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Lumia: "Grasso ha ragione. La collusione mafia-politica c’è sempre stata"

"Combattere Cosa nostra non è una priorità del governo. E’ ora di svegliarsi". Parla Beppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia.

di Carmen Ruggeri - giovedì 27 ottobre 2005 - 5976 letture

"Combattere Cosa nostra non è una priorità del governo. E’ ora di svegliarsi". Parla Beppe Lumia, componente della Commissione parlamentare antimafia

“La latitanza di Bernardo Provenzano la coprono i rappresentanti delle istituzioni, la coprono politici, imprenditori, forze di polizia. Dalle indagini sono emerse tutte queste categorie, quindi non c’è soltanto una copertura da parte di un’organizzazione criminale. Viene da intere classi sociali”. Pietro Grasso, fresco di nomina della superprocura, infiamma i microfoni di “tv7” mandando in tilt gli uffici della capitale In un’intervista esclusiva al settimanale di rai1, ieri, il nuovo capo dell’ufficio di via Giulia lascia da parte la retorica e punta il dito sulla commistione tra mafia e politica. “Il fatto che a mettere i timbri sul documento falso di Provenzano - continua l’ex pg di Palermo - sia stato l’ex Presidente del Consiglio di Villa Abate Francesco Campanella (oggi collaboratore di giustizia, ndr) dà l’esatta misura di come “Cosa nostra” riesca a infiltrarsi nelle istituzioni, non solo locali, ma anche nazionali”. Grasso parla della latitanza dorata (dal 17 settembre 1958, ndr)del superboss di Bagheria, ma non solo. Sullo sfondo, in onda, un filmato mostra per la prima volta la consegna di un “pizzino”, messaggi scritti a mano che il capo di cosa nostra affida per la consegna al personalissimo il ministero delle poste e delle telecomuncazioni. Le dichiarazioni di Grasso hanno fatto il giro delle segreterie politiche innescando il dibattito. “Premesso che non ho ancora visto l’intervista del procuratore - commenta Anna Finocchiaro, responsabile Giustizia Ds - posso dire che Pietro Grasso è una persona molto seria e avrà certamente degli elementi fondati per sostenere quanto ha detto. Nessuna latitanza - continua - può svolgersi in territorio ostile, ma solo dove ci sono relazioni solide”. Diversi, manco a dirlo, i toni del vicepresidente dei deputati di Fi, Carlo Taormina: “Grasso ha il dovere di fare i nomi”, ha detto preannunciando un’interrogazione al ministro della Giustizia. Le accuse secondo il parlamentare sono “troppo precise” e rischiano di infangare il buon nome dell’intera categoria politica”. Di Grasso, Provenzano, Mafia e Politica abbiamo discusso con Beppe Lumia (Ds), componente della Commissione parlamentare antimafia

Onorevole Lumia, il neo superprocuratore Pietro Grasso ha denunciato che “la latitanza di Bernardo Provenzano è coperta da rappresentanti delle istituzioni, politici, imprenditori, forze di polizia”. Come commenta queste affermazioni? Quelle di Grasso sono dichiarazioni serie e severe. La politica non si deve stupire, ma interrogare su quali collusioni ha potuto contare per quarant’anni di latitanza del Boss. Bernardo Provenzano è un capo che ha saputo attraversare tutte le stagioni di cosa nostra: dalle lotte intestine della guerra di mafia che ha visto la supremazia di Riina, alla stagione delle stragi e dei silenzi poi. La politica non dovrebbe stupirsi, ma muoversi secondo due linee parallele: Ricostruire le responsabilità e le collusioni rintracciando questi rapporti e cercare di catturare il sue. La mafia ha una grande capacità di riorganizzarsi soprattuto quando sta in silenzio: lo ha sempre fatto

Se la politica non deve stupirsi, allora perché le dichiarazioni di Grasso hanno alzato il polverone? Politici e istituzioni sembrano cadere dalle nuvole... Non condivido questo ingenuo “cadere dalle nuvole”. La collusione mafia-politica-economia c’è sempre stata. La politica non deve stupirsi ma svegliarsi e intraprendere una vera, seria lotta alla criminalità organizzata

Alcuni esponenti del mondo politico, come il ministro dei beni culturali Rocco Buttiglione, invitano a “raddoppiare la vigilanza perché la mafia sia contrastata con maggiore efficacia”. Le forze dell’ordine, le istituzioni e la magistratura, tendendo conto della recente controriforma del sistema giudiziario, sono davvero in grado di farlo? Credo di no. Il governo non ha inserito la lotta alla mafia tra le sue priorità. Purtroppo “Cosa nostra” non lo è neppure per tutta la politica. Per mettere su un buon apparato investigativo non servono solo le parole, ma risorse, investimenti che sono sempre stati negati. Bisogna svegliarsi opensare buone leggi, mobilitarsi

Il presidente regonale dell’antimafia in Sicilia Carmelo Incardona (An) e il presidente dei deputati di Fi, Calo Taormina hanno chiesto al procuratore di fare i “nomi dei personaggi”. Enzo Bianco, presidente del Copaco, convocherà al più presto Grasso per un’audizione. Le dichiarazioni di Incardona e Taormina mi sembrano sconcertanti. Indagare sui nomi è compito degli investigatori e della magistratura. Il mondo della politica deve solo pensare alle sue responsabilità e riflettere sul suo ruolo...

... e la Commissione parlamentare anti-mafia di cui lei fa parte? La Commissione ha le sue responsabilità. Non ha fatto bene il suo lavoro., non ne ha avuto il coraggio.

Il superprocuratore non si limita a Provenzano. Parla pure di collegamenti economici di stampo mafioso con altre regioni d’Italia (Lombardia, Veneto, Toscana) e di una “mente che coordina e dirige tutto”. Onorevole Lumia, si scopre solo adesso che “Cosa nostra” è un’emergenza nazionale e non solo siciliana? Purtroppo ci si sveglia solo con le grandi stragi... Quando “Cosa nostra” tace, trincerandosi nei suoi silenzi strutturali, l’opinione pubblica quasi se ne dimentica, come se la questione non ci riguardasse tutti

Grasso cita “il valore della collaborazione dell’ex presidente del Consiglio di Villa Abate, Francesco Campanella” (il responsabile di timbri falsi sul documento che ha permesso l’espatrio di Bernardo Provenzano). Nella lotta alla mafia quant’è importante il ruolo dei cosiddetti “collaboratori di giustizia”? È importantissimo. Il ruolo dei collaboratori di giustizia ha sempre destato polemiche per timore di possibili strumentalizzazioni. Per le indagini, invece, è uno dei modi migliori, oltre alle inchieste e alle intercettazioni telefoniche, di cui dispone la magistratura. I collaboratori, se rigorosamente gestiti - a parte qualche rara eccezione, che conferma la regola - permettono di penetrare nei meandri più segreti delle organizzazioni


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