Contesto storico e obiettivi

di Redazione Zerobook - martedì 13 settembre 2022 - 2847 letture

La chiesa rupestre Grotta del Crocifisso si trova nel Parco archeologico di Leontìnoi, nel territorio della moderna città di Lentini, a poche decine di chilometri da Catania e Siracusa (coordinate DMS: 37°16′ 49″ N, 15° 00′ 29″ E). Il sito si trova al confine settentrionale dei Monti Iblei, nella Sicilia sud-orientale (Fig. 1).

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Fig. 1

Fig. 1 (A) Ubicazione della Grotta del Crocifisso, nella Sicilia orientale. Sicilia; (B) vista aerea del sito; (C) ingresso principale costruito nel 1764.

In tempi molto antichi occupava una posizione strategica, costituendo un importante collegamento lungo l’asse viario sud-nord e l’interno dell’isola. Dalla sua scoperta da parte di Paolo Orsi nel 1917, la chiesa è stata oggetto di diversi studi storico-artistici (es. Messina 1979). La chiesa rupestre è dedicata alla Madonna della Grotta, come testimoniano i documenti d’archivio e il tema decorativo rappresentato sulla parete settentrionale e ospita un ciclo di affreschi databili tra il XII e il XVII secolo (Messina 1979).

Le pitture murali dell’area sacra e (in parte) dei due ambienti più interni costituiscono la maggiore ricchezza di questa chiesa rupestre che, per il suo ricco ciclo di affreschi, è considerata la più importante di tutta la Sicilia. Essi sono espressione di artisti locali specializzati che possiedono un repertorio pittorico di cui rimangono molti esempi, seppur frammentari, nella Sicilia orientale, come le pitture della cripta di San Marziano e quelle dell’oratorio di Santa Lucia a Siracusa, gli affreschi della Grotta di Santa Lucia e di Santa Margherita a Lentini, e la Grotta dei Santi delle Pianette a Palazzolo Acreide e quelli di Pantalica nel territorio di Sortino (Arcidiacono 2019). La tipologia di queste chiese, sia dal punto di vista architettonico che pittorico, nasce dall’esigenza di una ricristianizzazione dell’isola voluta dai Normanni che attinge a un repertorio iconografico bizantino e che si differenzia da zona a zona attraverso un’articolazione relativamente complessa.

Il sistema iconografico della Grotta del Crocifisso è costituito da cinque fasi decorative che si susseguono e si sovrappongono, fino a tre strati di affreschi, dove spesso i temi iconografici degli affreschi più antichi si ripetono in quelli successivi.

Le fasi più antiche, risalenti alla fine del XII secolo, rappresentano un repertorio che affonda le sue radici nel mondo bizantino, sia per il valore iconografico che per quello iconologico, ripercorrendo le principali tappe della storia della Salvezza. Gli affreschi della seconda fase, risalenti al XIII secolo, testimoniano di un repertorio iconografico la cui matrice è attribuibile ai territori di Gerusalemme e della Palestina, da cui si verificò l’emigrazione di ordini monastici e militari, in particolare di quelli militari, in particolare quello dei Templari (Campagna Cicala 2020).

I principali resti pittorici della Grotta del Crocifisso sono testimoni di quest’ultima fase. Gli affreschi oggetto di questo studio diagnostico sono il polittico della Teoria dei Santi, datato al XIII secolo, che raffigura Santa Elisabetta, una Madonna Odigidria, San Leonardo, San Giovanni Battista e San Nicola (Fig. 2A).

Inoltre è stato studiato il pannello dedicato alla Madonna del Latte, datato tra la fine del XIV e l’inizio del XV sec (Fig. 2B-D).

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Fig. 2

Fig. 2 (A) Panoramica dell’intera Teoria dei Santi dopo il restauro; (B) panoramica della Madonna del Latte prima del restauro; (C) e (D) dettagli dei volti della Madonna e del Bambino Gesù dopo il restauro.

La struttura della Grotta del Crocifisso ha subito varie trasformazioni nel corso dei secoli (Messina 1979).

Oggi è costituita da due ambienti di forma quadrata, di dimensioni simili, affiancati e collegati da un piccolo corridoio (ESM 2A). L’ambiente di sinistra era utilizzato per accogliere i fedeli durante la celebrazione dei riti religiosi. L’ambiente adiacente, con ingresso indipendente, era appannaggio dei sacerdoti. Qui l’altare, interamente scavato nella roccia, con una caratteristica vasca absidale a forma di ogiva posta al centro della parete, è rivolto verso est come nei sistemi ecclesiastici siro-palestinesi di tradizione ortodossa (Messina 1979).

Nel corso dei secoli, la grotta è stata ampliata attraverso la creazione di altre due stanze intermedie e di due ipogei con volta a botte, utilizzati per le sepolture.

Uno di questi ultimi è posto sotto la zona dedicata ai fedeli e presenta sedili a canaletta scavati nella roccia. Il convento dei monaci eremiti sopra la grotta, probabilmente risalente al XVII secolo, e le due stanze a sud stanze a sud adibite a ossari, risalgono anch’essi a questo periodo. In seguito, la sala ovest in fondo alla grotta è stata ampliata ed è stato costruito il secondo ipogeo. L’ultima ristrutturazione sostanziale della struttura risale al 1764; la data è iscritta sull’odierno portale d’ingresso, con l’apertura di due grandi archi che hanno parzialmente distrutto gli affreschi realizzati in corrispondenza delle pareti che separavano gli ambienti.

L’intero complesso decorativo versava in un preoccupante stato di degrado nel 2017, quando è stata decisa la progettazione del primo intervento di restauro. Gran parte delle rappresentazioni pittoriche precedentemente citate erano offuscate da diffuse e coerenti incrostazioni saline, efflorescenze, patine biologiche (alghe cianoficee) e interessate anche dalla frammentazione e dal distacco di notevoli porzioni di substrato (MES 2B).

Fin dal primo sopralluogo, i cicli di dissoluzione-precipitazione dei sali solubili sono stati riconosciuti come la causa di degrado più rilevante, che coinvolge sia le pellicole pittoriche che lo strato di intonaco.

Al fine di caratterizzare tutte le categorie di materiali lapidei coinvolti in questo complesso decorativo (basamento, strati di malta/intonaco, finiture, pigmenti) e i prodotti di degrado (incrostazioni ed efflorescenze), sono state programmate una serie di indagini diagnostiche analitiche, tra cui: microscopia a luce riflessa (RLM), microscopia a luce polarizzata su sezioni sottili (PLM), diffrazione di polveri a raggi X (XRPD), porosimetria a intrusione di mercurio (MIP), fluorescenza a raggi X portatile (p-XRF), microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS), spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier (FTIR) e spettroscopia Raman (RS). È stato inoltre effettuato uno studio di base del microclima della grotta, tuttora in corso, attraverso la misurazione della temperatura (T) e dell’umidità relativa (RH%), entrambi parametri fondamentali per gli obiettivi di restauro e conservazione.

Il microclima deve essere prima riconosciuto e poi stabilizzato, al fine di preservare le opere d’arte. Oltre alla caratterizzazione dei materiali utilizzati, questo approccio analitico ha avuto come obiettivo principale quello di fornire indicazioni per l’attuazione di strategie di intervento restaurativo e di approfondimenti sulla natura e la provenienza delle materie prime e delle procedure di realizzazione.


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