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Dividi et impera

La paura ha condannato l’Europa alla sconfitta attuale.

di Sergej - venerdì 14 giugno 2019 - 2060 letture

All’interno degli Stati imperiali ottocenteschi si sviluppò un forte irredentismo, con la rivendicazione delle peculiarità regionali rispetto ai tentativi livellatori dall’alto, il “sopruso” di una Regione sulle altre. Sui libri di scuola di qualche decennio fa ancora si inneggiava ai terroristi regionali che rivendicavano, contro i tentativi unitari degli Imperi, la “libertà” di parlare la lingua regionale. Come possiamo leggere oggi le “cinque giornate di Milano” o altri imbarazzanti episodi di violenza e rivendicazione di un “orgoglio nazionale” che in realtà davvero non avevano capo né coda? I funzionari imperiali avevano ragione e torto i “patrioti”, salvo poi ricordarci di quanto artificiale fossero poi quegli Stati nati all’indomani del tentativo unitario napoleonico. Ma i “patrioti” sono stati gli utili idioti del tempo per la nascita di quegli Stati nazionali che sono serviti al capitale per espandersi e dominare. Questa è stata la lettura che si dava negli anni Settanta del Novecento, quando ancora si aveva una visione ottimistica e si credeva ancora che esistesse una cosa chiamata "capitale" con capacità di modernizzazione. La Sinistra è sempre stata ottimista.

Nel percorso verso l’Unione Europea, lo smantellamento e la riduzione progressiva delle prerogative degli Stati nazionali ha rafforzato ancora di più le Regioni (almeno in Italia). Mentre la Germania ha mantenuto la propria consistenza sovrana, gli altri Stati hanno subito gli effetti della perdita di sovranità nazionale. Sarebbe stato necessario smantellare la sovranità della Germania e dunque innescare analoghi effetti di smantellamento delle strutture nazionali di quel Paese; a quel punto tra una Catalogna e uno qualsiasi degli Stati regionali tedeschi non ci sarebbe stata alcuna differenza.

Il fatto che ciò non sia avvenuto e nello stesso tempo la frontiera con l’Est ha dovuto misurarsi con il ritorno di potenza dello Stato unitario russo ha provocato un aggravio del malessere.

L’azione disgregatrice di servizi segreti di Paesi esteri (USA, Russia ecc_) c’entra ma potrebbe non essere determinante; tali forze agiscono e avrebbero agito comunque in ogni caso; se hanno avuto una maggiore efficacia è stato per la debolezza della struttura europea unitaria.

Una volta che si innesca un processo di unificazione, questo non va bloccato, pena l’indebolimento del processo stesso e la sua messa in crisi. Il blocco che ha subito il processo di unificazione europeo allo scoccare del nuovo Millennio è stato determinante per l’attuale crisi: ha dato tempo per il rafforzamento delle forze che miravano a contrastare il processo di unificazione; ha impedito che le classi politiche dirigenti dell’Europa riuscissero a portare a termine le riforme di base. Riforme che necessitavano di alcune caratteristiche che le classi politiche al potere non hanno avuto: coraggio, senso politico e della modernità da attuare, lungimiranza, interclassismo. Quando si dice: “Hanno prevalso le logiche nazionali”, significa in realtà questo: le classi politiche invece di trovare nel campo europeo il proprio spazio di gioco, si sono reintroiettati negli spazi nazionali. Qui, dinnanzi alla crisi, hanno cercato quella sicurezza che non trovavano; invece di accettare la sfida e andare in campo aperto, si sono rintanati nei sicuri spazi nazionali. Solo che qui i singoli Paesi sono perdenti, perché le forze anti-europee sono forze sovranazionali e provenienti da centri di potere la cui forza è maggiore di quella delle singole Nazioni.

La paura ha condannato l’Europa alla sconfitta attuale.

L’uso degli “attentati islamici”, della crisi economica e degli egoismi economici (la lotta tra poveri: tra classi, e tra Stati) sono state le mine (l’uso dell’antico, del primordiale, per spaventare i bimbi moderni) che sono servite per dirigere le classi politiche e farle tornare all’ovile. Divide et impera. Russia e Stati Uniti hanno fatto un buon lavoro.



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