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La percezione della storia

Passeremo presto dalla (pretesa) conoscenza storica al ricordo estemporaneo?

di Sergej - domenica 13 dicembre 2009 - 2219 letture

A me il blog di Alessandro Bonino, EIoCheMiPensavo, piace e lo seguo sempre con piacere. E’ una scrittura letteraria, i pezzi sono improntate su una tensione della parola apparentemente "facile", la ricerca arguta non è mai banale. Uno che fa ridere, o ridacchiare se si vuole - ma lasciandoti anche qualcos’altro, il sapore buono.

Il 9 dicembre ha scritto un pezzo:

"Stanotte m’è venuto in mente di scrivere un libro dove dentro ci sian le vite di alcuni personaggi storici così come me li ricordo, un libro che potrebbe essere molto utile a tutti, agli studenti, a coloro che vogliono ripassare la Storia saltabeccando qua e là, a coloro che vogliono intrattenersi imparando anche qualche cosa. Secondo me mettere la mia superiore conoscenza a disposizione del pubblico potrebbe essere un’opera meritoria che farebbe passare alla Storia anche me stesso, pensandoci. Galvanizzato da questi pensieri, questa mattina ho scritto il primo capitolo, cosicché ci si possa rendere conto della portata dell’opera, e questo capitolo è dedicato a Vercingetorige.

Vercingetorige

Vercingetorige, m’è sempre piaciuto il nome."

Da leggere anche i commenti dei lettori.

E il pensiero è naturalmente a ciò che diventa la storia nell’uso comune. Come molti politici riscrivono la storia a loro uso e consumo - che è un uso tradizionale della storia. Oggi divenuto particolare: una specie di "percezione della storia". Così come non si parla più di temperatura, ma di "percezione della temperatura". Come dire che un’intera epoca, quella progressista e "scientifica" è ormai defunta e siamo nell’epoca nuova della verità-a-modo-mio. E un presidente del consiglio può parlare di Romolo e Remolo come di verità storiche incontrovertibili.

Segnalo un altro link, un articolo apparso su Internazionale:

"Qualche sera fa ero a cena con una mia amica che insegna giornalismo. A un certo punto l’ho scandalizzata. [...] Mi aveva chiesto se avevo letto un certo romanzo, e io le ho semplicemente risposto che non leggo un’opera di narrativa dal 1971. Mentre mi guardava a bocca aperta, le ho spiegato che la mia decisione risale all’epoca in cui studiavo a Cambridge. Ero seduto nella mia stanza a leggere un romanzo, quando all’improvviso mi venne in mente che avrei usato meglio il mio tempo leggendo un libro di storia, la materia in cui mi stavo laureando. [...] M’interessano solo le cose successe veramente, e non ho voglia di leggere storie inventate. [...] Per me la fiction ha valore solo quando non cerca di riprodurre la realtà, quando supera i limiti di ciò che è fisicamente possibile e diventa una fantasia rivelatrice o commovente".

A scriverlo è il mitico (almeno qui da noi) giornalista David Randall. (il pezzo lo ha segnalato Francesco Costa).


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