidati i terreni del progetto Liberarci dalle spine, ribadisce con poche parole la gradualità e la tenacia come metodo di lavoro per ottenere risultati e l'importanza delle sinergie sul territorio per riappropriarsene e renderlo produttivo. Ci rappresenta tutti con il suo modo di essere, prima ancora che di pensare. Poi è Marta di Bergamo che ci regala il suo tema scritto in forma di lettera: è un messaggio forte, che parte dalla morte per ricordarci che si tratta sempre di persone semplici, con una famiglia, con dei bambini. L'emozione è forte perché mi riporta alla mia storia, mi fa balenare davanti ancora il sorriso dello zio, mi fa avvertire il suo odore, mi fa sentire la sua risata, mi regala ancora l'immagine del suo sorriso come l'ho visto quel 19 luglio, coperto di fuliggine: un messaggio forte capace di andare al di là della morte.
Ancora una volta ci riporta con i piedi per terra: è da qui che siamo partiti - ci ricorda Rita -, la carovana si è messa in moto la prima volta per non dimenticare e, da allora, continua a farlo: per non dimenticare e per costruire, perché - come ci dice Pippo Cipriani - ci sono i problemi, le cose complicate ma ci siamo anche noi: con la gioia della vita, con gli occhi limpidi di chi vuole andare avanti e sa che i risultati che non si possono raggiungere oggi sono la motivazione per impegnarsi ancora di più!
I furgoni si rimettono in moto: sono in pulmino con Rosanna, Marta, Laura, Pietro, Andrea, Luca, Francesco, Salvo; non riesco più a rimarcare differenze, già da ora percepisco che non sono più i bergamaschi, sono semplicemente loro. A Trapani ci aspettano le istituzioni, l'incontro con il prefetto, il questore, la presidente della provincia: andiamo a raccontare ciò che promuoviamo come società civile e chiediamo che ognuno faccia la sua parte!
Le emozioni della giornata non sono ancora finite: gli Sbannicanturi ci offrono riflessioni e musica che fanno vibrare le corde profonde dei nostri cuori; molte sono in siciliano e mi sorprendo ad ascoltarle con le orecchie di zio Paolo, che amava profondamente il nostro dialetto. Sonorità nostre si intrecciano con voci straordinarie, restano dentro anche se non se ne comprendono tutte le parole: siamo tutti un po' stanchi, ma quando finisce, conversando con Rosanna, ci ritroviamo concordi nell'affermare che è stato troppo breve!

(Marta: spettacolo di Trapani)


Giovedì 11 aprile 2002
· Trapani
Un sole caldo, una giornata serena sveglia la carovana: stamattina ci aspettano tre scuole.
I bambini delle scuole sono da sempre protagonisti e destinatari naturali dei nostri incontri perché - come dice Calogero - la carovana ha la forza del contagio, sprigiona risorse sempre nuove e crea momenti di incontro, ma ha anche un altro merito: quello di raccontare. Già, proprio così: raccontare il percorso di questi anni difficili, di quest'isola che dimentica e viene dimenticata, in cui troppo spesso i luoghi comuni si affermano sui segnali di trasformazione.
I bambini, la loro gioia, la loro allegria, i loro colori, i loro sorrisi, i loro diritti negati già nel dirli cittadini di domani, le loro canzoni. Sono sempre stati bussola del nostro viaggio, tanto che ricordi e percorsi hanno oggi concretezza in ludoteche, progetti dedicati a loro, centri sociali, nuovi circoli in cui poter essere protagonisti.
Nella prima scuola ci accolgono con uno sventolìo di fazzoletti, con le canzoni che raccontano del sogno e della volontà di costruire una realtà diversa; sedendosi per ascoltare il messaggio di Rita compongono la parola "giustizia". L'entusiasmo riempie i loro occhi mentre i più piccoli giocano e colorano il lenzuolo dei diritti. Rita, sorpresa ed emozionata, ci racconta come la stessa accoglienza e gli stessi canti l'abbiano accolta nella tappa di Crevalcore, in provincia di Bologna: è la dimostrazione che dovunque nella nostra Italia si parla lo stesso linguaggio e che i valori in cui ci riconosciamo sono gli stessi a nord come a sud.

(Marta: seconda scuola)

Arriviamo anche nella terza scuola, troviamo i bambini, tantissimi, nel cortile pronti a presentarci i loro lavori su Placido Rizzotto: la carovana è sempre contaminazione tra un luogo e l'altro; i terreni su cui abbiamo piantato il ficodindia sono quelli per cui Placido Rizzotto è stato ucciso e nei quali è stato gettato via il suo corpo. Poi i bambini recitano il lamento di una madre di Ignazio Buttitta: con quanta forza! Mi chiedo come un domani potranno dimenticare quest'esperienza così forte, così coinvolgente: il loro entusiasmo lo riversano nella canzone di Pierangelo Bertoli Italia d'oro. La sensazione è che ce l'hanno dentro e che non permetteranno che intorno a loro accadano fatti men che onesti. Abbiamo con loro dei nuovi custodi e promotori di legalità!
E la carovana continua a seminare e a raccogliere segni di vita e a trasmetterli da un territorio all'altro.
(Rivedere con Marta: terza scuola, aggiungere il convegno e il viaggio)

Venerdì 12 aprile 2002
· Mussomeli

· Ravanusa
La tappa di trasferimento è più breve stavolta, e meno male perché quella di ieri sera è stata davvero pesante. La piazza, quando arriviamo, è già piena di bambini, alcuni in costume: sono il gruppo folkloristico che si esibirà a breve. Mentre noi cominciamo a montare le mostre in piazza i ragazzi dell'animazione cominciano a farli giocare. Anche qui un altro incontro per me: Lillo, con il quale abbiamo condiviso il lungo viaggio verso il 21 marzo del 2000 nella piazza di Casarano in Puglia. La carovana è segnata dagli incontri, dicevo: è bello ritrovarsi a camminare ancora sulla stessa strada, ti dà proprio il senso della compagnia, dell'allegria. Inevitabilmente ci ricordiamo di quell'avventura, di quei tre giorni così intensi, di ogni particolare, di ogni risata, di ogni attimo in quella piazza ad ascoltare il lungo elenco dei nomi delle vittime delle mafie. Il lenzuolo, la cui parte colorata diventa ad ogni tappa più lunga, delimita quasi la piazza; accanto stavolta ce n'è uno molto più piccolo, in cui i bambini scrivono, coloratissima, la parola PACE: questa è infatti una tappa intimamente legata a quella di domani nella Valle dei Templi, e questi bambini ci saranno anche domani. Merito dell'infaticabile lavoro dell'Arci di Agrigento, Pina in testa, che è riuscita a far in modo che domani arrivino ben 11 pullman da tutta la provincia. Già, Pina: l'incontro con lei oggi è stato davvero denso di emozione. C'è una condivisione profonda con lei, una complicità grande! C'è una corrente di affetto molto forte ed intensa. La vedo un attimo in piazza, poi scappa a lavoro: mi basta saperlo che penso a lei tutto il pomeriggio finché non la vedo tornare. Entriamo insieme nella sala della biblioteca comunale, dove ci sarà il dibattito: la gente riempie la sala, dapprima quasi svogliatamente, attratta forse più dai preparativi che si fanno in piazza per il recital dei Sonatotundo, poi sempre con più convinzione. Pina è lì, ancora una volta a dar retta a tutti, ad organizzare, a controllare: è il suo modo per entrare in atmosfera, il suo modo di mettersi in situazione. La direttrice della biblioteca le dà subito la parola e lei ne resta visibilmente meravigliata: dà il senso della carovana e, nello specifico, delle tappe della provincia di Agrigento, ricorda l'evento di domani nella Valle dei Templi, con l'incontro di una cittadina palestinese ed una israeliana, introduce gli altri interventi: il sindaco, Giusi Savarino della Commissione Regionale Antimafia, che sembra una ragazzina e invece sta lì a parlarci delle sue impressioni sul caso Gela, Rocco Carlisi, il presidente dell'Arci locale che, con tutti i ragazzi del circolo, ha messo tanto entusiasmo nel pensare insieme questa tappa. Poi parla Rita

Sabato 13 aprile 2002
· Agrigento
La giornata non è bellissima, ma non piove: ci proveremo noi a colorarla!
Oggi eventi di pace a passeggio per la Via Sacra. Al Tempio di Giunone siamo tanti, arrivano i pullman che portano i bambini, il piazzale si colora, si riempie di voci e di suoni. Si gioca, si canta, si coniuga ancora la gioia e la fantasia con l'impegno e la fatica: siamo un vento nuovo che vuole accarezzare tutti, che vuole unire lontano e vicino.
Inizia il corteo: davanti i Sonatotundo suonano e cantano, segue il nostro striscione, quello storico, quello con i colori del sole, portato da Marta, Laura, Pietro, Andrea, Francesco, Luca e accanto a loro Rosanna. Immediatamente dopo i gonfaloni dei comuni, poi tutti i gruppi dei bambini che si vanno fermando per fare ora una danza, ora un canto, ora un gioco. Mi volto a guardare e siamo davvero uno spettacolo, festoso e coloratissimo: abbiamo bandane, fazzoletti, adesivi gialli, rossi, verdi, abbiamo sorrisi, canti, danze.
Ci avviciniamo al Tempio della Concordia. L'emozione, la bellezza forte, quasi struggente, del paesaggio contrastano con i palazzi abusivi: siamo qui per mettere insieme la pace con la legalità, per dire al mondo il nostro no alla guerra, per praticare lo sviluppo vero, quello che nasce dal basso, che promuove nuove forme di partecipazione, quello che mette in gioco le persone con la loro storia, i loro valori, i loro codici culturali.
È questo il messaggio forte di Ronit e Sandi: le persone, l'uomo e la donna, al di sopra di tutto.
"Ce l'ho fatta anche oggi, ma ho paura per i miei genitori, sono preoccupata per la mia gente: ma la persona con cui riesco a comunicare meglio queste mie paure è Ronit" ci dice Sandi.
Le fa eco Ronit: "sono cresciuta in una via mista, la mia vita è sempre stata accompagnata dalla vicinanza, anche se in diciotto anni non ho mai incontrato palestinesi, e noi israeliani non conosciamo l'arabo; politicamente già l'educazione è diretta alla separazione".
"Non rappresenti nessuno" dicono a Ronit altri israeliani qui nella Valle dei Templi. La serenità splende nel suo sorriso mentre risponde "parlo come pacifista d'Israele".
Dobbiamo riprenderci la vita e sottrarla al dominio dei potenti, possiamo farlo educandoci alle differenze e trasmettendoci emozioni che ci toccano e ci costringono a metterci in discussione.
"Io amo Israele, lo dico perché non ci possiamo permettere di semplificare, amo la cultura ebraica e non condivido la politica di Sharon. Non per questo sono antisemita" - sente il bisogno di dire Nichi Vendola - e aggiunge: "la shoa è la banalità del male, lo è un po' anche la mafia, costruita come sistema di potere. Dobbiamo avere il coraggio di fare bilanci di legalità: non c'è più la tensione del dopo stragi, oggi dobbiamo capire cosa sta accadendo; è possibile che si stia teorizzando l'intoccabilità penale dei potenti, e questo va tutto a vantaggio della mafia."
Perciò legalità e giustizia sociale sono intimamente connesse.
"Siamo custodi di memoria e del senso di una storia, ma le memorie sono sempre più pallide: la legalità non è il codice dell'obbedienza, è soprattutto aprire gli occhi sulle brutture del proprio territorio e non considerarle ineluttabili": Nichi Vendola come Beppe Lumia, ad Agrigento come a Corleone.
Ed entrambi come Paolo Borsellino: il vero amore consiste nell'amare ciò che non piace per poterlo cambiare.
Noi giovani siamo stati nominati tante volte oggi, ancora una volta per richiamare le responsabilità degli adulti, che ci hanno insegnato spesso ad essere furbi piuttosto che intelligenti.
Marta ci regala ancora la sua lettera: il silenzio è perfetto, la tensione si sente, si avverte palpabile. Il pensiero torna ancora all'ulivo della Pace, nato nel giardino del convento della Natività a Betlemme, attecchito in terra di Sicilia, profanata dallo stesso odio e riscattata dallo stesso amore. Amore e odio di persone, che sono tutte uguali nel mondo.

· Caltanissetta
Qui i giovani sono l'elemento centrale, o almeno vogliono esserlo: si inaugura uno spazio tutto per loro, ancora un impegno assunto e portato a termine dalla carovana negli anni.
C'è vento freddo e lo striscione storico della carovana volteggia sotto la scritta "lavori in corso"; l'atmosfera è però calda, nonostante non ci sia molta gente, perché ci sono tanti giovani che sono e si sentono i padroni di casa. Claudio ricorda il ruolo che l'Arci si è assunto in questo come in altri luoghi della nostra Sicilia, la Sicilia che resiste, quella che tenta di consolidare esperienze associative nuove, che non si fermano alla testimonianza, alla protesta e alla denuncia ma promuovono iniziative concrete di liberazione di pezzi di territorio dalla criminalità mafiosa.
Come società civile, con la resistenza, abbiamo svolto e continuiamo a svolgere un ruolo importante: ce lo ricorda Giovanni Impastato che ha atteso 24 anni per sapere la verità sull'omicidio di Peppino a conclusione di un processo fortemente voluto dalla famiglia, dagli amici, dal Centro Impastato. Eppure - commenta amaramente - se ci vogliono tanti anni per sapere una verità significa che non siamo in un Paese democratico!
Oggi siamo qui a inaugurare questo spazio di aggregazione per i giovani: era un po' quello che faceva Peppino con il circolo Musica e Cultura. Dopo tanti anni le esigenze dei giovani della nostra terra rimangono elementari, ma devono ancora essere terreno di conquista. Lo avverti dalle parole di Claudia, dal suo orgoglio e dal suo entusiasmo: parla di assunzione di responsabilità, di aggregazione, a partire da quello che hanno provato a fare in due settimane in questo centro per renderlo accogliente, per poterci giocare con i bambini di un quartiere che neanche conoscevano, bambini che sembravano stare dietro il cancello ad aspettarli da sempre. Racconta che in questo centro hanno adottato un cagnolino e che risparmiano i soldi di una pizza per poterlo vaccinare, che hanno lavorato qui dodici ore al giorno per sistemare una ludoteca o una sala computer, che forse non sono neanche degne di essere definite tali. Ti rendi conto che tutto questo dovrebbe essere un loro diritto, quasi una pre-condizione, ed invece crescere nella legalità può dipendere anche da un centro come questo. Un messaggio forte, vero, sincero, spontaneo, inatteso e quindi ancora più gradito, ce lo dà una bambina di cinque anni, una delle prime che ha cominciato a frequentare questo centro, che chiede di parlare; si capisce che si sente perfettamente a suo agio, per nulla intimorita dagli sguardi degli adulti che si appuntano su di lei con curiosità: in braccio ad uno dei ragazzi che le tiene il microfono ringrazia tutti per la loro simpatia e perché la fanno giocare.
Anche questo è un frutto della carovana: i diritti di cittadinanza che questa bambina ha già assorbito così bene! La parola passa poi ai rappresentanti delle istituzioni, uno dei quali ci parla di Falcone e Borsellino come simboli: ne ho un moto di insofferenza e lo condivido con chi mi sta accanto. Mi hanno insegnato infatti che i simboli sono qualcosa che rimandano a qualcos'altro: Falcone e Borsellino sono persone che rimandano … a cosa? Non capisco, mi sembra un modo per dire ancora che non possiamo fare quello che hanno fatto loro, un modo per lasciarli ancora soli, anche dopo la morte.
Finito il dibattito ricomincia la musica, ancora con i Sonatotundo: si canta, si balla, ma nel gruppo dei carovanieri inizia a serpeggiare un po' di malinconia.
Oggi è sabato: la carovana si divide per la domenica di pausa, i carovanieri si disperdono per la Sicilia, il gruppo di Bergamo - oggi avvertiti di nuovo fortemente così - rimangono qui per cominciare domani il loro viaggio a ritroso, verso la Lombardia. L'emozione è tanta, non può che sciogliersi dapprima nelle battute per sdrammatizzare, poi nelle lacrime; ci diamo tanti appuntamenti, ci scambiamo tante promesse. Per loro è difficile sapere che da lunedì la carovana riprenderà senza di loro, per noi è complicato sapere che sarà inevitabilmente così; vale per me soprattutto! Quattro giorni di carovana sembrano pochi ma sono talmente intensi che ti sembrano una vita. Ho imparato a conoscerli nei loro silenzi mattutini, quando in pulmino mi voltavo indietro e vedevo i loro visi stravolti dal sonno, nella concitazione di una tappa particolarmente coinvolgente, nello scambiarsi battute e impressioni dopo aver presentato i loro lavori. Come sarà la carovana senza la risata contagiosa di Marta, gli occhi spalancati dalla meraviglia di Luca, le barzellette di Francesco, la paciosità di Pietro, l'attenta curiosità di Andrea, l'allegra esuberanza di Laura, la stupenda auto-ironia di Rosanna?

Lunedì 15 aprile 2002

· Catania
Si riparte dopo la pausa domenicale, si riparte per me ancora da quell'ulivo della Pace, come ogni giorno. Siamo quasi a metà percorso, inizia oggi la seconda settimana di carovana, l'ultima della nostra, in Sicilia. Arrivo in pullman all'aeroporto, dove il pulmino aspetta, oltre me, Pierpaolo; Paolo Belli e Mauro Parma sono già arrivati. Da oggi infatti cambia la mia compagnia, si rimescolano ancora le carte: i bergamaschi sono già ripartiti, per oggi starò sul pulmino di Miro, stasera rientro a Palermo e non so se e quando riuscirò a tornare in carovana.
All'inizio, forse, c'è un certo imbarazzo: Paolo e Mauro sono seduti nell'ultima fila del pulmino e parlano più che altro tra di loro. Telefono a mamma per il primo contatto della giornata, poi Francesca spiega un po' cosa andremo a fare. Passeremo dalla scuola media dove si svolge l'animazione e l'incontro con don Luigi, poi siamo attesi da una cooperativa dell'Arci, Prospettiva Futura, per il pranzo. Nel pomeriggio ci sarà l'incontro all'università dal titolo "Musica e parole" e lì … "e lì - aggiunge Paolo - io posso parlare ma non so cosa dire: ho accettato l'invito della signora Borsellino ma mi sento una persona ignorante, anche se con tanta voglia di capire."
Francesca lo rassicura sul fatto che noi cerchiamo persone vere, che ci possono dare una testimonianza rispetto al modo di sentire la realtà, poi casualmente lì ci sarà una chitarra …
Arriviamo alla scuola media che l'incontro con Luigi è ancora in corso: facciamo le presentazioni dei carovanieri, mangiando fragoloni, si parla e si scherza un po', poi entriamo ad ascoltare Luigi che parla ai ragazzi. Molti di loro si fanno intorno a Paolo con un misto di curiosità e di timore: "dove ti ho visto?" gli chiede uno di loro, e lui tranquillo "forse in televisione con Panariello, e - rivolto a noi - lo sapevo che mi doveva finire così!" Una giornalista lo intervista e lui risponde prendendo spunto dalle parole di Luigi: "io sono una persona inadeguata che fa cose inadeguate, ma che per farle non è mai sceso a certi compromessi. Sono un piccolo esempio che si può riuscire." Poi durante il pranzo, splendida occasione per conoscere una casa alloggio per minori segnalati dai servizi sociali gestita dagli ex ospiti della struttura ormai maggiorenni, mi racconta che del suo gruppo di amici si son perse per strada molte persone, ma mai quelle che hanno trovato un punto di riferimento nella musica. È spesso il gruppo che ti trascina nelle scelte, ma lui non ha mai neanche avuto certe tentazioni, proprio perché ciò che i ragazzi spesso cercavano nel gruppo, lui lo trovava nella musica. Mi parla della sua terra, la Romagna, una terra ricca dove è facile e quasi scontato occuparsi di cultura, ma la scommessa vera - dice lui - è nelle vostre terre, dove è più difficile costruire l'aggregazione. Conosciamo i responsabili e i ragazzi della cooperativa, scopriamo che si sono alzati alle cinque stamattina per preparare quest'accoglienza e questo pranzo, ricchissimo e ottimo, anche a base di piatti tipicamente siciliani; poi una torta gigantesca con un messaggio forte e dolcissimo: un altro mondo è possibile. Don Luigi, ospite qui tanto atteso perché riferimento ideale da sempre, nel suo saluto ai ragazzi si dice contento di aver trovato qui - ed è un riferimento evangelico che gli è molto caro - una casa, non muri o edifici, ma una casa con tante finestre, e per questo promette di mandare una porta, un regalo che fa in genere alle giovani coppie per ricordare che la casa deve essere sempre aperta all'accoglienza.
Ci rimettiamo nei furgoni e andiamo verso l'università: Paolo ci intrattiene con una serie di battute per lo più rivolte a Miro, che ha svelato come sua moglie sia una sua fan. Se dovessimo ancora averne una prova, sentiamo che il ghiaccio si è ormai sciolto.
L'aula magna della Facoltà di Scienze della Formazione è già piena, ci aspettano i ragazzi con grande curiosità ed il preside: è lui ad iniziare l'incontro, parlando della mafia come mentalità e della condivisione di questa mentalità da parte della popolazione. Poi dà immediatamente la parola a Paolo: lui rimane un po' sorpreso, l'attenzione è grande nell'aula, certo molti si chiedono che ci fa Paolo Belli con la carovana antimafia. Forse lui avverte questa domanda nell'aria, e inizia dicendo "sono qui per colpa della signora Rita Borsellino, che mi ha chiesto di portare la mia testimonianza, perché spesso si pensa che la mafia sia un problema solo della Sicilia o solo di alcune persone ed invece ci riguarda tutti, la gente comune come le persone dello spettacolo, musicisti, attori." Racconta della sua terra, di come lì tutti sono consapevoli che quello che hanno è frutto di una conquista, della lotta che le generazioni precedenti hanno fatto durante la Resistenza: lì è stato un fenomeno di massa per cui in ogni famiglia ci sono stati partigiani. Per questo motivo si ritiene che poter godere dei propri diritti sia normale, mentre invece lui, che ha l'opportunità di viaggiare, si è reso conto che non è affatto così. "Oggi siamo stati in una comunità importante, bella, vera: allora ti accorgi che c'è una coscienza civile ed una realtà che ha voglia di andare avanti. Dentro di noi ci vuole una coscienza politica che serve per farci fare le cose che vogliamo senza far male a nessun'altro: è la cultura del rispetto. L'impressione che ne ho io è che la Sicilia non ha più paura di venir fuori, forse ha cominciato a farlo dopo le stragi del '92; speriamo di trovarci in un futuro non troppo lontano che ci accomuni nella voglia di costruzione, senza dover ancora pagare con la vita di qualcuno."
Anna ci ricorda come l'antimafia non sia solo una questione tecnica ma deve essere alimentata anche costruendo aggregazione, quindi anche usando il linguaggio della musica; la carovana nasce anche per costruire libertà nella comunicazione e nell'informazione: lavoriamo per dar voce a chi non ne ha. Sappiamo bene che il nome di carovana antimafia è inadeguato a rappresentare quello che proviamo a mettere in movimento, ma ogni anno ci rendiamo conto che c'è ancora la necessità di mantenere questo nome, perché è importante continuare a dire che siamo contro la mafia, anche se più spesso ci sentiamo in viaggio per ascoltare, proporre, per dichiarare disponibilità e lavorare "con" e "per", per riprovare il gusto di "essere insieme", ed insieme riscoprire il valore di sentirsi "persone" e "cittadini" ed insieme inventare, provocare, produrre il cambiamento.
La conclusione delle parole spetta a Luigi: dobbiamo stare dalla parte dell'educare, i giovani devono essere non guidati ma accompagnati, la società non si deve preoccupare di loro ma occuparsene nel modo giusto, incontrandoli come persone e come cittadini. Anche quelli che oggi non hanno il coraggio di essere inadeguati di fronte ad un orizzonte culturale della prestazione, dell'apparenza, del denaro, quelli che vivono il disagio nell'apparente normalità, quelli che hanno la periferia nella testa. Non fanno rumore e non disturbano nessuno, hanno un disagio che non esprimono con la droga, ma con bulimia ed anoressia: sono quelli cui nessuno mette testa, ma dobbiamo esserci per intercettarli.
Spazio alla musica: Paolo, un po' intimidito forse dall'idea di suonare dentro un'università, prende la chitarra e dedica a Luigi una canzone di qualche tempo fa, Angelo angelino, che parla di un angelo custode "convertito" alla vita; cominciamo a battere il tempo sui banchi, ma è con Ladri di biciclette e Sotto questo sole che l'aula si mette a cantare.
Era stata un po' una scommessa organizzare questo incontro in questo modo; la carovana sperimenta nuovi modi per parlare ai giovani. Un'altra scommessa vinta.
Andiamo verso il circolo "Scenario Pubblico" per l'incontro sull'informazione: non seguo il dibattito, ho voglia di godermi la compagnia dei ragazzi, carovanieri e non; arrivano in successione i messaggi di Marta e di Laura da Bergamo, chiacchiero un po' con Domenico e Massimo, ascolto con grande interesse l'intervista di Peppino Malpasso a Salvo e apprendo che l'hanno fatta anche Calogero, Miro, Tina, ma quando lui mi domanda quand'è che può farla anche a me rimango talmente sorpresa che rifiuto. Riparto subito dopo con Salvo e Lidia, che discutono del dibattito del pomeriggio, ed intanto ripenso a quanto mamma avrebbe voluto essere qui oggi: ho cercato di farla partecipare come lei fa con me, l'ho chiamata nei momenti più caldi, l'ho fatta parlare con Paolo non so più quante volte. Ma anch'io oggi non avevo del tutto la testa qui; in macchina chiamo Alfio, che per il primo giorno non è in carovana, e sono felice di sapere che Pina sta bene e che sono già tornati a casa.

 

Il Progetto
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