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Il grano che fa male al Mezzogiorno

Intervista ad Agostino Cascio, socio fondatore del Consorzio di difesa dell’agricoltura siciliana, l’organizzazione che dal primo ottobre anima la protesta degli agricoltori siciliani a Caltanissetta.

di Se.d - mercoledì 28 ottobre 2009 - 3020 letture

Esplode il primo ottobre, a Caltanissetta, la protesta di tutti comparti agricoli siciliani. I lavoratori della terra organizzano un sit-in permanente nel piazzale antistante lo stadio Pian del Lago, che viene invaso da centinaia di trattori. La rivolta si allarga a macchia d’olio, con presidii in tutte le aree interne della Sicilia. Ce ne parla Agostino Cascio, socio fondatore del Codifas, il Consorzio di difesa dell’agricoltura siciliana.

Da cosa nasce la vostra protesta?

Intendiamo ribellarci contro la globalizzazione selvaggia, che ha ridotto sul lastrico l’intera popolazione agricola siciliana. Le piccole aziende si trovano ormai sull’orlo del fallimento a causa dell’importazione incontrollata di prodotti extraeuropei, che fanno scendere il prezzo di valore di riferimento delle borse merci. La quantità di grano importata in Sicilia supera il fabbisogno della nostra regione, di conseguenza il prezzo crolla. Pagare 15 centesimi un chilo di grano non permette agli agricoltori di recuperare i costi di produzione. Questo disastro, piombato su ogni famiglia di lavoratori onesti della Sicilia, è dovuto alla concausa di scelte politiche dei governi, che sono andate contro gli interessi del mondo agricolo, e di un sindacato di categoria poco accorto che non è stato assolutamente in grado di rivendicare i giusti diritti di questi lavoratori.
Il grano importato, inoltre, proviene da paesi esteri lontani e quindi viene riempito di polveri per non fare proliferare gli insetti durante il viaggio. Allo stesso modo viene trattato il latte, che ha bisogno di additivi per non fare sviluppare le cariche batteriche. Questi additivi, a lungo andare, sviluppano le intolleranze alimentari, soprattutto nei bambini, e, nei casi più gravi, tumori al colon e al pancreas. Stiamo lottando non solo per il bene dell’economia regionale e nazionale, ma anche e soprattutto per tutelare i nostri consumatori da cibi insalubri e dai rincari eccessivi dei prezzi.

Quali sono le vostre richieste?

Chiediamo alla Regione Siciliana una legge seria sulla tracciabilità del grano duro e di tutti i derivati; rivendichiamo l’inserimento di dazi doganali adeguati, per tutelare i prodotti locali e garantire un prezzo equo, al fine di poter recuperare le spese e avere il giusto guadagno dalle produzioni; proponiamo l’adozione di norme regionali che impongano agli enti pubblici isolani il consumo, nella misura almeno del 50%, di alimenti prodotti in Sicilia; promuoviamo la costituzione, con la partecipazione della categoria dei produttori, di un organismo Antitrust, per il controllo dei prezzi, dei mezzi tecnici usati nelle colture, di tutti i derivati del grano duro e dei prodotti agro-zootecnici; vogliamo sanzioni più dure per chi trasgredisce le norme igienico-sanitarie. Il nostro programma, in 16 punti, è disponibile sul sito.

La vostra è una mobilitazione spontanea, indipendente da sindacati e associazioni di categoria…

Sì, ed è un fatto di portata storica: dopo decenni di silenzi, i contadini rappresentano da sé i propri diritti. Grazie agli agricoltori associati e simpatizzanti del Codifas, di Altra Agricoltura e ai comitati spontanei c’è stato un risveglio sociale e culturale della categoria. È una guerra pacifica.

Come intendete portare avanti la protesta?

Abbiamo presidii permanenti in varie parti della Sicilia. Siamo pronti a bloccare tutte le principali arterie siciliane. Si pensa già a una manifestazione nazionale di sensibilizzazione che blocchi le autostrade del nord, per creare disagio alle multinazionali e ai grossi gruppi finanziari che, con questo sistema criminale, si stanno arricchendo alle spalle di tanti lavoratori agricoli onesti del Mezzogiorno d’Italia.


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