Del tempo libero in tempo di guerra

Per vivere e affrontare la vita, ancor di più in tempo di guerra, serve il coraggio che si realizza sin nella speranza dell’agire quotidiano.

di Massimo Stefano Russo - mercoledì 21 giugno 2023 - 1150 letture

Il tempo della guerra è il tempo dell’orrore e del terrore dove si è esposti alla paura della morte per mano del nemico. Una morte anche casuale, spesso presentata come “effetto collaterale” che, nel piovere dall’alto, investe i civili. La guerra trasforma il tempo e la paura del suo divenire. In tempo di guerra diventa primaria la salvezza, l’abilità e la capacità di mettere in salvo se stessi e gli affetti più cari.

L’invasione dell’Ucraina da parte russa, nell’aver colpito per la carica ideologica e morale degli strascichi che si porta dietro, ha improvvisamente stravolto principi dati per scontati. Quella che Putin definisce “operazione speciale” ha come proposito di sovvertire l’ordine mondiale sorto dalla seconda guerra mondiale, così come imposto dall’Occidente.

Putin, nel ribadire la centralità del “popolo” sottolinea che i popoli esistono solo in relazione alla forza che hanno la capacità di mettere in campo. I loro diritti esistono solo se si possono difendere. Per Putin l’Europa, “civilizzata”, con politiche di sopraffazione, ha rafforzato e distorto i concetti di popolo e di diritti dei popoli. Occidente e Modernità sono categorie multiple, con la categoria di Occidente intesa quale intellettuale, mobile, storicamente e geograficamente. Identificare l’Occidente con la libertà è un inganno.

Se ci chiediamo quale sia il nostro Occidente la risposta è facile: quello nato dopo il 1945 dall’alleanza fra Stati Uniti ed Europa occidentale che fino a tutti gli anni Cinquanta ha dominato il mondo non socialista. La storia collettiva e la vita individuale vanno regolate dal principio del “miglioramento continuo” e dell’ampliamento continuo dei diritti.

Se il Male da affrontare va riconosciuto e ascoltato, la vita può nascere solo dall’accettare la nostra mortalità individuale senza difendere a oltranza noi stessi? La realtà produce continuamente delle opportunità da cogliere col mobilitare le energie e l’intelligenza. Ognuno ha in sé una tradizione, sottoposta a un processo creativo continuo, con la libertà che rimodella pensieri e comportamenti, un passo alla volta. In quanto personaggi inventati da noi stessi, il cervello come calcolatore biologico e l’intelligenza umana ci donano un’incredibile abilità nel creare nuovi pensieri dai vecchi. Nelle spinte vitali, orientate dall’istinto della sopravvivenza, si ha una fiducia di base, innata nella vita. In guerra la sicurezza è un bisogno primario di garanzia: sentirsi al sicuro è importante, soprattutto per i più piccoli e i più indifesi. Il tempo in cui ci si inoltra e ci si immerge, assume così dimensioni ampissime e in esso ci si perde: il paesaggio diventa impressionante, arido, grigio, rinsecchito, mortifero, nel sentire il nulla intorno, con la sensazione di trovarsi in una strada senza fine, un vicolo cieco che, con gli occhi persi nel nulla e lo sguardo vuoto, non porta a nulla. Come si può vivere in posti dove persino la pace interiore viene meno?

Il veleno della guerra è potente e colpisce l’intero sistema: blocca la normalità della vita. In guerra quale senso si può dare alla vita e come far fronte agli inconvenienti della realtà, nell’abbandonare le proprie certezze, chiamati a dover rischiare il tutto per tutto per sopravvivere? In modo spasmodico si tende ad avere ogni cosa sotto controllo, nel dare ordine ed eseguirli. Come reagire in modo attivo di fronte alla guerra, nell’auspicare un ritorno alla normalità ordinaria?

Bisogna trovare tutto il coraggio necessario per superare pericoli e tortuosità, ispirandosi a principi e concetti basilari, facendo leva sui propri punti di forza, per fronteggiare qualsiasi situazione critica si presenti. La percezione che affina il proprio punto di vista, diventa così sempre più selettiva. In guerra si scende nell’oscurità e si procede verso il terribile. Fare delle distinzioni, nel dover rispondere ai bisogni essenziali, diventa sempre più difficile. Subito dopo i bisogni fisiologici viene la sicurezza.

È nell’isolamento, silenziosi, introspettivi e assorti che si convive col proprio tempo, chiamati a pensare per padroneggiarlo, in una lotta senza tregua, concentrati sui sensi: ci vuole pazienza. In guerra, bloccati nel proprio corpo, si afferma la condizione del combattere incessante che non è solo un’esclusiva militare.

Il rischio è di vivere in un modo non umano, in uno stato di regressione continua, dove ci si annulla e si diventa inesistenti. Le guerre lasciano il segno per generazioni intere. Chi perde soccombe, e sul comune campo di battaglia, diventa prigioniero persino di se stesso. In guerra, sempre agitati interiormente, nel percepire uno stato di assedio continuo, assillati dai rischi che si corrono, si diventa contendenti in una condizione di schiavitù e sopraffazione autoritaria: la vita diventa molto dura e difficile. Il tempo della guerra, nel mettersi a dare ascolto, coinvolge incredibilmente, nel suo darne testimonianza.

I cambiamenti di percezione nei confronti della guerra, nell’osservare dei silenzi rituali, sono complessi, pur nel vivere lontano da essa, se ne è investiti all’improvviso, anche solo dalle sue ricadute. Bisogna imparare a distinguere i rumori, nel mettersi in ascolto e a fare di tutto per darsi coraggio, anche quando non si è in condizioni di riflettere per bene e non si sa che pensare, perché tutto si confonde.

La guerra nel togliere la libertà porta a sperimentare sulla propria persona sensazioni dolorose, impotenti nel risultare a vario titolo vittime di qualcosa di cui non si è responsabili. La sofferenza si fa abominevole. Il tempo della guerra è un tempo traumatico che, nel rimanere chiuso nella testa, può continuare a riproporsi sotto forma di immagini, ricordi, sensazioni e incubi.

In guerra, col vissuto fatto di pensieri negativi, facilmente si diventa prigionieri di schemi mentali e ossessioni che invalidano l’individuo, col rischio di rimanere paralizzati. Avanza il tempo della distruzione che frantuma ed espone al fato, vigili nell’adottare validi programmi di difesa, si impone la necessità di una resistenza molto diffusa. I

n guerra si perde la consapevolezza di fare del male all’altrui persona, considerata di per sé colpevole in quanto nemico, responsabile in tutto e per tutto del brutto che accade. Il tempo che diventa infinito fa pensare e, nello stare in allarme, bisogna lottare contro la paura sempre maggiore; nel chiedersi cosa succederà dopo: si tratta di riprendere il controllo, capaci di mettere la mente alla pari con ciò che si vede e chiedersi cosa fare per trovare le risorse necessarie alla sopravvivenza nell’oggi e alla vita futura del domani.

Se il tempo della guerra è il tempo della paura che permette di salvare la vita e sopravvivere, per tornare alla vita ci vuole entusiasmo, nel restituire ricchezza alla propria esistenza e renderla degna di essere vissuta. In guerra le cose non sono più le stesse e non più come prima. Quando la vita non scorre si soffre e si fa soffrire molto. Per vivere e affrontare la vita, ancor di più in tempo di guerra, serve il coraggio che si realizza sin nella speranza dell’agire quotidiano.


Per saperne di più

- F. Bettanin, La Russia, l’Ucraina e la guerra in Europa, Donzelli, Roma 2022.

- M. Bloch, La guerra e le false notizie, Fazi, Roma 2014.

- G. Breccia, La grande storia della guerra. Uomini, stati e imperi in lotta, Newton Compton Editori, Roma 2020.

- L.-F. Celine, Guerra, Adelphi, Milano 2023.

- A. Graziosi, Occidente e modernità. Vedere un mondo nuovo, il Mulino, Bologna 2023.

- Id., L’Ucraina e Putin tra storia e ideologia, Laterza, Roma-Bari 2022.

- E. Kostjucenko, La mia Russia. Storia di un Paese perduto, Einaudi, Torino 2023.



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