I telefonini e lo sfruttamento dei lavoratori

Inchiesta internazionale Altroconsumo sulla produzione dei telefonini. Un mondo a due facce: tecnologia scintillante e sfruttamento del lavoro minorile
Le due facce dell’industria ad alta tecnologia della telefonia mobile: prodotti di qualità e funzioni sempre più all’avanguardia con dietro sfruttamento del lavoro, impiego di minori e rispetto dell’ambiente da migliorare. Questo il quadro che emerge dall’inchiesta di Altroconsumo in collaborazione con le associazioni di consumatori di Austria, Belgio, Finlandia, Olanda, Spagna e Portogallo sul mondo della produzione dei telefonini. Coinvolti i cinque principali produttori: LG, Motorola, Nokia, Samsung, Sony Ericsson.
L’inchiesta sulla responsabilità sociale delle cinque aziende è stata condotta sull’analisi di tre parametri: le politiche sociali – il rispetto dei diritti dei lavoratori sanciti dalle direttive internazionali (Oil) – con interviste agli operai di 15 fabbriche in Cina, Thailandia, India, Filippine; il rispetto dell’ambiente – impatto ambientale nella produzione e nell’uso dei prodotti; la trasparenza – come le aziende informano e comunicano ciò che fanno.
I risultati dell’indagine parlano chiaro: la produzione è stata delocalizzata nelle fabbriche dei Paesi asiatici, ma con la produzione non sono stati esportati i diritti per i lavoratori locali, né esiste un impegno concreto allo sviluppo di programmi più aggressivi di riutilizzo e riciclo dei materiali.
In Cina le condizioni peggiori – vedere la scheda allegata sulle violazioni più gravi: nella stagione di massima produttività, in uno stabilimento, 200 minorenni hanno lavorato per più di 400 ore al mese ciascuno. 60 di queste ore non sono state pagate. In un’altra fabbrica 12 donne sono state ricoverate per sintomi di avvelenamento grave da esposizione a sostanze tossiche e non hanno ricevuto il salario per i giorni di degenza. Una ha dovuto abortire.
In Thailandia riscontrate discriminazioni tra i sessi: le donne incinte vengono licenziate oppure pagate la metà rispetto agli altri. Condizioni migliori nelle Filippine e in India, ma non ottimali.
Sul fronte ambientale le aziende hanno ottenuto giudizi più lusinghieri rispetto agli aspetti di politica sociale. L’impatto ambientale nella produzione dei telefonini è altissimo; si utilizzano più di cento sostanze, di cui molte tossiche o pericolose in fase di smaltimento. Tutte le aziende dichiarano di rispettare la direttiva europea RoHS relativa all’utilizzo di piombo, cadmio, mercurio, cromo esavalente e due tipi di ritardanti di fiamma (BFR) non più permessi a partire dal 1 luglio 2006 all’interno dell’Unione europea.
Sul fronte del riciclo le aziende agiscono su base volontaria. La direttiva esistente, la RAEE (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) purtroppo non è stata ancora pienamente recepita in Italia.
Altroconsumo esorta le istituzioni italiane ad attuare la direttiva anche nel nostro Paese. Sarebbe così esteso anche ai negozi l’obbligo di ritirare i vecchi telefonini, quando un consumatore ne acquisti uno nuovo. Oggi, dall’indagine di Altroconsumo su 11 punti vendita a Roma, nessuno ha ritirato il vecchio cellulare. A Milano, su 12 rivenditori, 4 si sono dichiarati disponibili a ritirarli.
Altroconsumo, nell’inchiesta pubblicata sul numero di maggio della rivista, non ha potuto assegnare il titolo di azienda etica tra i 5 produttori coinvolti nell’indagine.
Il settore dovrà fare in tempi brevissimi, uno sforzo per aumentare il grado di responsabilità sociale nella propria produzione. Il costo dei telefonini non dovrà più essere pagato a caro prezzo né dagli operai, né dai minori, né dall’ambiente.
Per l’inchiesta e altre informazioni vedi: Altroconsumo
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