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Il Vento giallo di David Grossman

Un saggio narrativo risalente al 1987, alla vigilia dello scoppio dell’Intifada, scritto da uno scrittore israeliano deciso a lanciare un messaggio di neutralità.

di Piero Buscemi - mercoledì 28 gennaio 2015 - 11500 letture

Questo libro non è facilmente reperibile in giro per le librerie, sia quelle sottocasa che quelle virtuali presenti su internet. Se, però, non si ha proprio intenzione di acquistarlo, è abbastanza presente in diverse biblioteche. Con un po’ di pazienza, lo si può scaricare anche online in formato pdf. il vento giallo

La scelta di non ristamparlo da parte delle case editrici, preferiamo imputarla a scelte di mercato e alla datazione della prima edizione. Sul discorso di averlo letto o meno, da parte degli appassionati lettori sparsi per l’Italia, potrebbe essere incoraggiato spolverando dal dimenticatoio questo libro, come di fatto, questa rubrica si prefigge di fare anche con altri testi, obliati dal modernismo che ha intaccato anche il campo letterario.

David Grossman non è mai stato uno scrittore digeribile a tutti. Nascere in Israele, professarsi ateo, sostenere un’attività politica espressamente di sinistra e aver criticato aspramente la politica condotta dal suo paese in tema di Palestina, Gaza e Cisgiordania, non ha aiutato lo scrittore ad aggraziarsi le simpatie di chi, astrusamente ma con piena libertà di farlo, ha sempre ostentato idee chiare e nette sull’argomento, quasi ci fosse una regola precisa e difinita, che aspettasse solo di essere acquisita per farci conoscere l’assoluta verità.

A sostegno di questa nostra umile teoria, sono i fatti che seguirono l’immediata uscita del saggio che stiamo analizzando. Chi pensò con troppa logica consequenziale che, descrivere la vita di sofferenze e la precarietà di coloro che sono costretti a viverla nel campo profughi di Deheisha in Cisgiordania, gli avrebbe garantito l’appoggio culturale del mondo palestinese a discapito di quello del suo popolo, rimase sorpreso nel constatare che le critiche piovutegli addosso, si ripartirono quasi equamente tra le due fazioni.

Si potrebbe anche aggiungere che lo stesso Grossman, nonostante le sue dichiarate posizioni in campo religioso, sentisse la necessità di dare un’impronta che richiamasse il credo di tutte le fedi mondiali, scegliendo un titolo richiamante la mitologia araba, che identifica nel vento giallo la brezza calda che giunge direttamente dall’inferno. Se poi, utilizzassimo il titolo come metafora delle tipiche tempeste asiatiche, conosciute anche come tempeste della Cina o vento giallo, qualsiasi congettura e accostamento sarebbe giustificato.

Molto probabilmente le motivazioni dello scrittore furono diverse. Rimane il messaggio, ancora attualissimo, della negazione di un assolutismo interpretativo di quanto noi occidentali pensiamo di detenere su argomenti che, la stragrande maggioranza non ha mai vissuto personalmente, affidandosi alle notizie filtrate e sicuramente anche alla propria convinzione politica.

Grossman ha avuto il coraggio di vestire i panni di semplici donne, uomini e bambini con un destino segnato da decenni di futuro già scritto, entro il quale un ebreo e un palestinese diventano un solo popolo: quello di un’altra guerra inutile, che avrà solo degli sconfitti. Migliaia di civili inermi a contare le pallottole evitate, sapendo di non poter archiviare l’ultima.


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